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1- Non pigli se non somigli. Ecco perché la voce del popolo viene definita volere di Dio. E spiegato perché l’indole dell’eletto riproduce i tic di chi lo ha votato. Il vantaggio della democrazia è fondato sul teorema della somiglianza e dell’empatia? E sul principio matrioska, che include l’effetto domino. Quindi il mito che si addice all’insieme, sarebbe quello di Proteo. E mi perdonerà Attilio Scuderi se qui abuso dell’universo da lui descritto nel recente Il paradosso di Proteo (*), poderoso e luminoso saggio dell’intellettuale, docente dell’Università di Catania, che ha fatto scrivere a Remo Ceserani: “Attilio Scuderi era lo studioso probabilmente più adatto (proteicamente adattabile), il meglio attrezzato per affrontare un tema come questo di Proteo. Egli ha un’invidiabile familiarità con gli studi classici, la filologia moderna, molte letterature, e cioè quelle principali d’Europa e d’America, ma anche una straordinaria curiosità per tante forme della cultura moderna e post-moderna (teatro, cinema, musica colta e popolare, fumetti). Ha inoltre saputo adattare una materia che avrebbe potuto essere organizzata in una tradizionale schedatura classificatoria di tipo positivistico delle numerose ricorrenze del tema, alla misura più agile, discorsiva e problematicamente riflessiva del saggio: la forma di scrittura che di recente un recensore del settimanale «The New York Times Book Review», di nome Parul Sehgal, in un articolo dal titolo The Wayward Essay (NYBR 30-12-2012) ha definito «forma proteica per eccellenza». Un altro merito di Scuderi è stato quello di appoggiarsi, pur avendo a che fare con una bibliografia amplissima, intricata e spesso portata alla dispersione e alle superfetazioni ideologiche, occultistiche e misteriche, ai modelli più affidabili: gli studiosi del mito Kerényi, Blumenberg”.(**)

Divenire per empatia. Effetto Proteo se genio chiama altro genio, buffone altro buffone, come è capitato recentemente nell’Italia cavalcata da ubriachi e procacciatori di minilocuste pazze.
L’Italia del buschero, voce corrotta di lusco (ubriaco), infatti il vino altera la vista degli oggetti da parte dei luschi, ancor più nei lusconi (ubriaconi), come spiegano Fanfani e Tommaseo, aggiungendo quanto possa giovare il tener conto di un ulteriore effetto, quello ottenuto col cambio di vocale, che produca losco. I lusconi (losconi), gli ubriaconi, che a furia di bere diventano buscheroni: E il ber fu tanto che li fe’ lusconi, avrebbe potuto endecasillabare Dante.
Ricostruire con acribia scientifico-storica non sarà impresa da svolgere in questa sede, ma è storia quella dei feudatari di Romagna che in omaggio a certi prodotti di vitigni (i tuttavia celebrati Albana e Sangiovese) avevano dato il nome di Bertinoro ( berti in oro) al nettare prodotto in un individuato territorio, Bertinoro, appunto. Ma erano gli stessi feudatari a marchiare di alias i valvassini dei loro feudi. Ed era spesso il bere a dare l’estro per l’apposizione, per l’ingiuria, per il nomignolo che identificava la persona e con essa l’intera famiglia. Ed ecco i Berluschi (quelli che alzavano il gomito) perché dediti all’ubriachezza; e i Berlusconi per quelli che avvinazzati da mane a sera non potevano che essere definiti con l’accrescitivo: i Berlusconi, appunto, (gli ubriaconi).
Poi come nella realtà della vita non vi è l’uomo interamente buono né quello interamente malvagio, c’erano i tanti che del bere facevano uso moderato e sano, ed ecco i Bersani (Bere sani).
Il paradosso di Proteo, non più con riferimento al titolo del serio e avvincente libro di miti e sapienze citato prima, ma come metafora assorbente sul concetto filologico-realistico dei nomi conseguenza delle cose, delle ubriachezze, dei fatti, dei poteri, del pecoreccio, del come l’una fa le altre fanno. Proteiformità da rivalutare nella sua allusività generale e nella adattabilità ai casi particolari.

trasformismo

2- Il malato ha preso un brodo, necrotizzata locuzione d’epoca pre-antibiotici, non più efficacemente spendibile come metafora brillante. Eppure, la sua opacità svanisce e ritorna l’antico effetto del rinviare al primo segnale della convalescenza. Il malato che dà segno di ripresa perché gli è tornato l’appetito, ha chiesto un brodo, e chi si alimenta contrasta con la morte. Proteo se la ride.
Siamo partiti elogiando il breve concetto in un discorso lungo, e il preferire ciò che ci somiglia. Abbiamo citato la democrazia, ci siamo spinti fino all’effetto domino in un paese nelle mani di un comico che genera un secondo comico. Ma il territorio cui pensiamo, – ecco il limite di questa impertinente divagazione – ci spinge verso la capitale della cattolicità, il Vaticano con i suoi prìncipi in carne ossa e tiare (i cardinali) e metafisici (lo Spirito Santo). L’effetto domino ispirato dallo Spirito Santo, a misura delle sopportazioni epocali (?) a declinare da Pietro, che faceva cantare il gallo, al Borgia dell’incesto, all’attuale Francesco, che fa pensare al brodo del convalescente defedato che inizia a reagire, che vuole riprendersi la vita.
Lo sghignazzo di Proteo non ci inibisce, né potrebbe. Anzi, ci induce a invocare i suoi paradossi salvifici. Un provvidenziale intervento dello Spirito Santo, il più antico inquilino in Vaticano. Remoto segnale quello dell’arrivo, a sorpresa, di Papa Francesco? Auspicio di superamento del punto basso della ruota? I lusconi/losconi, dai nasi rossi dal bere, ligi al principio del divenire proteico della storia e dei suoi corsi, pare siano avviati sul viale del tramonto.
Ber da sani o ber da lusconi-losconi. E si è scoperto che è il bere la radice che genera minilocuste?
D’altra parte, distinguendo il ber dei sani da quello dei lusconi, è ancora una volta il mito a fare pienezza di luce: la necessità della vittima sacrificale.
E la vittima c’è stata: il popolo, ancora una volta, ha liberato il ladrone e ha fatto morire crocifisso l’innocente.

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(*) Cfr. Il paradosso di Proteo, di Attilio Scuderi – pagg. 302 € 31,oo . Ed.Carocci 2013. Segnalato in questo numero di Lunarionuovo da Ilary Tiralongo nella sua rubrica Hesperides.
(**) Cfr. Remo Ceserani in O.B.L.I.O.(Osservatorio Bibliografico della Lett. Italiana dell’Otto-Novecento), a. II, n. 8 (II, 8).