La Stimmung imperfetta con Carlo Emilio Gadda
sulla certezza
III. Certezza
Una grossa formica, che vada sempre e sempre, ed entri nel suo magazzino e ne esca, con un pensiero sempre al lavoro e con un tremendo bruscolo stretto fra i due filuzzi delle branche nervose: il mio contadino indaffarato si moveva dal podere alla casa.
Teneva una fascina e l’ammontonava e poi riusciva con una secchia e la vuotava e poi èccolo con un arnese di nuovo al campo e poi ritorna con una cavagna e la posa. Poi deve battere, poi deve intrecciare.
Poi deve cogliere, poi deve adacquare; poi legare, poi spargere, poi ammucchiare. Poi rivoltare, poi attingere, poi impastoiare: poi, con quel pastone, recare anche becchime; poi mungere, poi chiudere, poi trasportare.
E porta e trasporta, la giornata gli si consuma.
I suoni del giorno hanno fatto la loro apparizione e hanno ripetuto com’è la commedia.
Neppur li ha sentiti.
Le voci del giorno hanno cantato contro una passione. Non n’è più nulla.
E’ solo, sudato.
Solo il suono dell’ora è rituale nel suo celebrare. Viene dalla vecchia torre, come un vecchio ed eterno pensiero.
Quando l’ombra sfiora le grigie torri, è perché la notte si china sui casolari. Allora non ci si vede più, nel mucchio del da fare: allora bisogna intermettere.
[da: Carlo Emilio Gadda, Studi imperfetti, © 1931, in: Idem, La Madonna dei Filosofi, Einaudi, Torino 1955]
Jean-François Millet, L’ Angelus, [1857-9, Musée d’Orsay, Paris] che rimanda senza alcun dubbio, da un lato, a «Gala e l’Angelus di Millet precedono l’arrivo delle anamorfosi coniche»(1933) di Salvador Dalì e al suo studio imperfetto di critica paranoica Le Mythe Tragique de l’Angélus de Millet, éditions Pauvert, 1963.