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© G. Polycratis, Madre e figlio

Se dapprima quell’appartamento sembrava un giardino d’infanzia, mano mano, senza chiederne loro il permesso, a turno ognuno veniva invaso dagli ormoni. Infatti Basma, l’unica femmina nata dalla coppia Shafi e Halima, sempre più appuntiva i suoi occhi verso Albert Rousseau un suo compagno di classe. E quando fra i due si consolidò il sentimento, decise di parlarne al padre:
“Non so se ve ne siete persuasi ma io sono innamorata del vicino del 1° piano”.
“Quanto mi diviene amaro il masticare! Ogni mattina c’è una nuvola che tenta di offuscarmi la fede nel mio orizzonte. Un francese? Mai e poi mai! Primo perché invece che il nostro Maometto prega Isa un semplice profeta e nel tempo come una lima cercherà di farti convertire al cattolicesimo. Secondo perché se ci penso bene, scopro che ancora li odio io questi francesi. Non sarò mai d’accordo che una figlia mia perde il suo cognome islamico.”
“Papà, non voglio sentire delle tue sofferenze, io voglio vivere il resto della mia vita cercando di prevenire le mie. Albert ha abitato nel nostro palazzo da quando sono nata. Abbiamo frequentato lo stesso asilo, lo stesso liceo. Ci siamo ritrovati insieme nei giochi, nelle ansie dello sviluppo fisico, nella preoccupazione delle interrogazioni, nello scoprire per primo il tempo che fa ogni mattina. Mi lascia libera di adorare il tuo Dio. In Francia si è liberi ventiquattrore su ventiquattro ma non si sopporta chi si piange addosso. Per fortuna la scuola qui non ci insegna a pregare, è vietato pure parlarne in classe. Ci insegna a ragionare e rispettare il diverso.”
“Povera ingenua. Non lo ascolti che ci accusano di mangiarci il loro pane?”
“Conta la maggioranza e non quattro falliti. Non stare a ripetere e rivivere le torture subite, ascolta me per una volta. Ti faccio un esempio. Se una persona assaggia il fiele gli manca il respiro, è sconvolto ma se per dare la vita a qualcuno ne deve mangiare un cucchiaino al giorno, si assuefa, gli sembra meno amaro. Si abitua tanto che se poi gli manca è come se gli venisse meno lo zucchero e va in ipoglicemia. Questo è il prezzo della libertà degli altri, questo è amore non quello del tuo Allah che gioisce se punisce”
“Sventurata blasfema a questo sei arrivata senza ancora esserti sposata? La mia carne si permette di criticare il mio Dio ora? Davanti a questo mi ritrovo?”
“Sei stralunato, ti fai la tua strada accompagnato dai soldi, da mamma e dal tuo Allah. Cosa le hai offerto a questa donna? Solo a restare accasciata per terra dalla fatica. Io ce l’ho una testa per paragonare ma non la fede in questo o in quello, paragono il rispetto per gli altri. Gli insegnanti ci hanno inculcato che prima viene l’altro e poi noi stessi. Tu non accetti le differenze, ti stravolgi appena finisci di pregare.”
“I figli siete boia, ghigliottinate i genitori appena vi disapprovano. Non ti perdonerò mai e giuro che non vorrò mai più vederti. Mai sentirai dire alla mia voce Madame Rousseau. Ascolta, ascolta come suona male Basma Rousseau. Tu vuoi solo sposarti per sfidare l’impossibile, per distinguerti. Ti rinnego, traditrice.”
Halima assisteva a quel ping pong contrita:
“Tanto da lavare, lustricare, cuocere per arrivare a questo? A persuadermi che non so che significa ipoglicemia? A ritrovarmi i figli incomprensibili? Se io sapessi incolonnare le parole come i numeri a scuola forse lo sistemerei! Forse sarei una mamma più aggiornata. Ma questi appena si fanno guerra e fuoco non mettono punti né virgole e perseguitati dalla foga non mi danno il tempo di inseguirli nel discorso”
In effetti si preoccupava che sua figlia avesse un temperamento differente dal proprio, però tanto quanto lo sperava. Era stupita della capacità di tanto affronto. Temeva che sarebbe un giorno stata così anche contro il marito francese. Temeva che sarebbe stata ripudiata, che poi sarebbe rimasta sola e sperduta senza un uomo che la proteggesse. Aspettava la notte come si aspetta il pane:
“Tu hai sempre ragione. Lo so, però io che sono la madre come potrò togliermi la coperta di dosso allo svegliarmi sapendo che lei mi verrà esclusa? Fallo per me ti prego. Riducendo, riducendo l’importanza, si evapora ogni paura”
