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© Mauro Alberti, Telo rosso

 

“Palmo a palmo

Cuciremo l’inverno insieme ad una sola pelle.

Correremo sciolte dentro la neve sciolta,

per bocche e fiocchi d’amore.

Sangue per vene fredde,

e poi occhi per estranei,

sempre sul ciglio della notte”.

 

“Fuoco al Fuoco,

per quattro virgole e una fiamma,

ho venduto l’Amore e ne ho fatto un capolavoro.”

 

“Sfiorami pensiero,

in un cammino disseminato sta il tuo fiato ambrato,

un’ombra vicina alla pelle e forse in un bacio rubato.

Se il dado è tratto lungo il sentiero,

solo tu,

tormento,

sarai un figlio rinnegato.”

 

“Se non fosse il caso di disegnare arcobaleni sulla schiena della pioggia,

mi chiedo.

Annusando l’asfalto steso su dicembre.

Se non fosse l’ora di sbrinare l’anima con un soffio,

farmi roteare,

e poi picchiare parole per aria,

forse gridare.”

“Ah! La matina fina s’arrusbigghia pi cui scava la fossa,

e pi cui lu friddu è n’cuteddu drinta l’ossa.

Hai lu mantu niuru ri fimmina siddiata,

sposa curnuta, vastasa, e mazziata.

Hai lu ciautu friddu e finu,

fimminuna cu lu capu chinu.

Sbigghiti  pi lu cori de to’ figghi,

Catania buttana,

maronna ianca sulu n’de cuttigghi.”

 

“Potessi chiamarmi tempesta,

scagliarmi,

un dardo e un vento tra le nuvole,

sentirmi  scheggia e sfaldarmi in fianco di carne.

Correre e sentirmi mantello,

una luce nera,

una fine che non si avvera.”

 

“Una fiamma alla destra del padre,

per scivolare tra le gambe nuda,

per quei lembi levigati,

leccati,

in alto lacerati.

E siamo corpi e ombre di nessuno.

L’inferno in terra lo si paga con l’anima,

per un giro su un letto stracciato,

con un Caronte fantasma,

scialuppa di sesso sporca senza speranza.”

 

“Ma io sono innamorata dell’assenza,

attraverso la mia gente con un ago appuntito di parola-madre-maria-vergine-

e mai santa,

come una tela di seta rossa,

voluttuosa,

come una donna all’angolo della sua bocca.”

 

“Coloro che mi imputano impudicizia letteraria

Dovrebbero sfondarsi di buona poesia e rendersi imbecilli di peccato.”

 

“E mi cinsero il crine d’alloro bianco,
come una vergine nell’ora di neve.
E boccheggiarono,
fumando i miei verbi,
con l’acqua poco santa del battesimo di pioggia.
E mi strinsero in petto,
le mani pietose…
quelle della preghiera lamentosa,
dei polsi serrati con spine,
In ginocchio,
affamate di perdono per i miei tormenti.”

(Composta il giorno seguente la presentazione di Pyro, 1 febbraio 2012)

 

“Ma chiamami, carta.
Non vedi il sangue nero che cerca le tue righe invisibili?
Mi chiesero tormento,
ed io trafissi la bugia vellutata di coltelli neri.
Ma tu, carta,
tu la sola a contenermi in quattro angoli di cenere.
Perchè anche tu strappata,
poi ricucita,
mio specchio bianco,
poi frantumata.
Tu non vedi e non gridi,
scivoli ripiegata,
di spergiuro bagnata,
tra l’indice e il palmo della mano
insanguinata.”

 

“Alcune donne sono disidratate solo nell’anima,
e mai tra le gambe.”

 

“Io mi fermo al sipario,
rosso della fine.
Al plauso silente dell’addio,
per chi fu eroe del mio atto infinito,
oltragioso e folle..
Perchè per follìa io stesi su di me l’inferno con le tue mani,
e anche il mondo,
maschere di cera, si sciolse in pianto.
E’ tempo di spogliare il canto.”

