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[… continua dalla puntata precedente]

«Ho parlato con lo scienziato capo», disse Giordano per introdurre l’argomento.
Appoggiato con il braccio alla testa di leone che spalancava le fauci sopra il focolare di pellets, Cosma girò la manopola che illuminò il caminetto, provocando agitazione di false fiamme nello schermo ultrapiatto, poi scivolò lentamente seduto sul pavimento, invitando anche padre Giordano a fare lo stesso. Tutti i muscoli del suo viso spigoloso sembravano all’improvviso essersi rilasciati, ma non per un sospiro di sollievo, piuttosto per disperazione e sfinitezza
«Avrai scelto tu di sottoporti all’intervento!» esclamò Giordano inquieto.
Cosma appoggiò la fronte sui ginocchi e si abbracciò le gambe, così rimase per tutto il resto del dialogo, immobile e coperto dai capelli liscissimi che sembravano crini. «Scelto? Qui, se ricevi un ordine, devi solo obbedire».
Giordano fu squassato dall’impulso di tempestarlo con domande, curiosità dettata non sapeva più neanche da quale sentimento. Desiderava penetrare con gli occhi quella barriera in cui Cosma si era rinchiuso, forse perché solo attraverso la conoscenza avrebbe potuto aiutarlo. Ma sapeva anche che un interrogatorio, tanto più serrato, avrebbe solo ingigantito il senso d’inadeguatezza che porta a sentirsi sotto giudizio. «È stato molto tempo fa, immagino».
«Quando il santo è comparso sulla scena: solo qualche anno fa».
Ma adesso Cosma non sembrava inibito nel parlarne e questo incoraggiò Giordano ad andare avanti. «Non ti avranno privato del sentire corporeo!»
«Credi che sia utile saperlo? Se anche non lo avessi, sarebbe comunque talmente squassante la memoria del dolore, che questo stato d’animo continuerebbe a pervadermi ugualmente».
«Il dolore?»
A questa domanda Cosma non rispose.
«Allora senti tale e quale sente un essere umano!» provò ancora Giordano.
«Più di un essere umano: sento il suono del tuo respiro; i conati della vostra paura; il vibrare della lava sotto di noi; il roteare del mondo attorno al proprio asse e… quando mi concentro, posso anche carpire se le formiche che si insinuano per sbaglio in questa prigione siano sperdute o conoscano bene il proprio percorso».
«È un potere trascendentale? È la mente o l’anima che percepisce?!»
«E quando esco, sento la speranza dei fedeli e tutte le loro angine, il flusso del sangue nei vasi sanguigni dei cani o l’effetto dei raggi solari sulle foglie».
«Ma in quale modo arriva alla tua coscienza?»
Cosma stava cambiando voce. Adesso era più cupa. «La maturazione di una mosca Sarcophaga dentro i cadaveri; la disperazione dei conigli impallinati, mentre si svuotano lentamente del loro sangue…»
«In quale modo arriva alla coscienza?!»
«Attraverso gli occhi, il naso, le orecchie, il tatto! E attraverso questo terribile diapason dentro al petto accanto al cuore e per il quale hanno creato nuove connessioni neurali e neuronali e neuromuscolari.»
«Una specie di diapason che risuona alle vibrazioni del mondo.»
«Questa cosa ha preso posto, facendosi spazio fra i visceri e appesantendo la respirazione. La percepisco ogni istante come oggetto esterno dentro di me… questa cosa che mi fa anche provare il dibattersi di un uomo che avverte la morte vicina e sa che da essa non può salvarsi». La voce adesso stava diventando folle, il ritmo accelerava, il tono era roco e acuto, il rantolo del respiro sempre più forte. «Mi fa provare quello provano i feti e gli embrioni dentro l’utero mentre sono spazzati via dalla revisione della cavità uterina; il desiderio furioso di Pietro, quando è stravolto dal bisogno di torturare le vittime; il battito del cuore dentro il petto dei vitelli prima di essere sezionati, dopo avere assistito alla morte dei compagni. Sento il verme catturato dall’uccello, sento i bambini piangere i genitori morti e i genitori piangere i bambini morti. Sento quando intere popolazioni ne sterminano altre o tutti quei pesci… e sono proprio tanti… che restano intrappolati nella rete…»
Giordano si era coperto anche lui il volto. Non si era mai soffermato a pensare che anche i piccoli esseri potessero avere un sentire e che questo sentire potesse avere significato per qualcuno.
Il tono di voce parve tornare normale, quando Cosma aggiunse: «Come me… e sarebbe stato molto meglio che non mi avessero risparmiato».
«Cosma…» Giordano stava per dire qualcosa, ma lui parlò, scavalcandolo: «Posso filtrare, fortunatamente… altrimenti sarei già morto! Ma quando c’è di mezzo un legame, questo sistema di “blocchi e lascia passare” non funziona più. Entra tutto a valanga. Proprio tutto». Si fermò un istante. «Fa male, sai? Fa davvero troppo male». Era un po’ infantile.
«E con Pietro c’è forte legame? L’hai nominato prima. Perché proprio lui?»