“Non perdere il tuo fiato. E io allora? Come potrei guardarmi allo specchio dei miei amici? Vorresti un marito che non si regge in piedi? Quando vengo a casa non mi pare di vivere in Francia, questo luogo mi sembrava fino ad oggi un’Algerietta. Non acconsentirò mai a questo matrimonio. Se tu non puoi vivere senza tua figlia c’è una sola soluzione, quella di andare dal suo futuro suocero e richiedere di voler vivere insieme a lui. Qui non sei nel Sahara, devi scendere fra due piani. Il secondo con dietro la porta l’etichetta Shafi Meziane, il quarto con l’etichetta Famiglia Rousseau.”
Halima era in grossa difficoltà, a bocca stretta aspettò di restare da sola con Basma:
“Quello che ti ho appena raccontato, mi ha risposto. Volendo, poi che padre è se cambia idea? Ci ho provato ma tanto lo sapevo che non sarebbe servito.”
“E così invece cos’è? Così è il padre delle marionette. Preferisco non sentirlo e non vederlo, mi vergogno di lui. Con te invece è diverso, resto col desiderio di sapere in fondo in fondo se hai desiderato almeno per un istante essere una ribelle. Alberto ha trovato un posto di lavoro ben pagato ed andremo a vivere proprio alla frontiera con la Svizzera. Qual è il problema? A scuola ci hanno insegnato che ogni religione serve per frenare gli istinti bestiali dell’essere umano. Che importa come si chiama?”
“Che vuoi dire? Ogni Dio è adattato alla temperatura, alla forma delle montagne. Ti immagini quanti vermi tenia ci sarebbero a causa del porco coi gradi dell’Algeria? La religione nasce prima di un neonato, nella religione facciamo il bagnetto ad ogni neonato, proprio come nella lingua parlata”
“Te lo ha detto lui di farmi questa ramanzina? Siete stati capaci di liberarvi il corpo dai Francesi con la vostra rivoluzione. A che serve se non vi liberate dalla pastura della fede? E’ in Algeria quando siete in vacanza che dovete restare arabi ma qui come parlate un’altra lingua con la stessa dovete pregare. Dio è una libellula che sbatte le ali adattandole alle parlantine delle bestie”
“Mi parli per non farti capire? Mi parli come a una francese? Se vuoi ottenere qualcosa per rispetto a tuo padre devi esprimerti nella sua lingua. Guardati come sei in faccia stamattina”
“Mi sento male”
“Vai di nuovo a dormire. Quello che possiamo te lo diamo, tanto tutto si fa da solo. Se vogliamo la luna è perché essa ci cerca. Non immischiare questa tua malattia ai tuoi fratelli. Ma i figli per forza dovete crescere? Non vi potete arrestare a prima dell’età della scuola che vi ruba, quando ancora il cervello non riesce a comunicare, quando ancora non si autovezzeggia? Quando ancora non ha imparato a mettere in spazzatura? Su vai a dormire di nuovo perché sembri una che è stata morsa nel sogno. Vai così ti svegli diversa”
“Mi pare che mi si scoperchia la fontanella. Ho sognato che papà vagava per le strade, che dopo si affittava un altro appartamento per andare a viverci da solo. Che tu restavi a letto per non alzarti più e mi guardavi con gli occhi storti.”
“Chissà quanti altri hanno fatto lo stesso sogno da che mondo è mondo. Devi sapere che l’uomo non è fatto per comprendere, è troppo egoista per dividere con altri. Questo appartiene solo alla donna per la quale in sordina ogni giorno è una rivincita. Non stare ad ascoltare gli altri tu che puoi farlo. Che ti dice il mio silenzio? Ti sei convinta che sono forte a lavare e stirare soltanto? Devi ubbidire a te stessa per potere diventare all’opposto di me. Se lui non ci permetterà di vederci dopo che ti sposi, ascolta il silenzio e mi ci troverai dentro ad ammirarti. Saremo insieme anche quando non lo siamo.”
“Mamma perché questa casa manca di sentimenti?”
“Che dici qui c’è il sentimento, quello di dover ubbidire. Se non lo senti di farlo come puoi riuscirci?”
“Inoltre quando mai mangiamo a tavola insieme? Quando ci raccontiamo i nostri sogni?”
Halima sconosceva i sogni del giorno che preparano quelli della notte. Ebbe pena per sua figlia e si adoperò per incoraggiarla:
“I sogni sono riservati a noi, non si devono raccontare per delicatezza verso la Natura che li sforna. I sogni sono sofferenza.”
Si slanciò ad abbracciarla con la tenerezza di quando se la stringeva neonata appena malata. Col viso bisognoso ma rassegnato, col sentimento ma proprio quello che precede e prepara ogni Dio.

 

© G. Polycratis, Madre e figlio
© G. Polycratis, Madre e figlio

 

Rosa Pedalino

Nata a Leonforte in provincia di Enna,dove ha trascorso l’adolescenza, si è trasferita a Parigi, ha insegnato alla Sorbona e ha, per anni, mantenuto rapporti di coordinamento con gli emigrati italiani. Adesso vive a Grenoble. Tra le sue pubblicazioni creative un libro di racconti Decamerone siciliano (Prova d’Autore 1989), e i recenti Agli àgli m'incipollo e Di me mi prendo e di me mi lascio (Prova d'Autore, 2011).