Nelle piazze e nelle case chi grida più forte ottiene ragione. Si passa la vita a capire chi siamo e cosa pensiamo del mondo e della vita e insostenibile è il costante bisogno di certezze, al punto che ci illudiamo di averle raggiunte pur di non dover fare i conti con l’eventualità di avere torto. Sarebbe così grave?

Nelle piazze e nelle case ci si fa il segno della croce e si crede davvero in ciò che si dice (nelle aule e nei palazzi meno, ma qui non abbiamo un Paul Eckman a spiazzarci). Volano luoghi comuni e slogan, perché è tutto ciò di cui in fondo possiamo servirci, non avendo condotto studi scientifici o non avendo il tempo, la voglia e l’educazione per dedicarci a letture che durino anche mezz’ora, attendibili, sia chiaro. Ed è per attendibilità che ci si gratta il mento nella comunità scientifica, quando – Family Day a parte – sin troppa gente si pronuncia indebitamente e incoscientemente in materia di genitorialità gay, come su qualsiasi tema la cui delicatezza presupporrebbe almeno una preventiva documentazione.

Gli studi vanno avanti e con essi i decreti legge, più o meno ritardatari, eppure c’è sempre quel sobillatore che riesce a trascinarsi un buon seguito, a volte sufficiente, ed è proprio quel sufficiente seguito che preoccupa. Qualche dotto o intellettuale potrà anche dire “ma sono masse”, ma noi per primi dobbiamo sapere quanto sia importante il sentire collettivo in ogni rivoluzione del pensiero, in ogni assetto culturale, persino nell’esigenza di una legge (salvo in agglomerati simil-dittatoriali).
Volano i “secondo me” e gli “ovvio” ma adesso vogliamo vedere le Vostre lauree in psicologia dell’età evolutiva, perché non si spiega questa grande fiducia nel proprio dire né il grande seguito (o almeno, si finge di non saperselo spiegare).
Sorvoliamo sulla step-child adoption, perché andiamo al sodo. È di questo che si tratta, d’altronde, no? Non sappiamo se partire dalla scienza oppure dalle argomentazioni – più o meno pseudo – di chi crede di aver ragione. Forse partire da queste ultime ci consente di ripercorrere l’humus che ha portato a queste righe, ad aggiungersi alle innumerevoli che circolano. La differenze speriamo stia, oltre che nell’onestà intellettuale suggerita dall’essere super partes, anche da quella stessa attendibilità scientifica invocata poc’anzi, dati gli studi. Non siamo casualmente o preventivamente giunti a conclusioni, anche noi militavamo tra i dubbiosi, gli scettici e i “ma dev’esserci il trucco”, prima di studiare.
Non accenneremo ai qualunquismi di chicchessia, perché passeremo direttamente alle “bombe” di esponenti di comunità religiose di cui taceremo il nome. 1) Nella Bibbia c’è scritto che l’omosessualità è infusa dal demonio, Cristo ha purificato dal male molti uomini posseduti da decine di demoni omosessuali (eziologia, questa, comune alla prostituzione!); 2) C’è una chiave, c’è una serratura (nessun problema, anch’io ho fatto quell’identica faccia!); 3) Se fossimo tutti omosessuali la razza umana si estinguerebbe. Beh, innanzitutto, cara autorità spirituale, ad oggi l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha valutato una incidenza esclusiva della popolazione umana (per distinguerla da quella che in natura è presente in altri animali) del 5%, e forse ci si è dimenticati del concetto di sovrappopolazione (certo il “numero oscuro” è reale ma di quanto si sforerebbe dal sacro tetto?). A ciò va ad aggiungersi, nel caso Lei non lo sapesse, che l’omosessualità non è un virus trasmissibile a colpi di starnuti e strette di mano. Quanto ai demoni, crediamo sia superfluo pronunciarci in merito.

