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Quando Pitagora spinse il proprio acuto speculare fino a teorizzare sulla perfetta armonia di suoni che accompagna l’universo sotto specie di aura melodica, evidentemente sprigionata dal motore che fa girare il megabindolo (o zenia che dir si voglia), commise l’imprudenza di non calcolare i turni propedeutici rispetto alla stessa elogiata armonia. Eppure poteva disporre di macroscopici esempi nell’alternarsi della luce col buio, nel bilanciare di ogni fenomeno geoastrale, nelle tendenze stagionali al freddo e al caldo, nei versanti terrestri delle alture, delle montagne, nella parabola di ogni vita che sorpassa la soglia della vecchiezza, nell’omo contrapposto all’etero, etc. In altre parole: in quel compensare i vuoti con altrettanti pieni, che mutando dal materiale al metafisico e fino al virtuale, definiamo contrappasso.
E lasceremo fuori quanto, in altro momento della storia delle nuove frontiere dell’ingegno umano, dirà Lavoisier: nulla si crea, nulla si distrugge. Legge fisica cui fa da pendant quella che enumera la esperienza umana, quando osserva come nella realtà della vita, tra Jekyill e Hyde, non esiste l’uomo interamente probo, né quello interamente malvagio.
Abbreviamo: Pitagora non ha messo nel conto i tempi di manutenzione del motore, delle cinghie di trasmissione per le eliche, da cui si sprigiona l’armonia. Stacchi durante i quali, fermo il motore, sospesa automaticamente l’armonia, l’ordine supremo di tutte le cose, leviatano vigile e infallibile, provvede a far continuare l’armonia col precettare tanti pifferai quanti ne occorrono per coprire l’effetto del vuoto, appunto, provocato dal fermo-propulsori. Ed ecco come tutto continua alla guisa del gioco delle staffette, l’armonia motore-eliche passa la mano all’effetto piffero.
Tutto bene? Solo apparentemente. Perché durante tutto il pregresso periodo dell’armonia la popolazione era cresciuta fino alla propria saturazione, mentre l’epoca dei pifferai si concluderà con l’azzeramento generale. I pifferai, infatti, hanno il doppio incarico di suonare il piffero del richiamo, convocare il popolo a seguirlo fino al baratro che inghiottirà tutti.
E si ripartirà daccapo, frattanto che motore, cinghie,eliche, saranno state rimesse a punto. A Pitagora, dunque, è sfuggita l’occasione di potere informare meglio i discepoli, dare loro qualche notizia sul diluvio universale, notizia che poteva essergli arrivata. Ed è passato a miglior vita senza aver conosciuto l’esperienza epocale del pifferaio killer-kamikaze.

 

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