Al momento stai visualizzando Il gioco a nascondere di Giulia Sottile (ovvero, all’insegna della vita)

PanePoesia è il titolo di una antologia di poeti alla cui lettura mi sono testé deliziata. Uno scrigno letterario arrivato nelle librerie da soli due giorni, quindi ancora fresco di inchiostri e fragrante di colla da legatoria, una occasione singolare per i sibariti del gusto letterario, alla cui cura si è dedicato un maestro di letteratura, studioso di lungo corso e di chiara fama, anche lui poeta, Vincenzo Guarracino di Como. Definirei sorprendente la scelta che in questa antologia è stata accolta di poeti italiani. Una scelta che imbarazza al momento di dover citare solo pochi nomi per esemplificare, animata com’è da Autori tutti di prima fila, da Valerio Magrelli a Tomaso Kemeny, da Mario Grasso a Donatella Bisutti, Vivian Lamarque, Giulia Niccolai, Angelo Maugeri, Dante Marianacci… per nominare i primi che vengono alla mia memoria, una luminosa kermesse nazionale che include solo qualche sceltissima voce nuova. E può essere significativo che una di queste voci nuove è siciliana, è la più giovane ed è esordiente. É la catanese Giulia Sottile, già nota tanto per le sue ricerche saggistiche, esito di approfondimenti scientifici settoriali (è laureata in scienze e tecniche psicologiche), quanto per la costante presenza pubblicistica di suoi interventi analitico-critici sul quotidiano La Sicilia, e su Lunarionuovo e Ebdomadario. Dopo la narrativa di Albero di mele, Xocò-atl e il saggio di ricerca scientifica su Il fallimento adottivo, Giulia Sottile, come chi torna per un momento sui propri passi, perché transitando davanti alla porta di casa di una cara amica, aveva trascurato di salutarla e abbracciarla, ha voluto rispondere a una sua forte componente interiore, dote naturale cresciuta con gli intensi studi, le più scelte letture, la sana fantasia creativa e l’ansia di una ricerca in “linea di moto perpetuo di apprendimento e perfezionamento”. Detto questo a mo’ di premessa, si potrebbe lasciare il sospetto di avere preteso di collocare l’Autrice di Nives Levan due 001Per non scavalcare il cielo (Prova d’Autore, 2016) tra i poeti noti, ma senza avere, con adeguate connotazioni identificatrici e analitico-critiche, dimostrato qualità e meriti della ricerca letteraria che la caratterizza e distingue. Ricerca delicata e pura questa di Giulia Sottile, come sorgente spontanea di acque filtrate da rocce secolari e incontaminate. Perché la poesie di questa silloge sono anzitutto esito di un canto seriamente personalizzato, pur nelle sue proposte di valore universale, un canto scevro da influssi, al punto da costituire uno stile espressivo in linea fondente-fondante con il “Giovanile Duemila”. Non c’è un sol verso in tutto questo denso e coerente Nastro di Moebius, su cui si possa ricorrere a somiglianze di struttura, contenuti o spiccante linea letteraria. Ho scomodato la memoria di August Ferdinand Moebius, l’astronomo e matematico tedesco di due secoli fa, perché fu quello che ipotizzò gli interspazi superiori alle tre dimensioni. E perché è arcinoto il suo Nastro di Moebius, appunto, figura geometrica , come tutti sappiamo, a una sola faccia percorribile all’infinito nella sua totalità, senza traversare né il contorno né la superficie. Un riflessione che mi viene dalla intuizione che ho ricavato incontrando, tempo fa, per la prima volta Giulia Sottile, in occasione di un evento letterario che presentammo insieme a Palermo, a Palazzo Branciforte. Giulia è una personalità sui generis nel senso più esclusivo della frase, e non solo per la precocità e le istanze anticipatrici che persegue o per le cariche che già ricopre (presidente del Gruppo Convergenze Intellettuali e Artistiche Italiane, condirettore di Lunarionuovo, terzapaginista di quotidiani), ma proprio per qualcosa della sua personalità che la fa subito classificare animatrice del moto perpetuo come pronunciano i suoi occhi perforanti in contrasto con la parsimonia del suo parlare. Taciturna come tutte le persone che colgono a volo ogni significato proposto dagli interlocutori, ma riflettono a lungo prima di pronunciarsi. Ed ecco l’orgoglio della prefatrice nel poter iniziare con un rapido approccio alla incisiva fraseologia poetica di Giulia Sottile, citando a caso e a memoria da questo tesoretto letterario paludato da un incedere espressivo umile, proprio del colloquiare quotidiano come