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Non si può collocare in alcuna linea logica la scissione del Partito Democratico. Almeno su questo concetto saremo tutti concordi. Ed ecco la maggiore fondatezza del mio dubbio di marzo: Perché lo hanno provocato e portato a buon fine? Ammesso sia stato sotto auspici di buon fine. Adesso l’ex presidente del Consiglio addossa tutte le colpe all’onorevole D’Alema. E potrebbe avere ragione. Potrebbe. Infatti chiunque che abbia seguito l’ascesa del Renzi al vertice prima del PD e poi del governo sa quanto tutti sappiamo, cioè che la linea programmatica della sua leadership è stata impostata esclusivamente all’insegna della rottamazione. Non gli è stato facilissimo – si direbbe – ma facile sì. E allora perché non ammettere che la scissione sia stata l’esito della politica di rottamazione? Sarebbe una ammissione finalmente chiara in un momento di cielo notturno senza luna. Il mio dubbio, che mi crediate o no, cari lettori, è proprio a corna divaricate appuntite ed è questo: perché l’ex presidente del Consiglio, prossimo a bissare con la carica di segretario del PD non dichiara di avere vinto la partita del potere senza colpo ferire? Egli non ha rottamato alcuno, la cacciata del suo predecessore Letta non può essere classificata rottamazione, ha solo messo gli avversari in condizioni di sgombragli il campo, liberargli il passo che gli consentito di rottamare il PD, unica e vera rottamazione riuscita … ma a uso proprio! O no?

 

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