Dal Bello e Buono all’Amore per la Poesia
L’occasione materna e l’inclinazione femminile, unite alla fame di cinema, mi hanno portato nel periodo natalizio a rivedere alcuni capolavori Disney. Il mondo è una foresta di simboli di baudelairiana memoria, e a volte sembra davvero che occhi ammicchino dalle fronde degli alberi (come nella notte di Biancaneve), ma gli occhi nuovi sono dentro di noi; spettatori-creatori di una realtà che all’improvviso epifanicamente si tinge…
C’è in particolare un film Disney che porta, fuse in un marchio di musicale levità, la quota filosofica del rovello essere-apparire e la quota artistica della potenzialità metamorfica della poesia. All’occhio infantile sembrerebbe presentarsi dapprima il classico paradigma rassicurante di greco sapore: la bella e buona, il brutto e cattivo, ma… qualcosa non torna: abbiamo anche un aitante giovanotto vanesio e un vecchio padre da tutti considerato pazzo. Ecco che nell’evolversi della trama s’insinua un dubbio, capace di scardinare con carezzevole impronta artistica le ataviche equazioni dell’estetica e della morale. La cornice a sole e neve e la via di questo scardinamento (c’è di mezzo anche una biblioteca galeotta) è l’incontro vero tra due persone: la luce dello sguardo reciproco, vera bacchetta magica, fa emergere quello che ciascuno possiede dentro oltre le sue coordinate esteriori, vere colonne d’Ercole psicologiche. Così quello che è dentro acquista la forza per trasformare la realtà e balzare fuori.
Viene così ora offerto all’umanità dello spettatore un nuovo legame semplice e vigoroso: poesia-bellezza sul versante estetico e Amore sul versante etico. Il Gran Comandamento che ne deriva potrebbe suonare: “Trasforma la realtà con l’Arte e l’Amore”. Facce della stessa potente moneta, le due cose coincidono nel nastro interiore che lega i veri uomini e i veri artisti: lo “stupore” , “fine del poeta”, non è un prestigio, ma un’illuminazione dall’interno.
Non importa se poi nei film Disney proprio non si può fare a meno del lieto fine, che cuce apparenze e sostanze, e lo studioso della cultura russa Piretto, cogliendo la cifra ideologica di certa impalcatura metamorfica, collega Disneyland al mondo stalinista, creato da una profonda opera di propaganda e definito Stalinland (G.P.Piretto, Il radioso avvenire. Mitologie culturali sovietiche, Einaudi, Torino 2001), fino al contemporaneo show Italialand, segnato appunto da una vis comica in grado di deformare e rivelare. Conoscere il potere della cultura significa discriminare la finzione artistica che mira alla verità dalla vera finzione che guarda al consenso.
Agli innamorati della Poesia basterà sapere che la metamorfosi, fiabesco nutrimento e possibilità esistenziale di redenzione (o del suo contrario), è sempre a portata di mano.
O di penna.