vita, ma basterà analizzare con perizia e da vicino per scoprire come nell’abito apparentemente semplice e umile di Per non scavalcare il cielosiano di oro zecchino tutte le intramature. Ed ecco una carrellata a volo di rondine sulle prime trenta pagine di questa silloge. Locuzioni come flashes, affinché il lettore possa, anticipatamente, farsi un’idea definitiva di quanto io stessa verrò qui ancora dichiarando con responsabilità impegnativa. “Tra l’erba alta crescono colombe” (Colombe pensieri); “Merli appuntiti steccato / per non scavalcare il cielo” (Lo sguardo del mistero, <da cui è stato ricavato il tiolo dell’intera silloge> che m); “Scrollerei / insetti e fango /fiondando razzi” (Scrollerei); “Il mio corpo si sposta (…) zingaro in conflitto con le umane contraddizioni” (Pace); “Emerge dal profondo / la sete disperata di parole” (Sciarada); “Cerca di insegnare / in uno schiaffo quanti sono i baci “ (Voce); “Il ponte cede / sotto il peso della leggerezza” (Parole di Luce); “Forse ha sbagliato sala / questo non è un cartone / con stelle ballerine” (Luna sdraiata); “Solo l’anta aperta / e un po’ d’aria fresca” (Aria); “Torce non funzionano / in fondo al mare” (Profondo abisso); “Il vetro della mia voce / trasforma spilli in monetine” (Canto di pioggia). Sarebbe superfluo aggiungere chiose a un trionfo di creatività semantico-lessicale, quanta e quale ne dimostrano questi lacerti propri del remare con la mano sinistra di Giulia Sottile nell’avviare la sua barchetta letteraria. Uno dei due remi, il sinistro, appunto, quello del cortocircuito della creatività, che è l’anima d ogni vera poesia. L’altro remo potremo fingere che sia il destro, cioè quello più agile nel rispondere ai comandi; infatti Giulia lo adopera per dare codice e cifra allo srotolarsi dei contenuti, quasi a mimare il canto solitario di chi abbia cominciato a cogliere luci e ombre del percorso umano e adesso tende a prenderne caute distanze, a ritrarsi con prudenza e ironia, per fuggire lontano dall’ovile dantesco del “come l’una fa le altre fanno”. Si coglie che la poetessa si è risvegliata ascoltando non più le false Sirene trascinate dalle marcite d’un acquitrino metropolitano, ma volgendo l’attenzione alle vere Sirene delle proprie componenti subliminali, con tutta la loro armonia che induce alla conoscenza, al sapere, al rispetto dell’altrui personalità ma anche della propria. Ed ecco l’impeto pieno e manifesto in Scivolò Narciso:” “Sventolo bandiere / di altre verità”. Segue come a dar rilievo a un climax di precisazioni, altra lirica per immediata conferma di una navigazione autonoma tra i sentori e i sentieri del frutto e del significato della sua ulteriore elaborazione: “ Passeggio / su aurea distesa / crescono spighe / sento già profumo di pane / la luce sugli anelli / a impreziosire / tentacoli.

“La vera Poesia è la stessa vita”, è stata questa la risposta che, anni or sono, Mario Grasso ha dato a Giuseppe Quatriglio che lo intervistava per una lectio sulla Poesia, intervista subito pubblicata in un memorabile paginone del Giornale di Sicilia di Palermo. Mi viene di ricordarlo perché Mario Grasso, che da mezzo secolo è punto di riferimento della cultura letteraria in Sicilia, continua a mantenere a Catania una vera e propria scuola di letteratura e operatività culturale, fin dal 1979, data di fondazione e diffusione internazionale di Lunarionuovo, (una redazione a Mosca presso l’Unione Scrittori dell’allora URSS e altra alla Georgetown University di Washinghton) la rassegna mensile che ha ospitato il gotha della letteratura italiana del Secondo Novecento, da Italo Calvino a Giovanni Raboni,Giuliano Gramigna, Marco Forti, Andrea Zanzotto, Giovanni Giudici, Giorgio Bàrberi Squarotti, Silvio Ramat, Giacinto Spagnoletti, Stefano Lanuzza Giovanni Arpino, Gilberto Finzi, …ai siciliani Sebastiano Addamo, Gesualdo Bufalino e Leonardo Sciascia, ed è stato con Lunarionuovo che ha preso il volo l’allora giovanissimo marsalese dialettale Nino De Vita, che adesso ritroviamo nell’antologia del Pane, citata qui all’inizio. Una scuola che non ha interrotto la propria presenza e attività, (Lunarionuovo infatti continua on-line (www.lunarionuovo.it) mantenendosi coerentemente defilata dal coro dei riti e delle premiazioni come dalle esibizioni e mirando esclusivamente all’operatività culturale che ha dato documenti di fondamentale importanza alla cultura italiana con i volumi, tra l’altro, di