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RAGNAR JÓNASSON E GLI ECCENTRICI DEL “GIALLO NORDICO”:

LA VARIANTE ISLANDESE

  1. Con questo intervento su Ragnar Jónasson proseguo le mie divagazioni primaverili sul “giallo nordico”, alle quali ho già dato sfogo su Lunarionuovo nei mesi scorsi.

Queste considerazioni su Ragnar Jónasson, infatti, fanno seguito agli interventi pubblicati sugli ultimi due numeri di Lunarionuovo, rispettivamente intitolati Jo Nesbø e gli eccentrici del “giallo nordico”: la variante norvegese e Jesper Stein e gli eccentrici del “giallo nordico”: la variante danese.

Con i miei due precedenti interventi, dunque, queste ulteriori divagazioni letterarie si pongono in una linea di continuità, come si evince già dal titolo, che richiama le connotazioni di eccentricità letteraria che accomunano Jo Nesbø e Jesper Stein e, sia pure in una misura differente, anche il terzo degli eccentrici del “giallo nordico” che stiamo prendendo in considerazione: l’islandese Ragnar Jónasson.

Prima di addentrarci su Ragnar Jónasson occorre soltanto segnalare che di questo Autore, presso la Casa editrice Marsilio di Venezia, sono stati pubblicati due romanzi, appartenenti al ciclo narrativo Dark Iceland, intitolati L’angelo di neve (Snjöblinda, 2010) e I giorni del vulcano (Myrnætti, 2011), rispettivamente editi nel 2017 e nel 2018.

  1. Ho già detto nei miei precedenti intervento su Lunarionuovo che, in origine, volevo concentrare le mie divagazioni letterarie estive sul “giallo nordico” e sugli Autori eccentrici di questo filone narrativo in un unico intervento, dedicato a Jo Nesbø e Jesper Stein, le cui similitudini mi avevano fatto ritenere opportuna una trattazione unitaria.

Tuttavia, come ho già spiegato, dopo essermi dedicato a Jo Nesbø, certamente il più grande degli eccentrici del “giallo nordico”, preso atto delle dimensioni consistenti delle mie riflessioni agostane su Edomadario, ho modificato i miei originari intendimenti e ho deciso di effettuare in autonomia le mie ulteriori considerazioni letterarie su Jesper Stein. La riuscita dei due interventi, del resto, ha confermato la correttezza del mio approccio agli eccentrici del “giallo nordico” e la necessità di differenziare tali Autori, tenendo conto anzitutto della loro provenienza geografica, che costituisce una delle cifre stilistiche di maggiore rilievo di questo contesto letterario.

A questo punto, dopo avere esaminato il mondo degli eccentrici del “giallo nordico” nel suo complesso, mi rimaneva un’ultima area geografica rimasta inesplorata, quella islandese, su cui mi sembrava opportuno spendere qualche considerazione, costituendo tale segmento del nostro filone narrativo un ambito significativo per comprendere le ragioni del successo editoriale di queste opere.

Questa operazione, però, non si è rivelata agevole, perché le dimensioni modeste della nazione islandese, il numero esiguo degli abitanti che la popolano e la sua marginalità – quasi fisiologica, tenuto anche conto delle caratteristiche geo-morfologiche di tale Paese – non rendevano semplice l’individuazione di un Autore che potesse risultare esemplare per il discorso che, da qualche tempo e con una certa, immeritata, fortuna, stiamo portando avanti sul “giallo nordico” e sugli scrittori che lo rappresentano nel panorama editoriale europeo.

Ho scelto, infine, di concentrare queste mie considerazioni estive sul “giallo nordico” di matrice islandese, dedicandomi a Ragnar Jónasson, per le similitudini, su cui ci soffermeremo più avanti, che questo scrittore presenta con altri Autori dello stesso ambito letterario, pur consapevole della, quasi necessitata, partigianeria di questa scelta.

Forse avrei potuto parlare anche di altri giallisti islandesi – tra cui Steinar Bragi, autore del bellissimo Il silenzio dell’altopiano, pubblicato presso Marsilio nel 2017, ma anche Arnaldur Indridason e Yrsa Sigurðardóttir – ma, in fondo, la parzialità delle mie scelte è il frutto del loro carattere divagante, privo di vere pretese letterarie, tendenzialmente espressivo del mio interesse di lettore.

Nessun dubbio, infine, residua sull’inserimento delle opere di narrativa noir islandese nell’ambito del “giallo nordico” di matrice scandinava, che ha nella Svezia il suo fulcro letterario.

