Aleksandr Sergeevič Kočetkov (Mosca, 12 Maggio 1900 – 1 Maggio 1953) fu poeta, drammaturgo e traduttore sovietico. Cominciò a scrivere presto, a soli quattordici anni, e continuò per tutta la vita, sebbene il suo nome fosse maggiormente ricordato per la traduzione di autori quali Hafiz, Anvari, Farrukhi Sistani, Schiller, Corneille, Béranger, Racine e molti altri.
Tra le opere di Kočetkov le più importanti sono un dramma in versi sulla figura di Niccolò Copernico (Nikolaj Kopernik) e due pièces in un atto unico, anch’esse dedicate a grandi personaggi: Golova Gomera (La testa di Omero) su Rembrandt e Adelaida Grabbe su Beethoven.
Nel 1985 i suoi versi furono raccolti nel volume S ljubimymi ne rasstavajtes’! (Dagli amati non separatevi!), titolo tratto da un verso della poesia Balada o prokurennom vagone (Ballata del vagone permeato di fumo), resa celebre dopo essere stata inserita come testo di una canzone nel film di El’dar Rjazanov Ironija sud’by, ili C legkim parom! (L’ironia del destino, ovvero Buon bagno!, 1975), commedia che in Russia, fin dalla sua prima apparizione, per tradizione viene ritrasmessa ogni anno il 31 Dicembre e quindi legata nell’immaginario collettivo al clima delle feste e al Capodanno.
La poesia che segue, anch’essa tratta dalla raccolta menzionata, è forse meno conosciuta, ma sicuramente altrettanto suggestiva. Qui protagonista diventa il poeta, che ha la possibilità di perpetuare la poesia russa, tracciando lievemente, nel silenzio senza tempo delle pareti domestiche, dei segni che prendono forma e diventano parole.
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Il poeta
Tra le nude mura infestate dalle cimici,
della morte e della passione da tempo diffidando,
c’è un poeta che fissa la finestra
e stancamente interroga il ricordo.
Giù il corso con le luci e le folle,
qui le creste dei tetti, tutto deserto e buio,
nel calice vuoto è scintillato il vino.
A passi timidi si levano le stelle.
La penna egli immerge nella boccetta
per mescolare l’acqua addensatasi,
e una linea leggera, scivolando su una riga,
con le macchie d’inchiostro ad arabesco,
si distende sul foglio. Vive la poesia russa
finché dalle macchie d’inchiostro nascono parole.
(Traduzione a cura di Flavia Riolo)