memorie su Bartolo Cattafi, Angelo Maria Ripellino, Umberto Barbaro, nonché ultimamente su Enzo Marangolo e ancora, pubblicato, quest’anno, il volume di analisi e testimonianze su Pietro Barcellona. Ebbene? Possiamo affermare che Giulia Sottile, rappresentante delle nuove generazioni (ventidue anni una laurea già conseguita e altra, oggi, alla vigilia del conseguimento), è una delle componenti che rappresenta il significato di questa presenza attiva e in progress. Possiamo dire intanto di riconoscere attraverso questo Per non scavalcare il cielo, la promessa di uno stile semplice quanto efficace, volutamente disadorno quanto, spesso arduo ma sempre “veritiero” e con  intermittenze di un caustico tocco anglosassone che affabilmente volge più alla piètas e meno all’ironia. Qui la poesia è resoconto di momenti, anche emotivi, di intuiti e scelte, di confidenze e confessioni come di fantasie e sogni, e mi fa pensare, proprio per questa spoglia semplicità della modulazione espressiva, all’umile ed eccellente singolarità della poesia di Umberto Saba o a quella di Sandro Penna per altro timbro, nonché, rammemorando altre importanti distinzioni e virando su un altro versante di identiche linee di stile, il modello di altra magistrale lezione lasciataci da Luciano Erba (Non a caso ho citato prima il Nastro di Moebius. Gli addetti mi seguiranno in questa valutazione estetica).

Resoconti di vita quelli di Giulia Sottile, esenti da sofisticazioni del genere che avrebbero scolorato la spontanea inclinazione a un gioco a nascondere che è comunque il primo segreto della vera poesia.Una devozione speciale sembra che la esordiente poetessa abbia qui voluto dedicare alla Luna. Ne coglie fasi o posture e giunge persino a proporre un dialogo in uno dei momenti dimostrativi della sua confidenza. Che è davvero tale se a un certo punto Giulia non lesina alla interlocutrice la qualifica di primadonna: “Pubblicizzi ultrasuoni / stordisci / esondi”, a continuazione di un ludico scenario di combinazioni, quasi da improbabile test fisico-stratosferico, per smascherare uno dei passatempi capricciosi dell’esibizionismo lunare. “Luna col tamburo / freni particelle sfiatate / con le tue nebbie / spegni le stelle / primadonna.” Una mirabile invenzione questa della Luna che crea cortine per non far vedere le stelle a chi dalla terra deve ammirare solo lei, regina del cielo, “primadonna”, appunto. E come commentare il Chissà di : “Scorgerai / la nuvola di me /quando l’estate è un cristallo / riempito di chissà.” E siamo sul corrivo stile che s’apparenta allo stesso senso-non senso del flash che estemporaneamente ferma, a caso, una immagine che, per questa volta, sembra invitare il lettore sullo scranno del poter giudicare un gesto di purezza istintuale: “Un bambino / zaino in spalla torna / e calcia / un sasso / altro sorso / col mondo irrisolto”. Pindaricamente divago, avviandomi a concludere, puntellando sul significato di “irrisolto”. Divago perché è la parola che mi porta altrove per riaccostarmi alle aure di meditazioni sottese nel corpus di questa silloge di Parole di luce, e chiedo a me stessa: è forse risolto il mistero della vita? Il suo mistero infatti è quello autentico e irrisolto, tale non è quello della morte come lasciò scritto Hernry de Montherlant. Mistero è parola cara alla poetessa Sottile. E forse, anche per questa sua particolare sensibilità, la conclusione della silloge ci fa trovare l’Autrice a postulare con estrema umiltà un “Posso entrare, Poesia?”. C’è un significato ulteriore da cogliere nel gioco a nascondere di Giulia Sottile, e la chiave di lettura è da intercettare proprio in questo continuo resoconto ludico e serio, dolente e ironico, sognatore e realistico, pietoso ma intransigente, dietro cui si cela l’invito a meditare in profondità. La poesia è la vita, e la vita è mistero. Orbene: la semplicità del sillogismo complicherebbe il dovere di capirne l’intrinseco significato , se non fosse stato tutto il variegato excursus creativo di Per non scavalcare il cielo quasi diario in pubblico, mantenuto sul registro coinvolgente della colloquialità spontanea, come suggella la composta umiltà del finale nel suo pur costante gioco a nascondere: “sei adesso droga / chiave combinazione fortunata / accesso all’insaturabile”. Concludo rispondo al postulato Posso entrare, Poesia? Concluso con un cordiale: Avanti! Avanti, Giulia, c’è posto per te, ti si aspettava!