(Continua da Lunarionuovo n. 48, marzo 2012)
2. Il modello del TG1
Il TG1, è per definizione il tg di tutti, in quanto tradizionalmente rappresenta il telegiornale istituzionale, quello legato al ruolo “governativo” dell’ente pubblico televisivo. Riconducendo i telegiornali italiani ai due modelli enunciativi, per la definizione dei quali è necessario riprendere alcune indicazioni proposte nel testo di Massimo Buscema, “L’analisi semiotica del telegiornale”, il TG1 si rifà ad un modello “generalista-oggettivo” più che quello “interpretativo-esplicativo”[1. Simonelli, Giorgio, Speciale tg: forme e contenuti del telegiornale, Interlinea edizioni, Novara, 1998. p. 24]. Con il termine “generalista” si intende una rete televisiva che organizza i suoi palinsesti, i suoi contenuti e il suo linguaggio per rivolgersi ad un pubblico il più possibile composito senza distinzioni di sesso, di età, di livelli socio-culturali. Si articola in modo da ottenere l’attenzione di un pubblico ampio e vario, privo di determinazioni precise, non costruito dal testo attorno alle sue caratteristiche, ma disponibile ad accoglierlo anche per motivi esterni, preesistenti.
Alla sera va in onda nell’ora in cui le famiglie italiane si riuniscono per la cena; ora che divide nell’arco della giornata televisiva la fase preserale, riservata a un pubblico particolare, da quella serale, del prime time, dell’audience più diffusa, a cui il telegiornale fa da introduzione. E’ proprio l’orario di trasmissione che fa evincere una dimensione legata non al tempo della realtà rappresentata, ma al tempo della rappresentazione, il tempo sociale della vita degli spettatori, il tempo televisivo e le sue scansioni. Quanto al termine “oggettivo”, che nel nostro studio ha un significato più letterale e radicale, si designa, nell’analisi di un testo audiovisivo di informazione, quell’atteggiamento informativo che tende a costruire il discorso attraverso la rappresentazione degli “oggetti” dell’informazione piuttosto che dei soggetti. Il TG1 privilegia, enunciando le notizie, la rappresentazione dello spazio, del tempo, degli attori dell’evento trattato, di ciò che è oggetto di informazione rispetto allo spazio, al tempo e agli attori della produzione informativa. In questo modello di telegiornale lo spettatore ha l’impressione di trovarsi direttamente di fronte agli eventi, in quanto il discorso viene fatto attraverso gli oggetti stessi dell’avvenimento. Ciò che viene prevalentemente mostrato, rappresentato, messo in scena è il mondo, la realtà, i fatti. Il cuore di questo telegiornale è il servizio: una serie di immagini chiaramente organizzata in una forma dotata di senso, ma dalle quali è assolutamente escluso proprio chi ha realizzato quell’articolazione di senso. In casi eccezionali, i giornalisti, gli inviati compaiono in video; la loro presenza nei servizi è limitata alla voce fuori campo o alla firma in sovrimpressione elettronica. I servizi si presentano non come elaborazioni discorsive sulla realtà, discorsi di un soggetto su un oggetto, ma come l’oggetto stesso, brani di realtà, visione diretta e speculare del mondo.
Ai servizi, che costituiscono, dunque, quantitativamente e qualitativamente, la parte essenziale di questo telegiornale, si alterna l’immagine dello studio e del conduttore. E’ innegabile che esistano figure di conduttori e conduttrici che partecipano ampiamente alla dimensione divistica, che si impongono all’attenzione per la loro avvenenza, per alcuni caratteri particolari della mimica o dell’eloquio, per lo spazio che si prendono nel commentare, verbalmente o testualmente, le notizie. Non bisogna, però, dimenticare il ruolo che giocano all’interno di questo tipo di telegiornale: “relais”. La loro funzione è quella di ordinare, di mettere in relazione, di chiamare i vari e veri testimoni degli avvenimenti: i servizi. Una funzione importante, un ruolo da “playmaker”[2. Simonelli, op. cit., p.26.], una funzione demiurgica, che mette in relazione due realtà: il mondo degli spettatori con quello degli avvenimenti. Una funzione complessa: essi rappresentano empiricamente il soggetto enunciatore, la redazione, la testata, l’emittente e governano l’enunciazione, mostrando di conoscere preventivamente ciò che sarà mostrato ai destinatari; ma, nello stesso tempo, si propongono come figurativizzazione dell’enunciatario, collocandosi nella posizione di chi deve essere informato, di chi vuole informazioni, di chi attende di sapere: le formule verbali e le direzioni dello sguardo sono spesso indicative di questo atteggiamento. In questo il TG1 ha una similarità col TG5, similarità che si manifesta a livello di struttura, di scansione, di utilizzo del tempo e quindi del ritmo, più che a livello dei contenuti, anche quando le notizie proposte sono diverse tra loro e diversi sono la gerarchizzazione, lo spazio e il tempo dedicato ai vari temi. Il TG1 non rinuncia mai ad aprire l’edizione con le notizie riguardanti gli avvenimenti di natura politico-istituzionale. Solo di fronte ad avvenimenti eccezionali, sceglie di dare maggior rilievo agli avvenimenti di cronaca, di costume e di economia. Un suo punto di forza, esito di una lunga tradizione, è la trattazione di temi riguardanti la politica estera.
