PRIMATO FEMMINILE DI UNA COLLABORATRICE DI LUNARIONUOVO
FLORA SOMMA È LA PRIMA DONNA IN EUROPA CHE HA TRADOTTO
I BLASONS (ELOGI DEL CORPO FEMMINILE) DEL CINQUECENTO FRANCESE
Geniale idea di Flora Somma questo Chansonnier di elogi delle femminilità, da lei tradotto dal francese di quattro e passa secoli fa. Una proposta letteraria che giunge luminosa e provocatoria, quindi particolarmente avvincente, in questo incedere del Terzo Millennio tra robot e magie elettroniche. Luminosa e provocatoria per il suo invito a sostare tra l’affabilità e il divertimento umanistico di scritture d’altri tempi e costumi, ma capace di conservare intatti lo smalto e la capacità di coinvolgere nelle evocazioni liriche, mirate a elogiare le grazie del corpo femminile, con l’aggiunta di apprezzare la moderna formula espressiva, che Flora Somma ha impresso alla sua attenta e partecipe versione italiana. (Cuore di dama – Canzoniere delle bellezze femminili, Prova d’Autore 2013.)
Ed ecco la opportunità per ricordare come alcuni tra gli autori degli originali blasons sono stati scelti dalla traduttrice consultando e confrontando due edizioni: quella francese del 1953, curata per Gallimard da A. M. Schmdt, e quella italiana, mondadoriana, del 1984, prefata e curata da Giovanni Raboni, arrichita da una nota di Aurelio Principato, con le traduzioni italiane dei poeti Maurizio Brusa, Maurizio Cucchi, Giovanni Giudici, Cesare Greppi, Valerio Magrelli, Cosimo Ortesta, Antonio Porta, Giovanni Raboni, Tiziano Rossi, Vittorio Sereni, Cesare Viviani. Orbene, a distanza di trenta anni dalla proposta mondadoriana, e ben quattrocentotrentotto dal 1535 (quando Clement Marot, poeta francese in esilio a Ferrara, inviava al Circolo dei suoi colleghi lionesi il suo pometto “Blason de beau tétin”, invio da cui sarebbe scaturita l’idea di un concorso di poeti, non solo francesi, per una raccolta di blasons, appunto, a elogio del corpo femminile), giunge l’iniziativa di Prova d’Autore, pronta a valorizzare e proporre il nuovo e prezioso lavoro della giovane esordiente Flora Somma, che ha operato una sua personalissima scelta di blasons, ordinandone la sequenza a mo’ di “medaglioni” che, in questo libro, sono divenute melodiche partiture per un concerto di bellezze proprie del femminile.
Risparmieremo qui ai lettori alcuni rilievi, che l’esito della geniale realizzazione di Flora Somma ci offre, cioè l’esaltare qusta versione italiana che, per quanto ci risulta, segna il primato europeo, di una giovanissima donna infervorata e impegnata a far condividere i valori di eterna attualità di una scelta di scritture liriche cinquecentesche, tra pubblico di lettori e cultori della letteratura di altri tempi. E rispamieremo altresì l’appulcrare sulle esclusioni che, nel passato, le imprese editoriali hanno preferito operare, al momento di accettare la partecipazione femminile a lavori di traduzione dei blasons dedicati al corpo femminile. Alibi sul voler favorire e esaltare la unilateralità delle lodi, evitando quello che, con locuzione socio-politica di oggi, viene definito “conflitto di interessi?” O lapsus di malcelato maschilismo in letteratura? Risparmiamo lo stimolare polemiche, perché non muove da tali punti di vista la presentazione di questo singolare Canzoniere, dal quale Flora Somma, evidentemente, lancia segnali ulteriori alla sua stessa pregevole impresa culturale. Sottile metafora la sua idea, che di là dal suo potersi riferire a una simbolica riappropriazione di quanto è di esclusiva pertinenza femminile, può essere gesto di rivendicare alla letteratura stessa, e a chi la pratica negli anni delle mutazioni civili, l’esorcizzare definitivamente pregiudizi storici del genere che tuttavia insiste, proveniente da residui anacronistici nella stessa civiltà aurorale del Terzo Millennio. Una occasione colorata di insospettabili valori spontanei, tanto più incisivi perché non apertamente commentati, ma da Flora Somma rivivificati con delicata discrezione nell’implicito intento culturale della sua geniale realizzazione.
Mancanti o scarne e spesso incerte le notizie biobibliografiche sugli autori dei blasons, peraltro qui confortate dalla presenza di un Anonimo, quasi a rafforzare la rassegnazione alla desistenza nei ricercatori di improbabili particolari. Un curioso esempio è quello di Maclou de la Haye, di cui alle diverse notizie frammentarie su suoi viaggi, anche in Italia, pare non si sia tuttavia riusciti a conoscere per certa che la data,(1553) di un suo libro, di cui è riprodotta l’immagine della copertina con titolo e didascalia. Per gli altri, di cui Flora Somma ha selezionato blasons, ci limitiamo qui a indicare le date di nascita e di morte, e di qualcuno i luoghi relativi: VICTOR BRODEAU (1500 – 1540); CLAUDE CHAPPUYS (1500 – 1575); EUSTORG DE BEAULIEU (Lione, 1495- 8 gennaio1552; MELLIN DE SAINT-GELAIS (Angouleme 1491 – Parigi 1558; JAN DE VAUZELLES (Chateau Terry, 8 luglio 1621 – 13 aprile 1695; ALBERT LE GRAND (?), MAURICE SCÈVE (Lione 1501 – 1564).