 

“Perchè tu venga a circondarmi le mani,
servirà una primavera e un deserto.
Se tu fossi una prigione,
digiunerei con la speranza marchiata sul cuore.
Dammi catene e tanti, molti giorni da inventare.”

 

“Ma poveri verbi miei,
figli di una madre sterile,
annidata alla parola che non caccia altro che blasfemia.
E le congiunzioni,
ad unire baci senza fine e sospiri troppo brevi per tessere la tela dell’amore.
Ed ogni verso sia un lembo stracciato di me,
se per ogni notte io potessi essere una Penelope ubriaca di poesia.”

 

“Queste scale di fumo,
vortici di seta vuota intorno a me,
a vestire un mondo che non si ama,
che sporco e nudo grida nota in sillabe svenate.
Ed archi a stringere in catene l’anima rossa,
per sempre solitudine vorrei,
per toccare i miei diamanti neri e imperlati di sudore.”

 

“La mia corsa furiosa
verso il tuo petto,
ha il solco pesante di un’orfana d’amore.
Sei una scia lunga di crine nero,
odore di magnolia,
io che grido alla tua schiena nuda,
tela bianca su cui non allungo il mio respiro.”

 

“La polvere che scivola dalla parola,
toccata dal tempo,
erosa di solitudine giace sul mio palmo,
lacrima imbevuta di nuvola ritagliata di grigio.
Dimmi tu,
odore di poesia,
quale crimine hai commesso,
quanti indici tesi,
stesi sul dubbio,
sui tuoi punti interrogativi..
Ma se canti cenere,
morta non sei per il canto dei miei sospiri.”

 

“Non peso il mio corpo.
Non parlo la mia voce.
Non chiudo i miei occhi, se non per vedere la mia ombra bianca.
Mi rinnego e poi mi riscrivo,
nome e cognome,
naso, bocca, narice, labbra, faccia, rigo.
M’invento e poi mi strappo.
Mi sento sorda,
ubriaca, liscia, sgasata.
Non tocco aria per i miei piedi,
non mangio carne senza la sua pelle.
Viva deformata o immaginata.
Forse,
mai nata.”

 

“Lancetta puntata in petto,

baionetta del tempo tu sei,

troppo corta per inseguirmi,

io che sono frettolosa e cieca.

Se mi perdi con un battito,

che sia di un ciglio o di un incubo,

per l’infinito puntato al risveglio,

per l’ora buca senza ticchettìo,

sono io il tuo istante che non esiste.”

“Io non so che aprirmi luce dopo luce,

schiudermi piccola in petali di niente,

io sono in un fior di campo e cinque lettere appassite:

Erica.”

 

“Possa io non ferire la tua
lettera blu,
iride femmina,
anima sottile e fiera.
Tu,amplesso di silenzio,
possa io tracciarti senza
violentare viso,
ma, soltanto,
quella parte di cose che,
di te,
tutto può essere.
Possa io,in punta di
sillaba e peccato,
cantare un tumulto,
completo di senso e
sguardo.
Vieni a coprirmi.
Il mio cerchio chiude
piccole braccia
intorno alla tua vita.”

 

“La nudità del verbo che vesto,
ha ombra alta e tagliente.
Non so corrompere il sole con una bugia.
So sedermi al tuo fianco,
riuscire a tracciarti nell’aria,
riuscire a farmi scivolare.
Ferma l’iride, ferma la mano…
Il mondo è dentro un respiro.”

 

“Cose che non si chiedono al cielo

Se ne stanno a dormire nelle tasche del cuore,

fanno l’altalena,

su e giù per le mani,

volteggiando su due corde di silenzio,

che a spezzarsi

non pensano alla tenebra che

mi farà da mantello.”

 

“Tu non sai che ho in me sorriso e pianto,

che posso intingere goccia e lacrima di un sol tocco imbrunito,

che sia per occhi sprofondato,

che sia un sogno di spine intrecciato.

