Il passato non è ma se lo finge la vana rimembranza
Ti ricordi una stanza lunga, pure bianca, con una finestra a zig-zag come altra metà di accento sul perché? Una veduta a strapiombo, avresti smesso di tornare, voltandoti ancora, verso la stanza che spariva (appesa alle tue ciglia).
Un armadio in diagonale, punto e virgola, dicevi di voler fumare, la cenere cadeva di qua e di là, come una nota della musica che sta per cominciare
(si abbassa la puntina, si sgraffia il suono, rientriamo nei gangheri della dimenticanza. A passi felpati, come ladri privati.)
Il futuro non è ma lo dipinge la credula speranza
Sarebbe la volta buona. Per sapere se il giubbino che indossi predilige la pioggia.
Se posso seguirti fino al punto di tua sparizione. Se posso seguirti anche dopo. Rientrando con te in un altro momento un altro luogo: dalla parete di una stanza lunga, pure bianca con una finestra a zig zag come altra metà di accento sul perché.
Nello strapiombo: un telefono nero rotondo, come la pietra che tieni in tasca e – Squilla.
Il presente solo è ma in un baleno fugge del nulla in seno
Driiin!
Sì pronto?
Pronto.
Ci vediamo qui o lì?
Sicché la vita, appunto, è una memoria una speranza un punto
Qui: in una stanza, dentro un armadio in diagonale che si apre sulla strada.
Lì: posso seguirti anche dopo, tra la pietra e il tuo giubbino, un telefono che squilla.
Perché: tornando già so che non mi ricorderò di te
(a zig zag punto o virgola?)