Il modello di telegiornale generalista, cui il TG1 apertamente s’ispira, segue una scansione del testo in pagine: la pagina di politica interna, quella degli esteri, la pagina di economia e sindacale, quella di cronaca, un’impaginazione che dichiara la sua discendenza dalla carta stampata e la sua appartenenza a una forte e precisa tradizione informativa, quella del quotidiano. Oltre questa forma di costruzione del testo, i telegiornali organizzati sul modello generalista-oggettivo presentano una struttura ritmica, più legata alla dimensione emozionale, tipica della cultura neotelevisiva che si articola in tre blocchi: una parte introduttiva, costituita dall’anticipazione delle notizie che verranno trattate, inserita nel programma precedente, la sigla, un sommario, l’entrata in scena del conduttore; una prima parte molto importante che raccoglie le notizie più significative, trattate con maggiore ampiezza dai servizi e un terzo e ultimo blocco, in calando per importanza tematica e per impegno espressivo, nel corso del quale i telegiornali assumono un compito estraneo alla loro natura informativa ma fondamentale nelle strategie comunicative della neotelevisione, ovvero quello di annunciare e promuovere il programma successivo in onda su quella rete o su una rete “amica”.
Il TG1 negli anni continua a manifestare la scelta di una segmentazione in pagine, contrapposta a quella del TG5 propenso a dividersi in due blocchi (notizie forti e notizie di minor rilievo), confermando la vocazione istituzionale propria di una testata che spinge verso un’ufficialità governativa.
Oggi sembra imporsi la prospettiva di introdurre alcuni criteri metodologici di una logica consumer oriented[3. Grandi, Roberto (a cura di), Tg, fatti così: analisi del formato dei telegiornali, Edizioni Rai, Torino, 1988, p.52.], ovvero partire dal fruitore del prodotto informativo: il telespettatore reale che sta davanti al televisore e che è diverso nei vari intervalli temporali. Le edizioni di un telegiornale si caratterizzano per un’ampia serie di elementi. Innanzitutto per le caratteristiche socio-demografiche e psicografiche dei segmenti dei telespettatori che seguono ogni edizione; per i diversi interessi informativi di ciascuno di tali segmenti; per le diverse competenze informative che di volta in volta si possono dare per scontate; per le diverse quote d’informazione giornaliera che si possono presupporre già possedute dai telespettatori delle varie fasce; infine, per le diverse aspettative che il flusso dei programmi di rete crea nei diversi segmenti di pubblico[4. Ivi, p. 53.].
E’ universalmente riconosciuto che il telegiornale in una situazione di concorrenzialità deve essere realizzato e progettato partendo dal suo consumatore concreto, costruendo un’immagine di testata caratterizzante ma declinata attraverso le singole edizioni in funzione dei diversi segmenti di pubblico che ne fruiscono nelle diverse fasce orarie.
3. La sigla
Elemento di riconoscimento formale, la sigla identifica la testata. ‹‹Il ruolo comunicativo della sigla è stato enfatizzato: a un tempo, sintesi del programma che introduce e indicazione del ritmo del programma stesso››[5. Ivi, p. 54]. Per quanto riguarda i notiziari televisivi la sigla ha la funzione di fornire informazioni su “cosa”, l’oggetto di cui primariamente si parla; su “chi”, ovvero sull’identità del parlante e su “quando”. In pochi casi dominante è l’indicazione dell’orario di messa in onda, talvolta implicitamente definito mostrando un esterno in cui si distingue chiaramente, con il fluire delle edizioni, il passaggio dalla luce solare a quella crepuscolare e notturna (sempre nelle sigle dei telegiornali spagnoli)[6. Ivi, p. 56]. La sigla svolge la funzione di anticipazione comunicativa.
Il TG1 ha mantenuto la propria sigla anche se nelle edizioni del mattino ha più vivi i colori. Essa comunica, in primo luogo, il “cosa” (un mondo sufficientemente definito che ruota) e, in secondo luogo, il “chi” attraverso il marchio del TG1.
