Bachi di senso e un cartone tipo Schoeller
per tacere del tappo della Bardot
L’impressione che tutto ciò che ho fatto finora finisca nella bolla di presente che mi hai soffiato sul viso che luccica al sole quando questo vento la spinge più in là senza romperla tra i pini sul mare sui tuoi occhi di bimbo (paletta e secchiello) rinnova lo slancio sino alla soglia di creta del dritto si sgretola in sogno impastato colluo goco mune e scivola sulla tua voce modulando oltre le variazioni sempre forzate di un amore goduto alla finestra ma risoluto nella speranza mai doma che la luna nuova del tredici non scopi via o ne interrompa la corsa con una delle sue numerose spie acuminate dal mio umore e dai buchi, i bachi del senso.
Sipario
Di tutto quello che mi duole e mi svela non posso disporre perché vive come sul parapetto di un bastimento stinto, sul sipario di un sentimento al tramonto vinto. E invece tu sei là dove più mi affanno e corro, nel prezzo dei miei numerosi sbagli in sedimento che goccia dopo goccia m’imbastisce stretto il capo. Dimentico dentro di te quell’amaro e verginale risentimento («chi diavolo sarà il prossimo che ucciderai?») misura e caldo cristallo dei miei giorni più savi e che adesso è un groppo contratto e falso di grasso e disperazione che senza speranza e senza fiato non sento più di svolgere.
Verona, 12-15 giugno 2010