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Ij re bërgé dij pòpoj…
poimήneV lhώn
parèj a dis ël poeta dij re
ma bàudro dij poeta…

Parèj d’un tòr
ësgorzà ’nt la neuit arnosa
apress dla fin dij seugn
vëstì da festa,
cimì parèj dij feu
dëstiss a la primalba,
solestrel luisent-rajant
ëd tèile d’aragn.

Parèj ’d Gianpitadé
leugn da tò grign baricc,
da lë strop satì
’d na gòj sislà dal Nen,
andé a stim, an tra ronze e soplësse
an chitand ël passà
ch’an cor apress antërnà
con sòi gage ’nreidì
an tra ruso e arzigh.

 

Aias/Ajace
I re pastori di popoli…/ poimήneV lhώn come li chiama il poeta dei re/ ma signore dei poeti…// Come un toro/ sgozzato nella notte paurosa/ dopo la fine dei sogni/ vestiti da festa,/ languenti come i fuochi/ spenti all’alba,/ falò luccicante-raggiante/ di ragnatele.// Come dei pellegrini/ lontani dal tuo riso strabico,/ dalla mandria piena/ di una felicità cesellata dal Nulla,/ andare a tentoni, tra rovi e tenerezze/ abbandonando il passato/ che ci rincorre testardo/ con i suoi pegni irrigiditi/ tra ruggine e rischi.

 

Aiace

 

Aiace Telamonio, fratello di Teucro e figlio di Telamone, re di Salamina, fu, secondo l’Iliade, il più valoroso eroe greco a Troia dopo Achille. Una leggenda, già nota all’Odissea, per la quale morì per il dolore di non vedersi aggiudicate le armi di Achille, fu argomento di due tragedie perdute di Eschilo. Nella tragedia Aiace di Sofocle l’eroe, dopo la sconfitta nella contesa per le armi di Achille, accecato da Atena, fa strage di greggi, credendo di vendicarsi sugli Achei; tornato in sé, non sa sopravvivere alla vergogna e si uccide gettandosi sulla propria spada. Secondo una leggenda posteriore, seguita anche da Foscolo nel carme dei Sepolcri, dopo il primo naufragio di Ulisse, le armi di Achille furono portate dal mare sul sepolcro di Aiace.

Dario Pasero

Nato a Torino nel 1952, laureato in Lettere Classiche presso l’Universitas Taurinensis, con una tesi sulla metrica delle commedie di Terenzio, è docente di ruolo di Italiano e Latino al liceo classico di Ivrea, oltre che giornalista pubblicista e collaboratore con la Regione Piemonte per i corsi di lingua e letteratura piemontese che si tengono in varie sedi del territorio regionale. Dai primi anni Ottanta del secolo scorso ha iniziato la sua attività di scrittore (sia in prosa che in poesia) in lingua piemontese: sue composizioni sono state pubblicate su varie riviste specializzate in Piemonte e altrove. In lingua italiana, oltre che con alcune testate giornalistiche locali, collabora con l’annuario eno-gastronomico, fondato da Mario dell’Arco, «l’Apollo buongustaio» di Roma. Al suo attivo sono i volumi di prose piemontesi Sapej (Ivrea, 1997; in collaborazione con Censin Pich) e di poesie: An sla crësta dl’ombra (Ivrea, 2002), Masche Tropié Bërgamin-e e Spa (Ivrea, 2006) e L’ombra stërmà (Catania, 2012). Alcune sue composizioni sono ospitate nel volume antologico Forme della terra–Dodici poeti canavesani (Torino, 2010) Ha altresì al suo attivo l’edizione critica delle poesie di Alfredo Nicola e del teatro di Armando Mottura (entrambe per i tipi del «Centro studi piemontesi» di Torino, rispettivamente, nel 2007 e nel 2009), la collaborazione al primo e al secondo volume di La letteratura in piemontese (2003 e 2004; antologia edita dalla Regione Piemonte; in collaborazione con Gianrenzo Clivio e Giuliano Gasca Queirazza) ed una recentissima Storia del teatro in Piemonte (in collaborazione con Fabrizio Dassano; Ivrea, 2012). Sta per uscire la sua edizione critica delle poesie piemontesi di Ignazio Isler (1699-1778). È direttore della rivista trimestrale «La Slòira» di Ivrea, che si occupa di letteratura piemontese sia antica che moderna e contemporanea, e del semestrale di varia umanità «l’Escalina».