Passiamo a quanto di fondamentale sappiamo già, e cioè che non si parla in campo educativo di padre e madre, bensì di “funzione genitoriale”, ma chiariamo subito cosa si intende per capacità genitoriale: capacità di prendersi cura del figlio, materialmente e psicologicamente, sostenendolo nei periodi critici della crescita, rispettando la sua diversità. Ad oggi in Italia le valutazioni di idoneità per le coppie eterosessuali (eterosessuali!) che fanno domanda di adozione (oggi “dichiarazione di disponibilità”) seguono criteri ben precisi, regole rigide, le stesse che verrebbero applicate per ogni coppia, indifferentemente (che poi ci siano lacune insite nella professionalità dei valutatori è da addebitare alla professionalità dei valutatori). Si valutano flessibilità cognitiva, capacità di attaccamento, accettazione delle emozioni proprie e altrui e di idee diverse dalle proprie, capacità di tollerare le frustrazioni, assenza di atteggiamenti educativi autoritari e iperprotettivi, rapporti equilibrati con le famiglie d’origine, apertura al sociale, relazioni aperte e non volte al possesso, capacità di “preoccupazione responsabile”, e questi non sono che esempi perché il nostro scopo non è tediarvi. Ci dispiace, ma da nessuna parte si guarda al genere di appartenenza dell’uno o dell’altro coniuge. Certamente, invece, si guarda alla condizione di coppia, sia civile che di fatto, per cui è necessario che i due siano sposati da almeno tre anni, o stabilmente conviventi, base solida in cui accogliere un terzo componente. La non istituzionalizzazione del matrimonio gay nel nostro paese è davvero connessa anche al passo successivo di ogni famiglia, in ciò persino i detrattori hanno ragione. Dimenticano però quale sia la differenza tra “identità di genere” e “orientamento sessuale” (noi non siamo attratte dagli uomini semplicemente in quanto donne né ci sentiamo donne semplicemente in quanto femmine; stesso discorso per gli uomini; inoltre o si è uomo o si è donna, non esistono categorie intermedie se disattendi aspettative sociali in merito a preferenze sessuali, nessuna fantomatica “terza casella” – sin troppo spesso si sente dire “oh, e chi è la femmina?”). Dimenticano che il concetto di famiglia fa riferimento a una realtà radicata ma storicizzatasi nei secoli, tanto che in natura, nel mondo animale, troviamo famiglie di innumerevoli tipi quante sono le stesse realtà umane. Se andiamo poi a cercare nelle culture il significato di questa istituzione – perché di ciò si tratta, affetti a parte – troviamo che “famiglia tradizionale” non equivale a famiglia “nella sua configurazione che le spetta per natura”. Non ci addentriamo in speculazioni sociologiche chiamando in causa il modello delle isole Trobriand o quello dei kibbutz israeliani perché qualcuno potrebbe obiettare, e non avrebbe torto, che dal punto di vista evoluzionistico non hanno avuto vita lunga se rapportate al “tipo” biblico. Darwin inizierebbe ad ingelosirsi!
Cos’è la famiglia? Cosa rende qualcuno un genitore? Come si arriva all’individuazione della propria identità? Quale rapporto ha con la sessualità? Sono queste le domande.
Che il matrimonio gay compromette quello tradizionale? Spiegateci, perché gli scienziati (psicologi compresi) non trovano argomentazioni a favore di questa tesi. Che l’educazione da parte di due padri o due madri comprometta un sano sviluppo, la salute mentale, la vita socio-relazionale e una corretta individuazione del proprio orientamento sessuale? Spiegateci, perché gli scienziati non trovano argomentazione a favore di questa tesi.
Un momento. Bisogna raccontare una storia. A dire il vero è ormai nota.

Il popolare sociologo Mark Regnerus, dell’Università del Texas, condusse una ricerca nel 2012 che fece molto discutere, a dimostrazione di come le famiglie omogenitoriali e quelle tradizionali fossero diverse, e le prime rappresentassero un pericolo per i figli. Prese le mosse forte della debolezza epistemologica di studi antecedenti in materia: contenuto ideologico, difficoltà di reclutamento di un campione sufficientemente rappresentativo, numero insufficiente di campioni, mancanza di campioni casuali e di anonimato dei partecipanti alla ricerca, con conseguente falsa rappresentazione di sé. Lo studio del suddetto rivendicherebbe, invece, maggior attendibilità grazie allo scrupolo riservato per esempio alla campionatura casuale, all’isolamento di variabili come bullismo, istruzione e reddito familiare. Questo studio conclude sostenendo che i figli delle coppie gay sono più inclini all’omosessualità o alla confusione, a disturbi psichici come depressione, disturbi ansiosi e comportamentali, dipendenza da sostanze, fantasie/tentativi di suicidio. Considerazioni impegnative! Inoltre sono più propensi al tradimento coniugale, sono più spesso disoccupati, ricorrono più spesso alla psicoterapia, hanno più spesso contratto malattie trasmissibili sessualmente, sono genericamente meno sani, più poveri, più inclini al fumo e alla criminalità. Cos’altro? No, prego, dite pure, non siate timidi! Qui si fa brain storming! O no?

