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Louis Althusser individua nell’evoluzione del pensiero di Karl Marx l’anno 1845 quale turning point, e le Tesi su Feuerbach e L’ideologia tedesca (rispettivamente del 1845 e 1846) come le opere del cambiamento. Qui Marx riprende da Ludwig Feuerbach l’enfasi sulla naturalità dell’uomo, che compie un passo avanti rispetto a Hegel, ma afferma anche che Feuerbach stesso ha perso di vista la storicità dell’uomo, non si è accorto che più che natura, l’uomo è società, storia: secondo Marx e l’amico, nonché compagno di lotte, Friedrich Engels, l’individuo è reso tale dalla società storica in cui vive, e ogni discorso sull’uomo si risolve, allora, in un discorso sulla società e sulla storia. Questo è il vero punto di svolta: dalla problematica antropologica feuerbachiana si passa all’indagine storica e socio-economica. Ne L’ideologia tedesca, in particolare, si trova la forma compiuta di quel distacco da Feuerbach e dai giovani hegeliani che era progredito gradualmente nelle opere anteriori al ’45. Marx ed Engels adottano presto, infatti, un atteggiamento critico nei confronti di Hegel e della filosofia posteriore che ne calca le orme.

Il bersaglio polemico dell’intera Ideologia tedesca, nonché il punto di vista filosofico in contrapposizione al quale Marx ed Engels elaborano la propria “concezione materialistica della storia”, è dunque il pensiero dei giovani hegeliani, tra le cui file figurano Bruno Bauer, Max Stirner, e lo stesso Feuerbach, tre autori cui sono dedicate le tre parti in cui si divide l’opera e il cui pensiero nella sua generalità è definito, appunto, “ideologia tedesca”. L’errore fondamentale dei giovani hegeliani è di essersi sempre mantenuti nel ristretto perimetro della coscienza e della dimensione ideale, a “distanza di sicurezza” dalla realtà socio-politica e dalle sue contraddizioni reali, concrete. I giovani hegeliani, scrivono Marx ed Engels, condividono con i vecchi hegeliani la convinzione dell’egemonia della religione, del primato assoluto della religione, di cui tutto è considerato un epifenomeno, e per questo motivo Bauer e Stirner, membri della “Sacra famiglia” (secondo il titolo dell’opera marxiana del 1843), sono chiamati sarcasticamente, nell’Ideologia tedesca, “San Bruno” e “San Max”. Da qui la necessità per Marx ed Engels di elaborare una nuova scienza “reale”, “effettiva” della realtà e della storia, in grado di inserirsi nelle pieghe della concretezza storica e trasformare la realtà: la “concezione materialistica della storia”. Se l’“ideologia” dei Giovani hegeliani muove dal “cielo” delle idee e dei prodotti della coscienza assunti come una dimensione autonoma rispetto alla realtà, per rendere ragione della “terra” dei rapporti sociali e delle concrete determinazioni empiriche, la “concezione materialistica della storia” compie il tragitto inverso: muove dalla “terra” delle determinazioni concrete, del modo in cui gli individui producono e dei rapporti sociali effettivamente sussistenti, per poi salire al “cielo” delle determinazioni ideali e concettuali.

L’Ideologia tedesca, tuttavia, è un’opera intima, destinata dagli autori ad essi stessi, non ad un pubblico estraneo, e fu scritta proprio per riorganizzare il proprio pensiero e sottolineare la loro distanza dagli hegeliani, “giovani” e “vecchi”, loro contemporanei. La critica più interessante è quella a Feuerbach, nella prima parte dell’opera: infatti è proprio in queste pagine che si può scorgere una tra le prime formulazioni del materialismo storico, della lotta tra borghesi e proletari destinata a sfociare in una rivoluzione proletaria, e soprattutto del comunismo: un preludio ai grandi temi del Manifesto del partito comunista.

Quest’ultimo ha una genesi ben diversa dall’opera fino ad ora considerata: commissionato a Marx ed Engels dalla Lega dei Comunisti, e redatto tra dicembre 1847 e il gennaio 1848; è infine pubblicato il 21 Febbraio 1848. Si possono ben notare le diverse destinazioni e finalità delle due opere, pur nella loro grande affinità tematica: il Manifesto era infatti destinato ad un grande pubblico: ai proletari, tutti i proletari, come si evince dall’invocazione finale; agli altri comunisti europei; a tutte le coscienze che sarebbero state mosse dalla lettura dell’opera. Proprio per questo il Manifesto si presenta, stilisticamente, come un genere ben diverso da quello a cui appartiene l’Ideologia tedesca: esso è un’opera matura, decisa, concisa ma completa e sistematica; incisiva e ricca anche di accenti appassionati; tutte caratteristiche che, per la sua stessa natura, l’Ideologia tedesca non ha.

