NEQUE SUSPICIUM HABEST QUIN
“Sandro Veronesi con Il Colibrì ha vinto il Premio Strega 2020. Per Veronesi è uno storico bis (il primo Strega fu per Caos Calmo nel 2006), ottenuto nel passato soltanto da Paolo Volponi (La macchina mondiale nel 1965 e La strada per Roma nel 1991). Il Colibrì, pubblicato da La Nave di Teseo, ha conquistato 200 voti battendo Gianrico Carofiglio con La misura del tempo (Einaudi), che si ferma a 132 voti, e Valeria Parrella con Almerina (anch’esso Einaudi) che ne raccoglie 86. Quarto Gian Arturo Ferrari con Ragazzo italiano (Feltrinelli) 70 voti; quinto Daniele Mencarelli con Tutto chiede salvezza (Mondadori) 67 voti e infine Jonathan Bazzi con Febbre (Fandango) 50 voti.”
- Con questo comunicato si è chiusa la stagione dei grandi premi letterari consueti della prima metà dell’annata. Adesso si dovrà attendere il primo sabato di settembre per avere il responso finale sulla tenuta di valori della produzione letteraria 2020, con l’esito del Supercampiello e la graduatoria della cinquina in gara. Sulla vittoria di Sandro Veronesi allo Strega – vittoria peraltro “annunciata” – premesso tutto il rispetto per il romanzo, per l’autore e per la casa editrice di Elisabetta Sgarbi, qualche osservazione viene spontanea pronunciarla. Il cronista che ha imbastito il comunicato riportato qui sopra ha tenuto a evidenziare che il bis allo Strega era stato conquistato per due volte solo da Paolo Volponi. E, aggiungiamo noi, nemmeno per quella volta ci potrà essere un eccepire valore e meriti. Salvo il sospetto della solidarietà umana verso il padre che aveva perduto il proprio giovane figlio. Una indiscrezione barbara, ma altrettanto spontanea anche se come sospetto. Adesso quello di Veronesi è un caso che fa palleggiare tra poca simpatia dei letterati “Amici della domenica” per il genere noir del libro secondo classificato, di Gianrico Carofiglio e le genialità manageriali di Elisabetta Sgarbi.
- E va bene. Ma sino a un certo limite. Noi siamo tra i più sinceri al momento di congratularci con l’amico Veronesi, ma siamo anche sospettosi al momento di cedere all’entusiasmo per questo bis in idem. È un bis che lascia pensare a due soluzioni: la prima è quella che riguarda il “prodotto d’annata” che induce, senza molti se e molti ma, a dedurre che non si potrà giudicare, stando alle conclusioni dello Strega, oltre la sottomediocrità. La seconda, al contrario, salverebbe dal giudizio tranciante il prodotto dell’annata se fosse vero e credibile il potere di Elisabetta Sgarbi e dei sodali della sua giovane Nave di Teseo. Non ci sono molte altre vie per ridare alla sincerità del Premio quella impronta che i suoi meriti, la sua storia, e la sua credibilità meritano incondizionatamente se, con saggezza e senso di realismo si concludesse con la paciosa necessità di ricordare a tutti che anche questo genere di gara altro non è che un gioco. E nel gioco ciascuno ha diritto di giocare per vincere. Se mai, per evitare onanismi retorici a giochi conclusi, l’auspicio sarebbe quello di un ritocco al regolamento del Premio. Ma questo è un affar loro, come papale-papale avrebbe detto Meo del Cacchio.
Luidi Rector