Fosse stato per l’incacchiatore lustrastilemi o per il dialetto rubagalline
e la lingua scofanata, e anche perché allupato amàsio di vernacoli non
lo ero mai stato, né mai poi ancora ci mettemmo a farcela indringhete-ndrà
seppur per taberne e piole arronzammo in oltremisura di strettura
il rubagalline che non parla assestato per bocca dei poeti laureati
tra arci e altri monti, anche il monte Bianco per via di questa città
che dentro ormai distribuisce a destra e a manca
pillole per la sguaiata picia o rata voloira
una sera feci una lunga pisciata a ridosso di un muro
alla Crocetta e all’improvviso s’allumò dentro
l’acqua e la pioggia e dentro la capa del poeta
t’avrei riscritta nel By Logos la tua poesia[i]
in ammašcante per fare luce nell’acqua e vedere
l’ammušcata pillola per la zoccola o lo spirito
u cianciârùsu che è come un liquore che si compiace
in bei discorsi l’incacchiatore lustrastilemi chissùtru
che parla e piscia per bocca dei poeti laureati della
bottega , la cùria, o della banca, ‘u còscu, pisciare
farebbe agghjagghjare, u puête ha ‘ggghjagghjàtu supr’a rota
il poeta ha pisciato sulla ruota, la pioggia è ‘a wènza,
e l’orinale non può che fare ‘u wenzatùru,
certe volte si piscia nell’allenzaturu pur
essendo laureati, occhio sta per finèstra
e finestra è ‘a scursènta, fossi stato a pisciare
alla Crocetta in un vicolo sarebbe stato
strìttuwa , quasi quasi come via Barbaroux
che se hai la cartina di Torino vedi che sta
da tutt’altra parte il rubagalline che non parla assestato
e si prepara a un’aulente squacquerata
le galline sarebbero pulle, il gallo è ‘u pullu
pensa un po’ cos’è la polla, è lui il sardânte,
il ladro, ‘u sardânte ‘i pulle, il rubagalline?
La lingua scofanata, che c’era nella tua poesia
nell’esperimento di By Logos che era la numero 22
e io non me ne sono accorto, l’ho visto dopo
dentro ‘a scartoccia, che è il libro, quando si
fece luce, muccùsa, sul mistero dei poeti
quella mattina ricordo che il mondo mi parve
di mezzo chilo, menzu ‘mbrògliu, dicono i
quadarari, e allora dissi quant’è che pesa
‘u chjignu, per essere un maglio, ddrugu, o cacafòcu,
fucile o pistola che sia, vuoi che non debba essere
almeno nu ‘mbrògliu e menzu, anche se dicono
che sia leggero come una piuma e che non sia piombo
o câmpânâru, e nemmeno pietra, cuticchjune,
t’ho mai detto di quella mia amica Forgiulia Cutucchjùna
che faceva la caggiurra a Praga?
Poco poco finisce che esce fuori che a Lyon mi ritrovano l’altra
amica e parente che fa ‘a pìcara, così il triangolo
magico è chiuso, lo sai che, a pensarci adesso,
tu che eri il poeta numero 22 eri come la carta del mondo
nei tarocchi, che quella mattina quando ricevetti il
libro di By Logos pesava sì e no mezzo chilo[ii]?
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[i] LUI E LEI (IL DIALETTO RUBAGALLINE E LA LINGUA SCOFANATA), la poesia numero 22, di Jolanda Insana, in BY LOGOS, a cura di Silvio Ramat, Cesare Ruffato, Luciano Troisio, Lacaita Editore, Manduria 1979.
[ii] Un po’ come questa Stimmung che è di 584 parole, che, vai a vedere, farebbe mezzo chilo, essendo Pound 453,59 grammi. Una Stimmung di mezzo chilo, come il Mondo, che eri nel By Logos, eri la 22, non è poco, che è ccapi, e dentro l’anima ci capa, è più della libbra di carne di Lacan per l’oggetto “a”.