«Perché lui ha sofferto più di tutti. E non deve soffrire ancora. Basta così.»
«Che cosa gli hanno fatto?»
«E a te? Che cosa, Giordano?»
Fu preso alla sprovvista e per un istante fu fortemente tentato di rispondere, di creare quell’amicizia di cui forse Cosma più di ogni altra cosa aveva bisogno. Ma una tale decisione gli avrebbe fatto perdere di vista il proprio ruolo e con questo pure la speranza di tenere in mano una situazione tanto delicata. A una domanda del genere, inoltre, non avrebbe saputo neanche  rispondere, ma non negò a se stesso quanto gli  fosse piaciuto sentirsela porre.
«Stiamo parlando di Pietro», disse, raddolcendosi come per scusarsi.
La schiena si abbassava e rialzava a ritmi indefiniti. Ogni tanto c’erano singulti. «Cosa pensi che l’abbia fatto diventare disumano?» rispose il santo. «Il suo senno è appeso a un filo che si chiama Cosma, un filo che non può aspettarsi di guarire le ferite con una sutura, ma può solo impedirgli di cadere a pezzi, tenendogli assieme le varie parti simili a quelle di una bambola di stracci. Anche per lui, come per me, sarebbe stato meglio morire. Adesso, oltre che per ottemperare agli ordini e per progettare infiniti perfetti percorsi di strategia, vive solo nell’attesa della tortura che potrà infliggere alla prossima vittima, perché senza quella non trova pace. E, ti giuro, quando è in astinenza, soffre tanto da far pensare che la vittima, seppur sottoposta alle più dure sevizie, si lacererebbe comunque meno di quanto lui si laceri per il desiderio non appagato. Per questo i bambini abusati dovrebbero morire».
«È stato stuprato?!»
«Non sarebbe bastato.»
«Allora?»
«Perché i bambini, i ragazzini, che sono  derubati in epoca in cui non possono difendersi, rimangono fragili per tutta la vita. Pensa! Se già è un caos per la persona più normale gestire insicurezze e paure, immagina cosa possa significare per chi ha visto concretizzarsi una frammentazione del proprio io durante le sevizie. Da allora qualsiasi elemento resta per loro sempre e solo violenza».
Giordano pensò a suo padre e come sempre provò pena e vergogna. Si strinse anche lui le gambe contro il petto, chiudendo gli occhi. «Pietro non ti avrà fatto nulla del genere!» domandò cauto e preoccupato.
«Nessuno mi ha fatto oggetto del proprio desiderio perverso. Sono stato molto fortunato, su questo».
«E a lui? Cosa è successo?»
«Devi chiederlo a lui. Io… non ho mai osato invadere la sua persona. L’ho solo sentito. E a certe cose non si può dare nome.»
Ci fu qualche minuto di assoluto silenzio in cui padre Giordano ebbe tempo per riflettere che una visione tanto pessimistica era sinonimo di fragilità. «La morte toglie ogni possibilità di riscatto,» disse, «ma, finché sarai vivo, avrai sempre la speranza che dentro di te si apra quella finestra che permetta agli altri di aiutarti, acchiappandoti per i capelli e tirandoti su dal pozzo in cui guazzi». Rifletté ancora un po’, appena appena più profondamente. «E questo vale anche per te, brutto bastardo!»
Fu allora che all’improvviso, come per magia, quasi come se Cosma si fosse teletrasportato dal suo posto, che era un po’ più distante, Giordano lo percepì vicino. E non ebbe neanche il tempo di aprire gli occhi e sollevare il capo, che ne sentì il tocco sulle braccia, con il tocco qualcosa che Cosma trasferiva dentro di lui, un fluido guaritivo, espansione che gli paralizzò la bocca e serrò le palpebre, che gli fece accelerare i battiti, aumentare la pressione, sentire l’energia esplodere in ogni cellula, talmente tanta che vi traboccava fuori senza creare danno.
Un tocco meravigliosamente assimilabile al divino.
«E vale soprattutto per te. Non è così, Giordano?»
Era la prima volta che l’emozione gli faceva sciogliere i nodi stretti in ogni muscolo, mentre ne si imponeva la coscienza che ci fosse qualcuno al mondo che lo accettava con tutti i difetti dei quali d’un tratto sentì di potersi liberare. Da dentro di lui in un attimo numerosi sentimenti sgorgarono. E c’era conforto, gioia, speranza, ma soprattutto gratitudine.
«Non puoi farmi questo», riuscì a dire. «Sono io che dovrei aiutare te, per l’amor di Dio!»
Il contatto terminò e in un attimo quella sensazione squassante scivolò dalle sue membra, lasciandogli un senso di vuoto.
Evidentemente le ferite dell’animo non potevano essere guarite in modo permanente. Non così.
Quando Giordano aprì le palpebre lentamente, Cosma era lì, con gli occhi che mandavano fiamme silenziose e il sorriso folle che si allargava sempre di più. Poi all’improvviso il fuoco scomparve insieme all’espressione del volto, mentre lui tagliava l’aria con la voce.
«Il mondo deve cambiare», sibilò.

Marcella Argento

[continua nella prossima puntata….]

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