Di seguito sono comparati alcuni passi particolarmente significativi delle due opere in esame, per evidenziare il percorso che portò Marx ed Engels alla formulazione più completa ed esauriente dei principi dei comunisti tedeschi del XIX secolo.

È già forte, come evidenziato in precedenza, l’affermazione della concezione materialistica della storia e dei suoi processi e della centralità in essa delle rivoluzioni quali momenti di progresso nell’opera del 1846.

“Questa concezione della storia […] non deve cercare in ogni periodo una categoria, come la concezione idealistica della storia, ma resta salda costantemente sul terreno storico reale […] e giunge di conseguenza anche al risultato […] che non la critica, ma la rivoluzione è la forza motrice della storia” (Ideologia tedesca, pp. 29-30);

e tuttavia il Manifesto si spinge oltre, vedendo nelle lotte di classe che sfociano, appunto, in rivoluzione lo specifico motore della storia, come ben mostra il celebre incipit:

“La storia di ogni società sinora esistita è la storia delle lotte di classe […] oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto fra di loro […] una lotta che è sempre finita con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta” (Manifesto del partito comunista, pp. 5-6)

È dunque sottolineata in entrambe le opere la stretta relazione tra condizioni della vita umana e coscienza di classe, così come tra idee della classe dominante e ideologia generale della società:

“Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante.” (Ideologia tedesca, pp. 35).

Va evidenziato, nel Manifesto, un evidente cambio di tono, che diventa più appassionato e stringente:

“Ma evitate di polemizzare con noi giudicando l’abolizione della proprietà borghese a partire dalla vostre concezioni borghesi della libertà, della cultura, del diritto ecc. Le vostre idee sono anch’esse un prodotto dei rapporti borghesi di proprietà e di produzione” (Manifesto del partito comunista, pp. 30-31).

Una suddivisione della società in classi, quella dominante degli oppressori e quella degli oppressi, è evidenziata già nell’Ideologia tedesca:

“I proletari invece, per affermarsi personalmente, devono abolire la loro propria condizione di esistenza quale è stata fino ad oggi, che in pari tempo è la condizione di esistenza di tutta la società fino ad oggi, il lavoro.” (Ideologia tedesca, p. 57);

nel Manifesto tuttavia emerge con più forza come il proletariato sia nato in seno alla stessa borghesia industriale e sia la classe sociale veramente, definitivamente rivoluzionaria, e il suo ruolo salta in primo piano, sebbene, come già sottolineato, anche l’Ideologia tedesca individuasse nel proletariato una classe di riferimento:

“La nostra epoca, l’epoca della borghesia, si distingue però dalle altre per aver semplificato i conflitti di classe. L’intera società si va sempre più scindendo in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte l’una all’altra: borghesia e proletariato.” (Manifesto del partito comunista, pp. 6-7);

“La proprietà nella sua forma attuale si fonda sull’antagonismo fra capitale e lavoro salariato” (ivi, p. 27)

A proposito, infine, del comunismo, nell’Ideologia tedesca Marx ed Engels ribadiscono lo stretto rapporto tra comunismo e materialismo storico come suo presupposto:

“Il comunismo non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente.” (Ideologia tedesca, p. 25).

Nel Manifesto, il comunismo è, naturalmente, più risoluto, più sicuro:

“Si parla di idee che rivoluzionano un’intera società; con ciò si esprime soltanto il fatto che in seno alla vecchia società si sono formati gli elementi di una nuova, che con la dissoluzione delle vecchie condizioni di vita procede di pari passo la dissoluzione delle vecchie idee” (Manifesto del partito comunista, p. 34),

e infine la celebre invocazione ai proletari del mondo:

“Tremino pure le classi dominanti davanti a una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere fuorché le loro catene. E hanno un mondo da guadagnare. Proletari di tutti i paesi, unitevi!” (ivi, p. 57).

 

Niccolò Biondi

Serena Cannizzaro

Caterina Gramigni

 

Bibliografia di riferimento:

  1. Marx e F. Engels, Manifesto del partito comunista, Editori Laterza, Bari, 2012 (indicato anche con la sigla “MPC”)
  2. Marx e F. Engels, L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, 1967 (indicato anche con la sigla “IT”)

Louis Althusser, Per Marx, Mimesis Edizioni, 2008.