VARECHINA
Di varechina sapevano le sue mani
quando nel buio acerbo del mattino
pudico, ti rimboccava le lenzuola,
la fronte ti sfiorava ispida la barba,
e ti restava, sopra il mento e il naso,
quell’odore aspro, evanescente,
un ché di ruvido e impacciato.
Dignità e pane imbandivano la tavola
a mezzodì, e silenzio.
E se nelle ore bige del tramonto
smaniosa lo cercavi senza pianto,
lei ti riportava alla ragione
– papà deve lavorare –
era la perenne litania.
Così passavano lunghi i giorni,
trascoloravano negli anni,
di lui quasi nessuna memoria,
di lui dei suoi capelli radi,
dei passi baldanzosi sempre più stanchi,
solo quell’odore, appeso a un filo,
quel gesto malinconico
deposto nel tuo sonno.
Di varechina sapevano le sue mani
quando lo trovarono accasciato,
che il suo bel cuore forte
s’era di botto fermato.
MIO FIGLIO
Non profuma di rosa e violetta
mio figlio,
di tristezza è sozzo il suo viso,
di fatica sanno i suoi fragili polsi,
di sogni abortiti.
Fermo a un semaforo, torvo
mi guarda
mio figlio,
con gli occhi di fumo e grafite.
Batte i denti che sanno di sabbia e di sale
mio figlio
ammassato nella pancia d’un barcone,
bagnato di paura e pipì.
Ha le braccia che paiono zanne,
è brutto
mio figlio,
col pelo arruffato di calci,
vestito di stracci e promesse mancate.
Non è mai stato bambino
mio figlio,
solo si ferma in un sussulto
un istante
a rubare un raggio di sole
è il suo gioco proibito.
Non piange, non ride
mio figlio
e nemmeno più aspetta
di diventare
mio figlio.
IL RESPIRO DELLA NOTTE
Sento greve
il silenzio,
il cupo respiro
della notte,
il rantolo secco
della vita
quiescente.
Sento sinistri
sussurri,
scricchiolii.
Tutto ha voce
e tutto tace
quando le ore
piccole
incombono
sui pensieri
vigili,
tutto tace
strepitando.
Sento forte il cuore
nudo nel buio
che conta i suoi battiti
e brama riposo.
Ester Bonelli
(*) Altra poesia inedita di Ester Bonelli i lettori posso leggerla nell’editoriale di Ludi Rector ad apertura di questo numero di Lunarionuovo. La poesia Dignità è stata infatti scelta dal direttore per la citazione a conclusione dell’editoriale, come chiave di lettura della sua divagazione sulla crisi della cristianità.