Senza volerci addentrare in disquisizioni storiche superflue, è noto che la storia islandese ha avuto inizio tra il IX e il X secolo, quando iniziarono le colonizzazioni dei vichinghi norvegesi, che fecero allontanare dall’isola i monaci anacoreti di origini irlandesi che, in un numero sparuto, l’avevano abitata fino a quel momento.

A seguito della colonizzazione vichinga, dopo l’originaria indipendenza, testimoniata dalla costituzione di uno dei più antichi parlamenti europei, l’Alping, l’Islanda, fino all’Ottocento, è sempre stata dominata dai Paesi scandinavi – la Norvegia e la Danimarca – che ne hanno fatto, a tutti gli effetti, una nazione dello stesso ambito geo-politico. Gli stessi islandesi, peraltro, oltre a discendere etnicamente dal mondo scandinavo, si considerano parte integrante di quell’area geo-politica.

A tutto questo, ai nostri fini, occorre aggiungere che la posizione dell’Islanda e il suo isolamento geografico dal resto del mondo finiscono per renderla un luogo assolutamente originale, sia sotto il profilo paesaggistico sia sotto il profilo etnografico, sul quale ultimo Ragnar Jónasson si sofferma con mirabile attenzione.

 

  1. Prima di affrontare il percorso letterario compiuto da Ragnar Jónasson, occorre, ancora una volta, partire dalla definizione di “gialli nordici” utilizzata per la letteratura giallo-poliziesca di matrice scandinava, che coglie, in modo esemplare, i due profili fondamentali di queste opere narrative.

Cominciamo, allora, con l’osservare che il primo di questi caratteri comuni, certamente riscontrabile nelle opere di Ragnar Jónasson, è costituito dalla trama giallo-poliziesca attraverso cui si sviluppano queste opere narrative, che, come abbiamo detto in altre occasioni, presuppongono un omicidio, un assassino e un investigatore che cerca di individuare il colpevole.

Tuttavia, il metodo investigativo, nella vasta galassia del “giallo nordico” è estremamente diversificato. Si passa, infatti, dal giallo deduttivo alla Simenon dei romanzi di Henning Mankell, di Per Walöö e Maj Siöwall, ai gialli d’azione di ispirazione hard boiled di Jo Nesbø e Jesper Stein, su cui ci siamo soffermati nei precedenti interventi sugli eccentrici di questo filone narrativo pubblicati su Lunarionuovo.

La seconda di queste caratteristiche comuni del “giallo nordico” è rappresentata dall’ambientazione geografica, necessariamente scandinava, nella quale le attività d’indagine di cui abbiamo parlato si sviluppano nel corso dei romanzi. Questo secondo carattere, invero, non sempre è presente nelle pubblicazioni delle case editrici italiane che si occupano di questo filone letterario – basti pensare alla figura letteraria, anch’essa eccentrica, di Olivier Truc – anche se, personalmente, ritengo che tale connotazione geo-politica sia indispensabile per inquadrare le opere appartenenti a questo filone narrativo.

Occorre, in ogni caso, evidenziare che questa seconda caratteristica è sicuramente presente nelle opere noir di Ragnar Jónasson, che sono ambientate in Islanda, che rappresenta l’ambientazione indispensabile per inquadrare i due romanzi di cui ci stiamo occupando, intitolati L’angelo di neve e I giorni del vulcano, che sono stati pubblicati presso la Marsilio nel 2017 e nel 2018.

In linea con quanto si è affermato anche nei precedenti interventi, occorre aggiungere che questa connotazione ambientale assume il ruolo di sfondo narrativo dei nostri romanzi, costituendo lo spunto per riflessioni letterarie mai ancorate alla sola ricerca del colpevole da parte dell’investigatore-protagonista, improntando di un’atmosfera coessenziale al racconto la trama.

La fortuna del “giallo nordico”, dunque, oltre che alla levatura degli Autori che lo rappresentano e all’indiscussa grandezza letteraria dei suoi “padri nobili”, di cui ci si è già occupati, discende dal possedere delle peculiarità narrative che lo differenziano dal genere noir di ispirazione tradizionale.

 

  1. In questo stratificato contesto letterario, si inseriscono le opere narrative di Ragnar Jónasson, che è nato nel 1976 e vive a Reykjavík, dove svolge la professione di avvocato e di docente universitario presso l’ateneo cittadino.

Ragnar Jónasson, inoltre, è un membro della UK Crime Writers Association ed è noto nel suo Paese anche per avere tradotto in lingua islandese Agatha Christie; Autrice, questa, che ha costituito un punto di riferimento per il nostro Autore.

