Il vento soffiava nella valle, sospingendo lontano le foglie e i pensieri: Ubaldo inseguiva l’onda dei ricordi, quando gli sembrò di udire una voce che lo chiamava.
Era come un canto sommesso che giungeva dalle viscere della terra, un vago lamento che filtrava dalle fronde: avvertiva una strana carezza che lo spingeva lontano.
A poco a poco gli sembrava di intuire della parole: era un soffio leggero che a tratti si dilatava in un’onda di vocali e consonanti indecifrabili.
Quel suono aveva su di lui un effetto portentoso: improvvisamente si sentiva tornare bambino, si vedeva una cosa da nulla, un batuffolo bianco che sorrideva.
Una forza segreta lo spingeva a ricongiungersi con quella voce: provò un affondo al cuore quando gli sembrò di ritrovare una parte di sé che credeva perduta.
Poi gli parve di scorgere qualcosa a mezz’aria tra le nuvole: era una fata dagli occhi azzurri che gli lanciava vaghi segnali.
Nel verde delle foglie distendeva le braccia, come a indicargli una direzione o un pericolo: allora fu assalito da una repentina inquietudine, come se tutto gli sfuggisse.
Si sentiva afferrato da un delirio incontrollabile: un’indefinibile colpa gravava sulla sua mente.
Quella voce, che ondeggiava nel paesaggio, riapriva una ferita lancinante e lui sentiva che affondava nel groviglio dei ricordi…
Il sorriso effimero che trapelava dal verde delle foglie gli infondeva coraggio: gli pareva di scorgere da lontano una mano che lanciava segnali e avvertiva nell’aria un’onda di tenerezza che avvolgeva il paesaggio.
Ubaldo però non aveva il coraggio di aggrapparsi a quel sorriso: il peso della beffa perpetuata alle sue spalle lo paralizzava.
Alla sua età non poteva più credere alle fiabe, ma una forza misteriosa lo spingeva verso quella voce.
Fece un passo in avanti e si accorse che i suoi incubi se la davano a gambe levate: si lasciò afferrare dal profumo del verde che esplodeva nel bosco in fermento e sentì che diventava leggero.
A poco a poco era tutto un fremito di pensieri: era come se di colpo si stesse sciogliendo, espellendo l’onda della bile a lungo tempo accumulata.
La fata, dall’alto delle fronde, sorrideva ammiccando: i suoi occhi luminosi inondavano di miele il paesaggio sonnolento.
Per la prima volta dopo tanto tempo Ubaldo si disse che non tutto era perduto: s’aggrappò al profumo dei fiori e si lanciò con puntiglio nel regno dell’incanto.
Era tutto così semplice e leggero: il sorriso del bosco si propagava vertiginosamente, fino a conquistare le nuvole più alte, dove svolazzavano degli angioletti che giocavano a nascondino…
Ma nel mondo delle fiabe non sempre tutto fila liscio, così a un certo punto Ubaldo scivolò sull’erba e fece un capitombolo: quando raddrizzò la testa, si trovò davanti l’Orco che gettava fiamme dalla bocca.
Era molto invecchiato: diceva di non ricordare più la sua parte, una strega gliel’aveva cancellata.
A un certo punto tirò fuori tutta la sua grinta e dichiarò: – Ti mangerò in un sol boccone se non mi porterai l’erba “memorella”…
Il povero Ubaldo allora partì alla sua ricerca, ma non sapeva proprio dove trovarla: cammina e cammina, alla fine si trovò in un grande bosco e all’improvviso da un albero sbucò uno gnomo.
Allora Ubaldo gli domandò se sapeva dove poteva trovare l’erba “memorella”: – E’ un viaggio molto lungo – disse lo gnomo – ma forse un giorno ci arriverai, bisogna andare in fondo al mondo e la troverai.
Lui ringraziò e ripartì: cammina e cammina, ma proprio non sapeva dov’era la fine del mondo…
Ai piedi di una montagna trovò un eremita dalla barba bianca e allora gli domandò se sapeva dove fosse la fine del mondo.
Lui si fece scuro in volto, poi disse: – Dentro di te, oltre l’abisso c’è la fine del mondo – poi svanì nel nulla.
Ubaldo riprese il suo viaggio che diventava sempre più difficoltoso: scoppiavano delle bufere, comparivano dei fantasmi, poi l’arsura lo divorava e non sapeva più dove andare.
Giunse così all’abisso e stava per essere travolto dai suoi fantasmi, ma per fortuna riuscì a guardare dentro di sé e trovò la forza di continuare il suo viaggio…
Allora arrivò alla fine del mondo: fece ancora un passo e trovò l’erba “memorella”.
La portò all’Orco e, quando quello l’annusò, come per incanto, si ricordò tutto: si rese conto che la sua parte era finita, doveva solo spalancare le porte del castello incantato, dove la fata dagli occhi azzurri avrebbe sposato Ubaldo che aveva avuto il coraggio di guardare dentro di sé per trovare un mondo di sogni…