IL TRACIMARE DI INOPPORTUNI EPICEDI

 

 

Mors omnia solvit, lsciarono scritto i giuristi latini. E tenendo conto del significato del verbo solvere (sciogliere) che Cesare (debitum solvere) e Cicerone (Solvendo esse) hanno usato col significato di pagare, estinguere un debito, tutto appare più chiaro. Lo “scioglie da ogni vincolo” della prima locuzione si addice e s’appropria meglio ai casi in cui la liberazione totale viene lasciata a carico della maestà della morte. Andatelo a spiegare ai parenti e agli amici dello storico funerale di Carminati, quella volta a Roma. Ma nemmeno l’intellettualità più avvertita, propria dei responsabili delle comunicazione dei nostri giorni, sembra dimostrasi propensa a qualche meditazione appropriata alla opportunità di affidare al silenzio il migliore saluto per chi è partito per non tornare più.

Ci ripensavo seguendo una trasmissione televisiva quotidiana di prima metà giornata e  di buon livello, nel corso della quale, isteriche e scomposte reazioni verbali del pur intelligentissimo Sgarbi hanno finito col far sbilanciare la stessa prontezza imparziale della brava professionista conduttrice. Quelli di Sgarbi, addirittura potevano essere scambiati per   messaggi unidirezionali, da chi non fosse abituato alle intemperie retoriche urlate dall’indomabile maestro storico dell’arte malprestato alla politica.

L’oggetto? Ma sì, un tributo d’epicedi d’occasione per la morte di Totò Riina. Ora può sembrare pretestuoso, ma uno si chiede se proprio sia necessario aprire capitoli spinosi e fetidi come lo è quello del caso Riina. Rivangare e rinnovare vergogne (e tragedie) non tanto a carico di chi adesso se ne è andato, e andandosene ha pagato tutto e tutti, ma per sciorinare il ludibrio di circostanze politiche (anzitutto) governative, istituzionali a tutti i livelli, perché non c’è spazio che la mafia concede misericordiosamente di lasciare privo del proprio controllo. Ed ecco la miseria delle citazioni di nomi di istituzioni parlamentari, ecco qualche cognome superlativo, di cui discrezione suggerirebbe tacere, fosse solo per una questione di buon gusto.

No, non è stato edificante tutto questo revival sul trapassato Totò Riina. Il proverbio come esperienza inconfutabile ricorda a tutti che mai c’è stato funerale senza sorrisi né matrimonio senza pianti. Leggiamolo come di nostra estemporanea preferenza questo detto della sapienza popolare antica, ma proclamiamo lecito che ciascuno possa vivere con se stesso le proprie emozioni profonde, senza operare maldestramente a indirizzare verso qualche verità abbagliante,  che ci fa trascurare il particolare ineludibile che non sono i morti che bisognerà temere, ma i vivi.

Mario Grasso

Ha pubblicato libri di poesia, narrativa e saggistica, ha fondato e dirige Lunarionuovo, è direttore letterario di Prova d’Autore nel cui sito (www.provadautore.it) pubblica un suo EBDOMADARIO (lettere a personalità e personaggi); dal 1992 collabora al quotidiano La Sicilia con la rubrica settimanale “Vocabolario”, i cui scritti sono stati raccolti nel Saggilemmario, di recente pubblicazione. Nato a Acireale, ha residenza anagrafica a Catania; viaggia spesso per il mondo. Il sito personale dello scrittore è www.mariograssoscrittore.it