A questo punto ci chiediamo, noi che studiamo, se la causa di questa ipotetica (e da attestare usufruendo, questa volta, di statistiche metodologicamente più affidabili) incidenza non sia da sottoporre ad analisi correzionale con variabili legate al contesto socio-culturale e alla più ristretta realtà relazionale di riferimento. Si è disoccupati perché si è obesi o perché il tuo datore di lavoro non ama avere un obeso nel team? Si è depressi perché si hanno le orecchie a sventola o perché tutte le mattine in classe ti chiamano Dumbo? Trasmetti malattie perché sei gay o perché si parla di prevenzione solo in funzione di accidentali imprevisti fecondativi? Questa è precisamente una delle critiche mosse al suddetto studio, considerando che i figli ad essere stati esaminati erano ormai giovani adulti, appartenenti dunque ad una generazione in cui ancor più acuto era il pregiudizio in materia. Ci si mette poi la discutibilità della procedura di categorizzazione del campione, mettendo a confronto un gruppo omogeneo di famiglie eterosessuali e uno eterogeneo in cui collimavano famiglie omo ed etero con esperienze omo e che Regnerus definisce “non intatte”. Insomma, è sbagliata in partenza la categorizzazione, a cui si aggiungono raccolta dei dati ed estrapolazioni statistiche.

Diventiamo ostici per i lettori non addetti, così andiamo dritti con l’aggiungere che non sorprende che l’unico studio considerato serio dagli oppositori dei matrimoni e delle adozioni gay sia stato condotto con un finanziamento di 800.000 $ da parte delle associazioni conservatrici Bradley Foundation e Whiterspoon Institute, di cui uno dei più illustri membri è advisor della Catholic League for religious and civil rights, radicale associazione cattolica. Ma che genere di filtri abbiamo allora per le pubblicazioni scientifiche, ci sarebbe da chiedersi. Che qualcuno abbia premuto un pulsante mentre i redattori erano al bar? Ecco allora altro componente della Whiterspoon Istitute, il quale è nel comitato redazionale della Social Science Research.
Cifre ed esterofilie suggestionano? Antoine de Sanint-Exupéry lo faceva dire a un bambino quanto esse possano ingannare. Non credeteci perché snoccioliamo inglesismi. Credeteci perché la comunità scientifica internazionale ha riso del suddetto sociologo, definendo il suo lavoro “bad science” e i suoi risultati “bullshit” (che non traduciamo per rispetto).
Nelle indagini che seguirono, esterne e interne all’Università del Texas, la questione si complica divenendo politica, coinvolgendo mass media e comunità religiose. Il New York Times ha ospitato interventi di entrambi i fronti, sino a leggere che infine gli esperti avevano trovato che i risultati di quella ricerca non era abbastanza rilevanti per il dibattito sul matrimonio o la genitorialità gay e che circa la metà dei partecipanti allo studio con un genitore gay erano nati fuori dal matrimonio, mentre l’altra metà in una famiglia tradizionale che era sciolta; molti hanno vissuto solo sporadicamente con il genitore gay. Agli intervistati non era stato chiesto se fossero stati cresciuti da una coppia gay, ma se il padre o la madre avessero avuto almeno un rapporto omosessuale. Andando alle identikit dei genitori, notò il prof. John Corvino della Wayne State University di Detroit, troviamo «detenuti etero che in carcere hanno fatto sesso con altri uomini per sfogarsi; una coppia gay longeva che negli Usa ha adottato bimbi portatori di handicap; una 40enne che scopre di essere lesbica quando i figli sono grandicelli;  una prostituta sposata eterosessuale che occasionalmente offre i propri servizi alle donne; una lesbica che fa un figlio grazie all’inseminazione artificiale e lo cresce con la sua compagna; uomini sposati con un amante del loro stesso sesso». Quante sono le famiglie gay? Cosa determina cosa? Dice Corvino: «L’unica cosa che fa la sua ricerca è confermare quello che sappiamo già: l’instabilità e la disgregazione danneggiano i bambini». Regnerus ha ammesso il fallo: «Se dovessi rifare da capo la mia ricerca starei più attento a definire i figli di genitori dello stesso sesso. Ho parlato di madri lesbiche e padri gay quando in effetti non sapevo niente sul loro orientamento sessuale» e «Non si tratta di dire che gay e lesbiche sono di per sé cattivi genitori». E – in coro – lo dici adesso?