Di questo scrittore islandese, però, ci occuperemo solo quale autore del ciclo narrativo intitolato Dark Iceland, incentrato sulla figura dell’ispettore Ari Þór, di cui, come si è detto, in Italia, presso la Casa editrice Marsilio di Venezia, sono stati già pubblicati, i romanzi L’angelo di neve e I giorni del vulcano.

Di tali opere narrative ci occuperemo nei successivi paragrafi, allo scopo di delineare le caratteristiche fondamentali di questo Autore e delle ambientazioni nordiche che caratterizzano i romanzi del ciclo Dark Iceland, nel quale si muovono le indagini dell’ispettore Ari Þór.

 

  1. Come si è detto, il primo dei romanzi di Ragnar Jónasson, pubblicati in Italia, si intitola L’angelo di neve (Snjöblinda, 2010) ed è stato tradotto da Roberta Scarabelli, che ne ha reso sapientemente la ricchezza della trama e l’originalità dell’ambientazione geografica.

L’angelo di neve è ambientato a Siglufjörður, una cittadina di pescatori, ubicata nell’area settentrionale dell’Islanda a pochi chilometri dal Circolo polare artico e abitata da poco più di un migliaio di persone, alla quale si accede tramite un’unica strada che attraversa una montagna con una galleria a senso unico alternato. Siglufjörður, fin dalle prime pagine del romanzo, si presenta come un luogo immerso nella morsa gelida dell’inverno nordico, nel quale il racconto è ambientato.

La temperatura costantemente inferiore allo zero e, nella parte iniziale del romanzo, la neve che cade da giorni fa sembrare Siglufjörður un luogo anomalo, quasi sospeso nel tempo, con un’atmosfera che genera inquietudine e prepara il lettore alle vicende criminose che aprono L’angelo di neve.

Infatti, una giovane donna viene ritrovata in un giardino priva di sensi, riversa in una pozza di sangue.

E, quasi contemporaneamente, un vecchio scrittore muore nel teatro locale in seguito a una caduta.

Delle indagini su queste vicende delittuose viene incaricato l’ispettore Ari Þór, che è un ex studente di teologia diventato poliziotto quasi per caso, il quale si immerge nelle indagini con un’iniziale ritrosia, stretto tra la nostalgia per la fidanzata rimasta a Reykjavík e la diffidenza di una comunità – quella di Siglufjörður – che fatica ad accoglierlo.

Dopo le iniziali difficoltà, accentuate dal clima claustrofobico che caratterizza la narrazione, il protagonista de L’angelo di neve procederà con crescente abilità investigativa, divincolandosi tra l’attenzione morbosa della stampa islandese – concentrata sull’andamento delle indagini, che sembrano non riuscire a giungere a buon fine nonostante l’impegno del giovane investigatore – e i segreti inconfessabili degli appartenenti alla comunità Siglufjörður, di cui si occuperà di qui a breve, disvelando i quali l’ispettore Þór riuscirà a chiarire gli enigmi che stanno a fondamento delle due vicende criminose.

In questo clima, che abbiamo definito claustrofobico, l’Autore dedica una particolare attenzione alle condizioni atmosferiche di Siglufjordur, che costituiscono uno dei protagonisti del suo romanzo d’esordio, assumendo una dimensione coessenziale al racconto e allo sviluppo delle indagini condotte dall’ispettore Þór. Il gelo invernale, che caratterizza le condizioni atmosferiche della cittadina islandese, infatti, rappresenta un fattore indispensabile per comprendere la dimensione esistenziale dei suoi abitanti, per capire il quale occorre evidenziare che gli abitanti di Siglufjörður, ogni inverno, vedono scomparire il sole da novembre a gennaio, vivendo una condizione di isolamento, abilmente descritta da Ragnar Jónasson.

Il lettore, in questo modo, si ritrova immerso nella comunità di Sigulfjörður e prende gradualmente conoscenza dei suoi curiosi abitanti, che vengono descritti da Ragnar Jónasson nelle loro convinzioni più recondite e nei loro atteggiamenti più segreti.

Gli abitanti di Sigulfjörður, in questo modo, vengono descritti minuziosamente, diventando familiari per il lettore, che finisce per immedesimarsi nei protagonisti di questo microcosmo islandese, in cui le storie dei suoi abitanti – tra gli altri si segnalano le riuscite figure romanzesche di Ugla, Karl e Hrólfur – diventano parte integrante di una narrazione corale, indispensabile a comprendere il filo conduttore delle indagini di Ari Þór.

Ed è in questo peculiare contesto geografico, tipicamente nordico, che si muove Ari Þór, il protagonista de L’angelo di neve, che sperimenta le sue capacità investigativa nel corso delle indagini, che conduce con una consapevolezza sempre maggiore, in un percorso di formazione che è al contempo professionale ed esistenziale.