La sigla, come ormai tutte quelle dei telegiornali, è in computer graphics. Appare molto sofisticata, con un planisfero da cui nasce il logo Tg1, che gioca sulle varie sfumature dell’azzurro e del giallo, colori dominanti della testata giornalistica. E’ uno dei più chiari esempi della tipologia metaforico-allusiva descritta da Giorgio Simonelli: la raffigurazione del globo terrestre come metafora della globalità fisica e politica dell’informazione. Informazione di cui la testata si fa garante, prendendo forma dal “dispiegarsi” del mondo.
La musica della sigla è rimasta praticamente invariata negli anni, è stata soltanto ricampionata e resa più “moderna”.
3.1 Le varie sigle del TG1
Le forme geometriche in bianco e nero (1976-1977)
Questa è stata la prima sigla della testata giornalistica di Rai 1. Era la prima volta che il telegiornale veniva denominato TG1 dopo la riforma del 1976, e fu usata dall’edizione delle 20:00 del 2 febbraio 1976 fino all’edizione pomeridiana del 28 febbraio 1977. La sigla era in bianco e nero. L’accompagnamento musicale era una rielaborazione più breve di quella storica, suonata dagli ottoni dell’orchestra sinfonica della Rai.
Le forme geometriche a colori (1977-1982)
Dal 28 febbraio 1977 il TG1 divenne a colori. Da allora utilizzò la seguente sigla: da un punto dello schermo spostato sulla sinistra si generavano una serie di “quadratini” gialli e celesti, disposti in modo da formare “quadratoni” inclinati, composti più grandi. All’interno di questi quadrati appariva il marchio bianco del TG1, di forma quadrata, con la “t” minuscola più alta rispetto alla “G” maiuscola e con l'”1″ spostato verso il basso. Il logo appariva molto distante, ma si avvicinava a poco a poco.
Le forme geometriche al computer (1982-1986)
Dall’edizione delle 20:00 del 18 ottobre 1982 la sequenza, originalmente su pellicola, fu rielaborata al computer, quindi si poteva notare nel quadratone più interno una superficie riempita di quadratini grigi, che davano un’impressione di luminosità; inoltre il logo del telegiornale avanzava più velocemente verso lo schermo. Tuttavia l’animazione appena descritta, rimase in uso per l’edizione delle 13:30 e quella principale delle 20:00. Per le altre edizioni del telegiornale la grafica venne cambiata: per il TG1 flash, TG1 sera e TG1 Notte i quadratini interni erano di un blu sfumato (per le edizioni della sera e della notte) o giallo (per le edizioni flash). In basso a destra, si poteva notare un orologio digitale, identico a quello del TG2, grigio con la superficie nera. Questa sigla durò fino all’edizione pomeridiana del 17 marzo 1986.
Il logo tridimensionale (1986-1991)
Dall’edizione delle 20:00 17 marzo 1986 il logo del TG1 cambiò: di colore giallo, tridimensionale, con gli angoli arrotondati e con la “T” staccata dalla “G”. Nella sigla, in uno spazio nero stellato, appariva un globo terrestre su cui si riuscivano faticosamente a distinguere le terre emerse dal mare, entrambe colorati con tonalità simili di blu. Attorno al globo, che entrava da destra, ruotava la scritta gialla, in stampatello maiuscolo e a caratteri tridimensionali, TELEGIORNALE. Sullo stesso globo ruotava, per le edizioni straordinarie, la scritta EDIZIONE STRAORDINARIA in colonna: si leggeva, infatti, “EDIZIONE” in alto, e “STRAORDINARIA” in basso. Il globo si spostava gradualmente sulla sinistra dello schermo diventando sempre più piccolo, mentre dal basso verso l’alto, da destra verso sinistra, appariva il nuovo logo del TG1 leggermente inclinato. L’arrangiamento musicale rimase simile a quello del 1976, ma registrato con una tonalità di un semitono più alta. La sigla dell’edizione “mattina” era diversa. L’inquadratura sorvolava e girava attorno alla scritta tridimensionale semitrasparente “TELEGIORNALE”, appoggiata su un piano lucido bianco, con riflessi rosa e arancio dell’aurora. Lo sfondo intanto, da blu che era, diventava giallo e rosa alla base dello schermo e azzurro verso l’alto, emulando l’alba. L’inquadratura saliva e dall’alto sulla destra appariva un globo terrestre, uguale a quello delle altre edizioni (ma con riflessi rosacei) ed il marchio giallo TG1 di colore giallo (con sotto scritto MATTINA), come per le altre edizioni. La sigla era arrangiata elettronicamente con un sintetizzatore ed era un po’più lunga di quella tradizionale.