In psicologia della comunicazione si dice che il pettegolezzo non funziona come un freesby. Lo lanci e non torna più, la smentita – dice la ricerca – non fa che rinsaldare l’attrattiva e la fiducia nell’informazione di partenza. Durante il secondo conflitto mondiale, per contrastare questo viaggio di sola andata, si sperimentarono nell’esercito americano (nella logica del controspionaggio) le “cliniche del pettegolezzo”. I mass media è inutile precisare quale ruolo privilegiato abbiano da sempre: il riferimento è all’episodio che nella tv italiana fece scalpore qualche anno fa e che vide protagonista Giuseppe Di Mauro, Presidente della Sipps, Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, sul fronte pro-Regnerus.
Noi ci manteniamo sempre un passo indietro rispetto a chi “fa dottrina” come accade in cassazione, in quanto ad avere ufficialmente criticato lo studio sono state l’American Psychological Association (APA), l’American Psychiatric Association, la National Association of Social Workers, la American Medical Association, la American Academy of Pediatrics e l’American Psychoanalitic Association. Tutti questi “american” sono legittimati dall’ubicazione dello studio sociologico, ma la risonanza si è sentita in Europa, così come la sua confutazione.
A proposito di APA, che anche qui è un po’ come il papa della salute mentale, questi ritiene che «i bambini allevati da una coppia dello stesso sesso debbano beneficiare dei legami giuridici con ciascun genitore», sostiene «la tutela delle relazioni genitori-figli attraverso la legalizzazione delle adozioni congiunte e delle adozioni da parte del secondo genitore di bambini cresciuti da coppie dello stesso sesso; che l’APA assume un ruolo di leadership nel contrastare ogni discriminazione fondata sull’orientamento sessuale in materia di adozione, custodia dei figli e di visita, affido, e servizi di salute riproduttiva» e dichiara di dover fornire «risorse scientifiche e didattiche che informano il dibattito pubblico e lo sviluppo delle politiche pubbliche in materia». Si accomodi.

Per non dilungarci in estenuanti confutazioni, per non rischiare di comparire sulla lista nera dei brontoli, torniamo alle ricerche a cui abbiamo solo accennato all’inizio. Carte in mano, di 76 studi condotti, stando al The Huffington Post, 72 sono giunti alla conclusione che i figli delle coppie omosessuali non seguono uno sviluppo diverso rispetto agli altri. Gli altri 4, sottolinea la New Yorker Columbia University, hanno considerato solo la testimonianza di bambini di genitori separati. A costo di essere ridondanti, la stigmatizzazione omofobica (come il Journal of Adolescence definisce l’accettazione sociale della famiglia) è ciò che davvero influisce sulla crescita. Che altri risultati mostrino addirittura come questi figli siano più sani e più affezionati alla famiglia (Università di Melbourne, 2014) a poco ci serve, risulterebbe semmai controproducente (ci bastano già le attuali ire) e rischierebbe di allontanarci dalla necessità di valutare caso per caso senza lasciarci fagocitare dalle statistiche. La politica del “caso-per-caso”, decisamente, ci sembra la più auspicabile.

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Residui-Regnerus al Family Day:

  • Riconoscere il matrimonio omosessuale vuol dire accettare l’ideologia che considera discriminazione qualsiasi distinzione tra omosessualità ed eterosessualità.

Riconoscere il multiculturalismo vuol dire accettare l’ideologia che considera discriminazione qualsiasi distinzione (si parla di diritti e doveri) tra un italiano e un pakistano? Di che tipo di differenza stiamo parlando?

  • Omosessuali poligami e viventi in “comuni”; se hanno figli, sono spesso inseminati con l’aiuto di un donatore gay o di un amico di una lesbica.

