NARRATIVA AMERICANA
LA SUPERFICIE DEL COMPROMESSO E L’HEIMLICH
“LA VISIONE DEI DUE CAPPELLI IDENTICI ESPLOSE IN LUI COL FULGORE DI UN’ALBA RADIOSA. LA FACCIA GLI S’ILLUMINÒ DI GIOIA. NON RIUSCIVA A CREDERE CHE IL FATO AVESSE INFLITTO A SUA MADRE UNA LEZIONE SIMILE. DIEDE UNA RISATINA ALTA E BREVE, PERCHÉ LEI LO GUARDASSE E VEDESSE CHE AVEVA VISTO. LA DONNA GIRÒ LENTAMENTE GLI OCCHI VERSO IL FIGLIO. L’AZZURRO DELLE IRIDI ERA DIVENTATO VIOLA LIVIDO. PER UN ATTIMO JULIAN EBBE LA SCOMODA CERTEZZA DEL SUO CANDORE, MA DURÒ SOLO UN ATTIMO, POI I SUOI PRINCIPI MARCIARONO ALLA RISCOSSA”
[FLANNEY O’CONNOR, PUNTO OMEGA, IN
F.O’C.,TUTTI I RACCONTI, VOLUME SECONDO,
BOMPIANI,MILANO 2001]
Il pulsante e l’Heimlich
La macro-struttura narrativa, nei racconti di Flannery O’Connor, ha sempre una situazione iniziale in cui c’è un elemento, una sorta di attante, che, oltre che definire la semantica delle circostanze, allude, orientando il lettore, alla quarta funzione di Isenberg, la risoluzione, il nuovo elemento modificatore che permette di ritrovare uno stato comparabile (ma differente) al primo.
La 2a funzione, la complicazione della storia che è sempre composta da uno o più attanti che in qualche modo modificano lo stato iniziale, avviene sempre nella seconda unità della sequenza narrativa, quella che Todorov chiama dinamica.
La 3a funzione di Isenberg, che è la valutazione della situazione, ovvero la parte in cui le reazioni dell’agente/narratore dell’episodio vengono specificate, sembra che sia sempre connessa sia alla situazione iniziale che alla risoluzione, e pertanto è come se avesse in sé la morale, la 5a funzione, quella della conclusione, in cui le conseguenze possibili di tutta la storia hanno la stessa univocità perturbante della 1a e della 3a funzione.
È come se il destino finale fosse cambiato da un copione, che è strutturato da una situazione iniziale in cui agisce una programmazione parentale demoniaca, e da un contro-copione, obbligato, che ha, lo diciamo nel primo paragrafo, la fallacità tragica della struttura familiare demoniaca.
Quella che è la maledizione, l’ingiunzione del copione, è talmente familiare, o parentale (se vogliamo, ma come lo intende,il termine, Eric Berne), che c’è un attante che,già nella situazione iniziale del racconto, è quello che Freud intende come “perturbante”[1. Cfr. S. Freud, Il Perturbante, in Id., Opere, vol. IX, trad. it., Bollati Boringhieri, Torino 1989, pp. 81 e sgg], una sorta di Heimlich, familiare o banale, un elemento, una funzione, un oggetto, che, presentato così semplicemente ridondante quasi non si vede tanto è univoco o tanto è inutile o orripilante che andrebbe ignorato, ma che, proprio perché viene così esposto, diventerà, da segreto o familiare e,perciò, non sociale, impresentabile, il pulsante, il “pulsante” di Berne, che stimolerà la “provocazione” della 3a funzione, quando l’Heimlich, che riconosciuto dalla vittima – che fino ad allora poteva essere vista anche come persecutore – come Unheimlich, cioè quel qualcosa che da intimo o personale o illusione, da cui il Bambino prendeva decisioni e direttive per continuare il suo Gioco, si mostra come la “maledizione”, l’ingiunzione di copione, che ha in sé il tornaconto fatale, in molti casi il “decreto di morte”.
La dinamica della macro-struttura narrativa in “Everything That Rises Must Converge”
Il cappello orribile in “Punto Omega”[2. Il titolo originale è Everything That Rises Must Converge. È stato pubblicato per la prima volta in «New World Writing», a cura di Theodore Solotaroff, 1961.], come ripetizione dell’attante che nella situazione iniziale riguarda la madre di Julian, e che, apparendo come pulsante, nella 2a funzione in cui il racconto si complica, ha in sé la maledizione dovuta all’ingiunzione del copione della madre di Julian: il figlio vede la maledizione, sembra che a un certo punto possa essere in grado di valutare la situazione e risolvere la storia intervenendo nel copione della madre, ma l’Heimlich in Flannery O’Connor è sempre maledetto, non ha mai la difesa protettiva e funzionale del familiare, è sempre, doppiamente, quasi volgarmente, collegato all’Unheimlich, come se, essendo nella situazione iniziale, un elemento familiare, privato, doloroso, persecutorio, ma sempre un attante che fa funzionare il copione, sarà, nella conclusione, l’Unheimlich, cioè il nascosto, che si è esposto e che, duplicato o riconosciuto, ha sigillato definitivamente la “transazione da forca”.
[da V.S. Gaudio, O’Connor’s Life Games. Macro-struttura narrativa e copione nei racconti di Flannery O’Connor, © 2005]
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