Al momento stai visualizzando Tre domande al poeta Angelo Maugeri

L’occasione del nuovo libro di poesie Lo stupore e il caos, mi ha fatto pensare ad una terna di domande da sottoporre all’autore, il poeta Angelo Maugeri. L’iniziativa mi è stata ben compensata dalle risposte, che mi hanno per diverse ragioni legate alla loro spontaneità, dando ulteriori elementi di apprezzamento delle opere letterarie di questo poeta di primo piano nella realtà culturale nazionale di provenienza siciliana. Ed ecco l’intervista:

Domanda 1: Lei appartiene al numero dei cosiddetti siciliani della diaspora. Che cosa è stato spinto, da giovane, a lasciare la Sicilia?

R.1. Avevo sogni da realizzare. Per me, andar via ed emigrare al Nord, in particolare in Lombardia, era il modo migliore per fare nuove esperienze, provare nuove emozioni, conoscere nuove realtà, lontano da un certo provincialismo isolano. La scelta di Como rispondeva a diversi interessi. Da un lato mi consentiva di dare uno sbocco lavorativo immediato alla laurea in lettere da poco conseguita, dall’altro di essere vicino a Milano, considerata la capitale economica dell’Italia. Lì avrei potuto conoscere il mondo della cultura e dell’editoria lombarda e assecondare la mia passione per la poesia frequentando l’ambiente poetico milanese. Inoltre, sarei stato più vicino al resto d’Europa vivendo in prossimità della frontiera svizzera. Tra l’altro, da Como, attraverso la Svizzera, avrei potuto raggiungere in tempi più rapidi la Germania, dove negli anni Sessanta erano emigrati i miei genitori con due dei miei fratelli.

Domanda 2: Che cosa è oggi per lei la Sicilia?

R.2. Al Nord ho già passato quasi il doppio degli anni trascorsi al Sud. Come accade a ogni emigrato, anch’io ho avvertito forte il dramma del déracinement sentendomi fuori posto ovunque. Trasferendomi in Lombardia non ho abbandonato la Sicilia, ho continuato ad abitarvi idealmente e sentimentalmente. Tuttavia, il paese che da giovane ti ha cullato e dato linfa alla tua vita e ai tuoi progetti di vita, più passa il tempo e più diventa un’astrazione, il luogo di una mitologia personale. Quando occasionalmente vi ritorni, osservi amaramente che sei cambiato tu e sono cambiati i luoghi e le persone. Trovi modificate molte cose, in meglio o in peggio, nell’assetto urbanistico, rivedi nei volti degli amici i segni del tempo scolpiti sul tuo stesso volto, molti degli affetti più cari sono scomparsi, diverse tradizioni sono state abbandonate. Insomma, è un mondo che non esiste più in realtà. Ormai ti appartiene solo nella memoria.

Domanda 3: Che vuol dire, per lei, essere poeta e come ha inciso nella sua vita?

R.3. La poesia è una passione. Da adolescenti quasi tutti scriviamo dei versi. Continuare a farlo anche in seguito, negli anni della maturità, acquista significati contrapposti: o ci si illude o ci si realizza. La posta in gioco è la validità e la credibilità del tuo lavoro poetico. Avresti potuto dedicarti ad altre arti, ma poiché hai deciso di scrivere dei versi, vivi quest’avventura esistenziale come un mistero e ti chiedi se sei stato tu a scegliere la poesia o è la poesia che ha scelto te. Ogni passione comporta rovello e rapimento. Anche nei momenti di pausa il suo pensiero non ti abbandona. La poesia che si avverte come essenziale, autentica, necessaria, è pura energia vitale sia per chi la scrive che per chi la legge, ed estende la vita non in lunghezza ma in profondità. Quanto più intensa è l’emozione che suscita, tanto più raggiunge gli spazi profondi dell’animo umano. È così che ha inciso nella mia vita.

intervista a cura di Stefania Calabrò

 

Stefania Calabrò

E' nata a Milano nel 1985 ma da alcuni anni risiede a Lentini (SR). Laureata in giurisprudenza nell’Università di Catania, collabora alla pagina culturale di un noto quotidiano. È tra i componenti del Comitato interno di redazione di Lunarionuovo.