Non esiste il supermercato dei figli. Grazie al cielo tutto quanto concerne inseminazione artificiale, adozione e quant’altro passa dal filtro di specialisti che valutano concatenazioni di fattori e di certo non danno il via per l’inserimento di un minore in un contesto di dubbia idoneità per la sua crescita.

  • Gli attivisti omosessuali e i seguaci della loro ideologia non fanno che lamentarsi dell’odio e dell’oppressione di cui sarebbero vittime gli omosessuali.

Ideologia??????

  • Esiste una maggior probabilità che uno dei loro genitori abusi di alcol o droga, si ammali gravemente, presenti squilibri mentali o depressioni, o muoia prematuramente; e che i figli subiscano abusi sessuali.

Non è che si verificherebbe per lo stesso motivo per cui avviene in tutti gli altri casi? Dipende dalla persona o dalla sua preferenza sessuale? Hanno proceduto, questi signori, a confronto con le statistiche prese con un campione etero? I dati mostrerebbero la variabile “orientamento sessuale” non statisticamente significativa (come anche negli studi sulla criminalità degli immigrati).

  • Figli di coppie omosessuali sentono la mancanza di genitori normali, e generalmente non vengono educati come ragazzi e ragazze normali. Anche per questo sono spesso oggetto di bullismo e umiliazioni; ma anche quando ciò non avviene si vergognano e si sentono estranei al loro ambiente. Si sentono soli di fronte ai genitori, che non capiscono le loro necessità naturali, e che soprattutto si occupano solo di se stessi.

Non è che ciò dipenderebbe semplicemente dalla loro inadeguatezza genitoriale, oltre che dalla risposta del contesto sociale?

  • È più che sufficientemente dimostrato che la famiglia normale intatta produce gli adulti migliori dal punto di vista psichico, sociale e medico, e che la crisi della famiglia causa una marea di miserie psichiche e sociali.

La crisi della famiglia non è data dal divorzio o dall’omosessualità, ma dalle relazioni. Infinite famiglie “intatte” generano mostri. Non è questo che determina la sanità mentale e l’equilibrio psichico di un individuo. Andiamo, cari signori, a fare anamnesi familiari nelle carceri!
Per chi ancora tenta l’ultima, additando le unioni civili che si ispirano all’istituto del matrimonio, ricorriamo alle parole di Beppe Severgnini: «E a cosa dovrebbero ispirarsi, di grazia? Alle comunità hippy, alle società in accomandita semplice, alle associazioni di pesca sportiva?». Invocate metodi educativi normali (quali? qui ci dicono di sorvolare sull’argomento) ma condannate l’accostamento al modello condiviso? L’intransigenza maschera destabilizzanti confusioni.
Poi arriva il dott. M. Inghilleri: «Ma sinceramente non mi è sembrato che al family day ci fosse proprio tutta questa gente. E nemmeno però al family gay. Vuoi vedere che entrambe le tifoserie forse stanno sbagliando il modo di comunicare il proprio punto di vista? E’ ovvio che le famiglie omogenitoriali sono differenti rispetto a quelle eterosessuali. E’ ovvio che differente significa non migliore o peggiore, ma con problematiche e complessità diverse. Ora, però, voler far passare che la famiglia eterosessuale sia un ambiente “sano”, mi sembra una bugia come quella che vuole negare le difficoltà presenti nelle famiglie omogenitoriali. Il punto è che essere genitore non è semplice, a prescindere che si sia omosessuale o eterosessuale e in una relazione d’amore che sia omosessuale o eterosessuale. Per quello che riguarda poi i diritti dei minori, beh, penso che chiunque abbia il diritto d’avere genitori equilibrati e l’equilibrio personale non ha orientamenti sessuali o identità di genere».

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Oggi l’adozione alle coppie omosessuali è legalizzata in Austria, Francia, Spagna, Regno Unito, Irlanda, Islanda, Belgio, Paesi Bassi, Canada, Stati Uniti d’America, Australia, Nuova Zelanda, Brasile, Uruguay, Lussemburgo, Svezia, Norvegia, Danimarca, Malta, Messico, Argentina, Sudafrica. Misura analoga alla step-child adoption in Israele (solo per coppie di donne), Germania, Finlandia, Groenlandia.
Ma ci piace concludere con le parole della dott.ssa Sabrina Castellano, psicologa: «La buona notizia è che la vostra cara madre natura può stare serena, sarà sempre lei a far nascere i bambini. Qui stiamo discutendo su chi li deve crescere e credo che questo interrogativo abbia un’unica risposta: chi ne ha la capacità! (…) La capacità genitoriale non coincide con l’orientamento sessuale e se il vostro problema è chi spiegherà tutto questo ad un minore state tranquilli, sarà lui a spiegarlo a voi!».