La sigla dell’edizione delle 13.00 aveva la stessa animazione descritta sopra, ma lo sfondo e i riflessi erano color azzurro cobalto, e il logo non aveva alcuna scritta sotto di esso.
Il “Telegiornale Uno” (1991-1993)
Dal 20 maggio 1991 il TG1 venne chiamato Telegiornale Uno. Il direttore della testata era Bruno Vespa, che decise di cambiare studio e sigla, commissionati rispettivamente a Gianni Boncompagni e a Mario Convertino. Nella sigla c’era un globo rotante, la scritta arancione TELEGIORNALE che ruotava intorno al globo e infine la scritta (sempre arancione) UNO, che si poneva sotto TELEGIORNALE. L’arrangiamento era il medesimo per tutte le edizioni e suonato con il sintetizzatore. In ogni edizione il mappamondo presentava dei colori diversi: la mattina predominava il colore rosa, nell’edizione delle 13:30, flash e in quella serale predominava il colore celeste, nell’edizione di mezzanotte a fare da sfondo vi era il colore nero. Questa sigla durò fino all’edizione pomeridiana del 25 luglio 1993.
Il planisfero e il globo terrestre (1993-1998)
Dall’edizione delle 20.00 del 25 luglio 1993, il “Telegiornale Uno” torno a chiamarsi TG1. Albino Longhi commissionò all’art director Giuseppe Rogolino, il restyling sia del logo che dello studio. Il logo venne riprogettato. La sigla partiva inquadrando l’Italia su di un planisfero blu, con i continenti inizialmente formati da tante piccole immagini, che, contemporaneamente al planisfero stesso che andava spostandosi verso il centro nero dello schermo, diventavano gialli. Il planisfero si trasformava allora in un globo terrestre blu con i continenti di colore giallo su uno sfondo nero. Lo stesso planisfero, seppure schiacciato, diventò lo sfondo scenografico del nuovo studio, nel quale appariva sovrastato da un globo terrestre blu con i continenti gialli. Ai due lati di quest’ultimo si potevano notare alcuni orologi che segnavano le ore delle principali città del mondo. L’arrangiamento musicale ritornò ad essere della stessa tonalità di quello del 1976, sintonizzato elettronicamente.
Lo stile “techno” (1998-2004)
Dall’edizione delle 13.30 del 5 ottobre 1998, il TG1 (da poco sotto la direzione di Giulio Borrelli) esibì una nuova sigla. L’inquadratura percorreva a grande velocità la superficie di un mappamondo blu che emanava un alone di luce azzurra, sul quale si tracciavano paralleli e meridiani in costante movimento, simili a raggi di luce gialla. Quando l’inquadratura arrivava presso l’Italia, sulla superficie del pianeta scorreva da destra la scritta biancastra TELEGIORNALE, che poi si dissolveva andando verso sinistra, la telecamera arretrava rapidamente; dal mappamondo, che diventava bidimensionale, sparivano le immagini e alcuni meridiani e paralleli, staccatisi dallo stesso. La melodia, molto incalzante, era arrangiata con un sintetizzatore, come la precedente, ma esaltava maggiormente lo stile “techno”. Per la prima volta, dalla metà del 2003, apparivano nella sigla finale anche i nomi del direttore e del vicedirettore e la scritta www.tg1.rai.it.
Il mappamondo blu (2004-2007)
Questa sigla, realizzata su commissione del direttore Clemente J.Mimum, iniziava con un’inquadratura dell’Italia su un mappamondo blu con i continenti azzurri. La telecamera zoomava all’indietro, fino ad inquadrare l’intero globo, che nel frattempo aveva ripreso a girare. Compiuto un giro, il globo rallentava fin quasi a fermarsi, mentre l’inquadratura si avvicinava nuovamente ad esso, stavolta in modo da lasciar intravedere il cielo al di sopra del pianeta. Infine compariva, ruotando da sinistra e fermandosi nel centro dello schermo, il nuovo logo del TG1 (simile al precedente ma con la “T” staccata dalla “G”), mentre sul globo si vedeva un puntino che lampeggiava all’altezza di Roma. La melodia era suonata dall’orchestra sinfonica della Rai. Infine, a sinistra, apparivano, scorrendo dal basso e fermandosi a metà schermo, i nomi di direttore e vicedirettore e, più sotto, la scritta www.tg1.rai.it. L’accompagnamento musicale risultava leggermente più sintetico. Questa sigla esordì nell’edizione delle ore 20 del 12 gennaio 2004 e terminò nell’edizione pomeridiana del 17 settembre 2007[7. http://it.wikipedia.org/wiki/TG1].
(Continua…)