Ma vedi,

è per te…

Che sei piuma,

che vesto di seta e

raccolgo vento e amore per i tuoi fiori lontani.”

 

“Distrutta così nei polsi,

che i battiti sinuosi mi chiamano per cuore e martirio.

Cadere così furente ma senza morte,

è sempre così il baratro dell’abitudine,

l’agonia di un dirupo e di un silenzio.”

 

“Ma la colpa furiosa del vento di essere libero,

è la mia d’esser libera tra i suoi spifferi leggeri,

Ed io pesante,

corpo gravoso di mille e una notte,

chiara,

polverosa brina esausta,

che oso entrare in una stella,

e uscirne luce.”

 

“Da dove nasci tu,

fumata bianca,

per sempre sospesa e incerta,

Tu crei attimo e vita,

e non sai fermarti al mio respiro.”

 

“Vedi…

Io sono tenue come la foglia di un settembre che ritorna.

Sempre verde dentro,

stelo eretto in ventiquattro inverni bianchi,

anni diventati seta.

E se al caldo torrido tu mi cerchi,

sono fragile sotto il passo del dolore.

Vedi, amore,

io tremo di passione e sono fatta di un mondo sottile,

sono nata senza nome,

soltanto per l’aria m’incurvo e da un ramo sono caduta

dentro un abbraccio.”

 

“Con il mondo in testa,

confino con la sfumatura grigia del senso perduto.

Sono impercettibile,

dentro i suoni della sera,

raccomando alla luna di vestirsi di pallori migliori delle mie albe tiepide,

di nascondersi a far l’amore con Venere.

Riconoscerei la sua elsa argentea impugnare i miei incubi,

mentre danza con ventotto tramonti e un eclisse,

magie che non si scrivono in almanacchi d’inchiostro.

Dove nascono i versi più chiari,

se non dentro una luce,

baratto del silenzio?

 

“I poeti sono nella notte”,

e con loro si canta la vita per virtù di cose sottratte al sole.”

 

“Mi scuoto invisibile,

ciondolando sulla scivola della mano venosa,

pugno chiuso in aria,

picchiando numeri primi.

Un dado per questa sorte infame,

cado sulla faccia puntinata di probabilità che l’amore

sia un gioco che non so azzardare,

senza vincere l’inganno di un tiro più forte nel cuore.”

 

“Il silenzio è un giglio bianco,

se ne cade un petalo su una lacrima nera,

ne fiorisce un canto di spine.

Sfiorite le parole,

solo una mano in tasca trarrà per te

il seme secco dell’amore a primavera.

Scavami in autunno,

fa presto,

che a fecondarmi verrà il tuo verbo,

e sarà un figlio forte di poesia.”

 

“Zuppo cuore blu,
se mi stringi un pò più tra le gambe tiro fuori orgasmi e figli senza nome.
Figli prodighi del piacere abbandonati tra vestiti sudici di sesso prepagato ad ore.
Io che ti ho lasciato su un lenzuolo gonfio di sudore,
sudario bastardo dell’anima,
che a traforami è stato un nome,
uno soltanto e forse mille bocche piene di veleno.”

 

“Ti chiedo per quante parti e grida si spezzi un abbraccio,
dove sono nascosti gli attimi,
fili di ferro sottesi nella notte,
che a reggere il mondo dentro i baci non basteranno mai tutte le tue bugie.
Ora dimmi, amore,
quante porte mancano al tuo cuore,
con quali fiamme dovrei armare la penna e sfoderare uno scudo bianco,
perchè un foglio non ripara la mia vita dalla guerra dentro le nostri mani,
perchè la tua bocca,
nido di fiele,
non sia mai sazia di tutte le mie parole spade,
perchè le mie ginocchia siano slegate dalle tue,
come se non avessero mai avuto il mio peso,
cemento armato dentro il tuo petto.”