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Fonti

 

http://www.documentazione.info/adozioni-gay-ricerche-condizionate-dallideologia
http://www.vogliosposaretizianoferro.it/%E2%80%9Cadozione-ai-gay-figli-disturbati%E2%80%9D-la-cattiva-scienza/
http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=11072
http://www.giornalettismo.com/archives/328952/la-bufala-dei-gay-che-non-possono-essere-buoni-genitori/
http://pontilex.org/2012/09/luniversita-del-texas-non-assolve-la-ricerca-di-regnerus-lestasi-dei-cattolici-fondamentalisti-di-uccr/
http://aftersantana.altervista.org/studio-discutibile-contro-le-famiglie-omogenitoriali/
http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3131
http://www.apa.org/about/policy/parenting.aspx
http://www.mariomieli.net/adozioni-gay-la-ricerca-di-mark-regnerus-e-sbagliata.html
http://27esimaora.corriere.it/articolo/genitori-gay-se-la-scienza-sceglie-di-alimentare-il-pregiudizio/?refresh_ce-cp
http://www.huffingtonpost.it/2015/07/15/bambini-famiglie-gay_n_7799610.html
https://www.nllfs.org/images/uploads/pdf/2015-dutch-adolescents-lesbian-families.pdf
http://whatweknow.law.columbia.edu/topics/lgbt-equality/what-does-the-scholarly-research-say-about-the-wellbeing-of-children-with-gay-or-lesbian-parents/
http://www.achess.org.au/
http://nicolapiccinini.it/bambini-cresciuti-con-genitori-omosessuali-la-posizione-dellapa/2016/02/
Di Nuovo S., Xibilia A., 2007, L’esame psicologico in campo giuridico, Bonanno Editore
Simonelli A. (a cura di), 2014, La funzione genitoriale. Sviluppo e psicopatologia, Raffaello Cortina Editore

Giulia Letizia Sottile

Giulia Sottile è nata e vive a Catania, dove ha compiuto gli studi e ha conseguito la maturità classica. Laureata in Psicologia e abilitata alla professione di psicologo, non ha mai abbandonato l’impegno in ambito letterario. Ha esordito nella narrativa nel 2013 con la silloge di racconti intitolata “Albero di mele” (ed. Prova d'Autore, con prefazione di Mario Grasso). Seguono il racconto in formato mini “Xocò-atl”, in omaggio al cioccolato di Modica; il saggio di psicologia “Il fallimento adottivo: cause, conseguenze, prevenzione” (2014); le poesie di “Per non scavalcare il cielo” (2016, con prefazione di Laura Rizzo); il romanzo “Es-Glasnost” (2017, con prefazione di Angelo Maugeri). Sue poesie sono state accolte in antologie nazionali tra cui “PanePoesia” (2015, New Press Edizioni, a cura di V. Guarracino e M. Molteni) e “Il fiore della poesia italiana. Tomo II – I contemporanei” (2016, edizioni puntoacapo, a cura di M. Ferrari, V. Guarracino, E. Spano), oltre che nell’iniziativa tutta siciliana di “POETI IN e DI SICILIA. Crestomazia di opere letterarie edite e inedite tra fine secolo e primi decenni del terzo millennio” (2018, ed. Prova d’Autore). Recentissimo il saggio a orientamento psicoanalitico intitolato “Sul confine: il personaggio e la poesia di Alda Merini” (2018). Ha partecipato a diverse opere collettanee di saggistica con contributi critici, tra cui “Su Pietro Barcellona, ovvero Riverberi del meno” (2015) e, di recente, “Altro su Sciascia” (2019). Dal 2014 ricopre la carica elettiva di presidente coordinatore del gruppo C.I.A.I. (Convergenze Intellettuali e Artistiche Italiane); dal 2015 è condirettore, con Mario Grasso, della rivista di rassegna letteraria on-line Lunarionuovo. Collabora con la pagina culturale del quotidiano La Sicilia.