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Bevendo l’acqua

 

Ciao, e ricordati

dei nostri giorni lunghi

dall’una all’altra annodati, un solo filo

di sangue, la conta dei giorni mancanti.

Ho lasciato il rifugio, la casa di carne

che mi teneva al sicuro e sono entrata in un’altra

di chiuse stanze e mistero

di strade aperte da camminare

con una o di stupore come un sole

bruciante sulla bocca, e il mare usciva,

entrava con i giorni conosciuti

un po’ per volta, non come prima, non quando

nel ventre zitta sul fondo navigavo

a testa sotto, bevendo l’acqua

senza mai annegare.

 

Per una rosa

 

Negato è il giardino

stasera che mi vede

senza luce d’interni né colori

arrampicarmi a sprezzo del pericolo

sui muri ricordare

con furia e con dolcezza

la rosa fiorita di notte

ch’era un ottobre di cipria

cadente, com’era sui tetti alti

e in una pozza riflessa

la piena lunare, ora che passa la voce

a un’altra voce i giorni e il tempo

– e la pietà necessaria,

e la prossima morte.

 

Al tempo che

 

Come mettere a segno, mirare

alla muta invasione che erode

gli spalti e come e dove

andare con le gambe che passano a fatica

i vetri rotti dai sassi

e questo luogo d’anni

ciechi frequentati

dopo l’infanzia di fede, fiducia

stupore, al tempo che il tempo stava

proteso, preciso, presente.

 

Sangue di Cristo

 

Grondano liquidi panni

dall’attimo steso alla luce

oggi che scivola il vento

ed è aprile, oggi ch’è giorno

di carne, di sangue di Cristo risorto.

Apriranno le case, le porte, le chiese

ai malandati, agli spogliati di tutto

ai malanni dei vivi, al silenzio dei morti

che al suono campanario sobbalza da sotto

tumuli, ossari le fosse profonde

del mare.

 

Gabriella Canfarelli

(dalla raccolta inedita Il viaggio sulla Terra della signora C.)