Al momento stai visualizzando La bistenta

 

L’attualità è talmente ossimoro della letteratura da poter essere proposta come punto di riferimento mobile, itinerante, deperibile rispetto all’atemporale e magica fissità della letteratura, nella quale un fenomeno contingente e transitorio viene assunto con aspetti universalmente e perennemente attuali e definitori di esperienze, saggezze, affabilità d’intrattenimento per i lettori, etc.. Un caso recente di attualità, degno di assurgere a fasti di buona letteratura, potrebbe essere stata l’iniziativa, al limite con la costituzionalità, del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che a fronte delle difficoltà incontrate dall’onorevole Luigi Bersani nel giro di consultazioni per formare il nuovo governo ha, motu propriu, nominato una commissione di saggi, incaricandoli di formulare proposte adatte a risolvere lo stallo seguito agli squilibrati esiti elettorali, tali da non agevolare il mettere insieme qualche solida maggioranza a sostegno di un nuovo governo.
Poiché Lunarionuovo non ha pretese di coloriture politiche militanti, sarebbe fiero pasto per i suoi lettori un piatto freddo basato su berlusconate di andata e ritorno o grillismi da stoppie incenerite. Ecco perché questa divagazione sull’attualità socio-politica italiana, tende a recuperare la via della letteratura ricorrendo all’unico (ci sembra) significante appropriato alla contingenza politica prima evidenziata. Un significante che si cercherebbe invano di rintracciare nei dizionari, salvo a cambiarlo di genere: bistento e non bistenta. Quest’ultimo lemma infatti è stato coniato da Fortunato Pasqualino, scrittore siciliano nato a Butera (Cl) nel 1923, deceduto a Roma nel 2008. Pasqualino, che dopo la pubblicazione di saggi filosofici, aveva esordito nella narrativa con due romanzi in due anni (1964 e ’65),uno a sfondo autobiografico, “Mio padre Adamo”, altro intitolato “La bistenta”, metafora di una consuetudine che ha per frequenti vittime i bambini tutte le volte che i genitori, dovendo fruire di qualche ora della propria privacy, ricorrono all’espediente della bistenta, che il siciliano denomina con palese rivelazione di significato, “trattinitimi” (intrattenetemi).
La pratica della bistenta è dunque fondata sull’inganno all’innocenza, infatti consiste nell’affidare all’infante un messaggio, che sarà definito segreto e importante. Il bambino dovrà dire (alla nonna, alla zia o alla vicina di casa), che la mamma ha bisogno di una certa quantità di “trattenimento”. La missione è talmente importante da imporre che venga affidata sussurrando la parola magica all’orecchio della creatura ambasciatrice, raccomandando a questa di fare altrettanto al momento di portare a buon fine il delicatissimo compito.
A proposito del romanzo di Pasqualino ci è di conforto il poter riportare un esplicativo brano della recensione pubblicata da L’Osservatore romano del 12 marzo 1964, alla quale rinviamo i lettori interessati: “(…) Per Feliciano, il protagonista di questo romanzo vigoroso e originalissimo, bistenta è dunque sinonimo di illusione e di inganno. Ma nella vita, come si sa, anche un inganno e una illusione possono condurre alla scoperta di tesori e fortune impreviste. Ed ecco come, dall’incontro con il dolore e la malinconia del mondo, Feliciano uscirà con l’animo rinsaldato e con la coscienza d’una missione da assolvere, per il bene suo e del suo prossimo (…)”
Quella dei tesori e delle fortune che possono scaturire da una bistenta è, invero, la morale che propone il testamento del padre di Saul, quando lascia al figlio la dote di alcune asine da recuperare.
Saul parte alla ricerca delle asine e grazie a tale impegno scopre i tesori delle proprietà del padre e tutte le potenziali capacità di redditi che ne sono implicite. Il lascito delle asine da andare a recuperare era il pretesto per fare scoprire all’erede la estensione dei possedimenti paterni ereditati.
La bistenta non promette eredità di asine che faranno scoprire ricchezze, tutt’altro, cela addirittura un inganno che viene edulcorato nel momento di far credere alla vittima che il compito affidatogli sia di grande importanza, tale da innalzarne responsabilità e prestigio a livello di quello dei “grandi”.
Il bambino non capirà perché i destinatari della sua ambasciata, importantissima e segreta, lo costringano a oziare irrequieto e ansioso per ore, in attesa della consegna di quanto portare alla madre, che lui immagina preoccupata per il ritardo, non sa che proprio da quell’attesa, da quella sua innocente obbedienza a un inganno, aveva procurato un qualche bene al mandante, ai mandanti della bistenta.

 

I_SAGGI
© Khamard, 2013