 

  1. L’ispettore Ari Þór è anche il protagonista del secondo romanzo del ciclo Dark Iceland, intitolato I giorni del vulcano (Myrnætti, 2011), anch’esso, come detto, pubblicato, con la traduzione di Silvia Cosimini, presso la Casa editrice Marsilio di Venezia nel 2018. Questo romanzo, nella versione originaria della saga costituisce il terzo episodio, che l’editore veneto ha pubblicato in Italia saltando la seconda delle opere che compongono il ciclo in questione.

Questo romanzo del ciclo Dark Iceland si apre con una bellissima descrizione di un fiordo dell’Islanda settentrionale, nei pressi del quale, in una giornata di giugno, un turista scopre, davanti a una casa isolata, il cadavere di un uomo con il volto sfigurato, che viene identificato in Elías Freysson.

Sull’omicidio di Elías Freysson, che è stato ucciso con un’asse di legno, ancora una volta, indaga Ari Þór, lo stesso protagonista de L’angelo di neve, che, nella prima fase delle indagini, accerta che la vittima era un forestiero apparentemente stimato dalla comunità locale e coinvolto nella costruzione della nuova galleria che avrebbe posto fine all’isolamento geografico di Siglufjörður, turbandone al contempo l’incanto, essenzialmente dovuto alle sue peculiari condizioni.

In questa cornice narrativa, si inserisce Isrun, che è una giornalista proveniente dalla capitale islandese, il cui interesse per l’omicidio sembra andare al di là di una ragionevole ricerca delle notizie oggetto di interesse mediatico.

Si sviluppano in questo contesto le indagini di Ari Þór e dei suoi colleghi, i quali, distratti da una serie di problemi privati, tra cui non riescono a districarsi, faticano a chiarire la vicenda investigativa su cui sono chiamati a indagare.

Si capisce subito, però, che l’unica possibilità per venire a capo delle indagini è quella di tornare indietro negli anni e risalire alle radici delle vicende personali da cui trae origine l’assassinio di Elías Freysson, rispetto alle quali Ari Þór, forte dell’esperienza acquisita durante la sua precedente indagine, è consapevole del fatto che quelle terre incontaminate, custodiscono eventi drammatici che, taciuti per troppo tempo, hanno generato sentimenti violenti, posti a fondamento delle vicende indagate dal protagonista.

Pertanto, con il procedere delle indagini, si accerta che la vittima era coinvolta in attività economiche dai risvolti ambigui, che lasciano trapelare rapporti altrettanto ambigui, che coinvolgono alcuni esponenti della comunità di Siglufjörður e affondano le proprie radici in vicende lontane nel tempo, chiarite attraverso flashback narrativi.

La trama narrativa I giorni del vulcano, quindi, procede su un doppio piano temporale, perché è proprio nel passato che si celano risposte al presente ed è attraverso tale ricerca che è possibile fare luce sui misfatti che coinvolgono la comunità di Siglufjörður, nelle quali si inserisce l’assassinio di Elías Freysson.

Questa caratteristiche fanno de I giorni del vulcano un romanzo di grande atmosfera, favorito da un’ambientazione assolutamente originale, che rappresenta un elemento caratterizzante della narrazione, assumendo, anche in questo ulteriore episodio della saga Dark Iceland, come abbiamo già visto per L’angelo di neve, il ruolo di un vero e proprio protagonista del racconto.

  1. Consiglio, anche in questo caso, a quanti non lo abbiano ancora fatto di intraprendere la lettura dei romanzi di Ragnar Jónasson, incentrati sulla figura di Ari Þór, accostandosi al suo mondo narrativo, che li aiuterà a comprendere le ragioni del successo dei “gialli nordici”, di cui il ciclo romanzesco che si è passato in rassegna in questo intervento costituisce un bell’esempio letterario.

Alessandro Centonze

Alessandro Centonze

Alessandro Centonze è nato a Siracusa e vive tra Catania e Roma, dove presta servizio, con funzioni di consigliere, presso la Prima Sezione penale della Corte Suprema di Cassazione. In precedenza, ha svolto, presso uffici giudiziari siciliani, sia funzioni requirenti che funzioni giudicanti. Ha anche insegnato, presso l’Università degli Studi di Catania, diritto processuale penale e diritto penale transnazionale. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche, tra cui le monografie "Il sistema di condizionamento mafioso degli appalti pubblici" (2005), "Criminalità organizzata e reati transnazionali" (2008) e "Contiguità mafiose e contiguità criminali" (2013).