Al momento stai visualizzando Vico risponde ad Adorno

“Poesia valvola perenne!” suggerisce il titolo dell’editoriale del numere 87 di Lunarionuovo (10 giugno c.a.) sin da subito accolto come sfida e provocazione. La provocazione è stata tanto sentita dalla Poesia quanto dalla Storia, perché se Auschwitz è il simbolo di un’epoca di barbarie di ritorno, il Mediterraneo viene eletto “nuova Auschwitz”, quella delle indifferenze e delle nuove strumentalizzazioni ideologiche del XXI secolo. Si ripropone una nuova caduta umana, come nel movimento di una ruota che ripercorre continuamente se stessa, e si ripropongono con essa il tema del rapporto tra intellettuale e società, e la funzione, la legittimità della poesia. Così, alla provocazione di chi rievoca Theodor Adorno nell’atto di dire “Scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro e ciò avvelena anche la consapevolezza per cui è diventato impossibile scrivere oggi poesie” (1949), per poi ricredersi dopo quasi un ventennio (“Il dolore incessante ha altrettanto diritto di esprimersi quanto il torturato di urlare”, 1966), abbiamo immaginato – con una buona dose di fantasia – che potesse far eco proprio chi, a simbolo del proprio pensiero, ha eletto giustappunto la ruota, quella dei “corsi e ricorsi storici” in un tendere incessante e vano verso la storia ideal eterna. Corsi e ricorsi in dinamiche sociali che esitano nelle relative politiche. Corsi e ricorsi nella cultura e nella tempra dell’animale uomo. Ci riferiamo a Giambattista Vico, il quale, al filosofo tedesco, avrebbe risposto:

“Gentile collega,

la sapienza poetica è il prodotto della sensibilità degli uomini primitivi, non nel senso di prodotto imperfetto e arretrato, bensì come qualcosa che scaturisce dalla spontaneità di un vissuto, di un sentimento, dinnanzi a ciò che richiede di ricevere un senso. La poesia è un mondo a sé, prelogico, direi a-logico, è un modo per intendere e comunicare la verità che non ha a che vedere con l’attività raziocinante. Non dimentichi due esempi della storia che ci dimostrano che la poesia non scaturisce dall’evoluzione tecnico-scientifica né filosofica. La più grande poesia di tutti i tempi è quella di Omero, opera corale del popolo greco dei tempi dell’età eroica, tempi di guerre, quando l’uomo era ancora incapace di riflessione filosofica. Era ben lungi dall’arrivare, Socrate, e il suo avvento ha segnato la fine di un mondo e l’inizio di un altro, dove sempre più si è ridotto lo spazio per la poesia. Ma la storia gira in tondo e abbiamo vissuto i tempi bui del Medioevo, nuove barbarie, nuova poesia. Il più alto esito possiamo trovarlo – senza offesa – nel popolo italiano con Dante. Io non ho vissuto tanto a lungo da vedere i frutti degli estremismi delle politiche totalitarie, ma avrei trovato il “cantore” dei Suoi tempi e forse – e visto il Suo ravvedimento – campando a oltranza entrambi, avremmo cercato la voce di questi tempi strani, in cui ad atrofizzarsi non è solo il sentimento a vantaggio del pensiero razionale o viceversa, ma entrambi in favore dei vuoti agiti a immagine e somiglianza degli algoritmi. Impresa donchisciottesca?

Illustre e stimato collega, statte buono.

G.B.V.”

Giulia Sottile

Giulia Letizia Sottile

Giulia Sottile è nata e vive a Catania, dove ha compiuto gli studi e ha conseguito la maturità classica. Laureata in Psicologia e abilitata alla professione di psicologo, non ha mai abbandonato l’impegno in ambito letterario. Ha esordito nella narrativa nel 2013 con la silloge di racconti intitolata “Albero di mele” (ed. Prova d'Autore, con prefazione di Mario Grasso). Seguono il racconto in formato mini “Xocò-atl”, in omaggio al cioccolato di Modica; il saggio di psicologia “Il fallimento adottivo: cause, conseguenze, prevenzione” (2014); le poesie di “Per non scavalcare il cielo” (2016, con prefazione di Laura Rizzo); il romanzo “Es-Glasnost” (2017, con prefazione di Angelo Maugeri). Sue poesie sono state accolte in antologie nazionali tra cui “PanePoesia” (2015, New Press Edizioni, a cura di V. Guarracino e M. Molteni) e “Il fiore della poesia italiana. Tomo II – I contemporanei” (2016, edizioni puntoacapo, a cura di M. Ferrari, V. Guarracino, E. Spano), oltre che nell’iniziativa tutta siciliana di “POETI IN e DI SICILIA. Crestomazia di opere letterarie edite e inedite tra fine secolo e primi decenni del terzo millennio” (2018, ed. Prova d’Autore). Recentissimo il saggio a orientamento psicoanalitico intitolato “Sul confine: il personaggio e la poesia di Alda Merini” (2018). Ha partecipato a diverse opere collettanee di saggistica con contributi critici, tra cui “Su Pietro Barcellona, ovvero Riverberi del meno” (2015) e, di recente, “Altro su Sciascia” (2019). Dal 2014 ricopre la carica elettiva di presidente coordinatore del gruppo C.I.A.I. (Convergenze Intellettuali e Artistiche Italiane); dal 2015 è condirettore, con Mario Grasso, della rivista di rassegna letteraria on-line Lunarionuovo. Collabora con la pagina culturale del quotidiano La Sicilia.