 

“Dissociandomi.
Scomponendo il silenzio e diventandone tutto il suo brusìo,
mandando in avanscoperta ogni mio dolore, lontano e lento.
E taci.
E a ritrovarmi suoi tuoi granelli, tutti figli d’Apollo di cui ti sola sei dea dorata, basterebbe un mio segno
e un mio distratto socchiudermi nel mondo.
Ma tu,
taci.”

 

“E’ pegno dorato dei sopravvissuti d’amore,
quello di rimanere a contemplarne solo il bagliore.”

 

“La mia linea di confine tra me e il tuo petto è un arco sotteso al cielo,
e per mille frecce imperlate di stelle mi strofino contro l’aria, purchè non ti tocchi e non sfilacci le tue mani,
due pozzanghere di bianco silenzio.
Scagliarmi senza peso sui tuoi nei è una pena che la mia penna può soffrire.
Io sono senza forma ma vago come un peso greve su ogni tua parola di vento.
E al primo sapore dell’inverno, per una scia di notte blu, aprirò varchi di rugiada, per farmi sentiero e neve tra le tue dita.”

 

“Tutti sti mali puitazzi, spacinatti e bistuti ri strazzi,
cantunu palori aiuti e difficurtusi,
fanu rimi cu l’occhi ri chiddi amurusi.
Appoi nun sanu mancu comu manciari,
comu fanu a campari,
sulu cun libru supra i rinocchia,
e na fimmina ca nun si fa mancu vasari.”

 

“Cu nasci tunnu nun pò moriri quatratu,
mi lassasti senza cori, senza figghi e senza sciatu.
A mmia mi resunu mpiezzu ri carta pi cantari l’amuri dannatu,
tu ti vutasti ri latu,
mi ricististi ca o tò pettu pi mmia è n’postu arraggiatu,
e mi lassasti cu n’chiovu appisa a na cruci e menza a na strata a chianciri cu l’occhi ca m’hai strazzatu.”

 

“Ti rassi tanti ri chiddi lignati a manu china,
ca nun t’avissita riurdari mancu comu ti chiami e quantu si bedda e fina.
Tanti ri chiddi muzzucuna,
ca pi cammarimi nun avastassuno tutti tò vasuna.
Mi rasti chi piniari,
ca notti e gghiornu non si ponu chiu cuntari.
Ah! chi fimmina vastasa ca ma batta nda stu cori,
ucca allupata e sbirgugniata ca pi sfamalla nun ci su paroli.”

 

“Me patri è n’omu ca scorcia,
can un si pinna e nun si torcia.
Se ti ricia menza parola supecchiu,
addrizza aricchi,
pircchì tu si nica e t’ha bardari lu pettu.
Me patri è picciriddu ri stazza,
ma iu sugnu capricciusa e ruffianazza,
e u sacciu ca puozzo rormiri ancora menza e so vrazza.”

 

“Tu non conoscerai le mie ferite fin quando io avrò lame da tirar via dalle mie mani,
due palmi di bambina che gioca ad eroe del niente roteante,
due braccia frantumate che strisciano lungo fianchi,
due colonne bianche e sottili,
due fili di ragnatela,
trappola di carne tra te e le mie mura di nero tormento.
La tua è un’elsa fasciata di verde lucido smeraldo,
e il tuo scoccare fa del tempo una muta condanna.
Tu non avrai che di me un solco, una parola e una cicatrice,
e quando levigandomi ruvida troverai vena pulsante,
sarò sangue e polvere da soffiare via.”

 

“C’è una vita intera tra me e i tuoi respiri,
ci passa farfugliando un sospiro,
un bacio e molte notti.
C’è un amore indifeso che sa d’amore,
ci passiamo in mezzo per mano,
stretti a raccontare un segreto,
tra le dita che riconosci sul viso,
c’è una lacrima da raccogliere.”

 

© Mauro Alberti, Telo rosso
© Mauro Alberti, Telo rosso