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LA NOTTE E’ FATTA PER SOGNARE

La notte è fatta per sognare e torneranno i tempi perché questo bene sia ancora fruibile. I nostri, infatti, sono tempi di vele spiegate che aspettano il vento. Si attende un soffio come segnale per invertire la rotta. Quella epocale nella quale annaspiamo è stata auspicata dal ritornello di una canzonetta esibita dalle mitiche gemelle Kessler in un programma televisivo anni sessanta del secolo scorso. Cantavano le Kessler: “La notte è piccola per noi / troppo piccolina…”. Non c’era più tempo per i sogni. E non era la fine ma il principio della fine. Da allora ci siamo attrezzati per dilatare le ore del giorno; dilatarne artificialmente l’effetto e la suggestione. Gli ansiolitici erano divenuti pane quotidiano, l’industria farmaceutica aveva trovato nuova fonte di arricchimento. Una volta vigeva norma di andare a letto col sole e abbandonare il letto al ritorno dello stesso sole. Ma erano altri tempi e Umberto Saba infatti ci aveva avvertito con un verso immortale: “La notte vede più del giorno”. E già, la notte vede più del giorno perché la notte è fatta per sognare. E i sogni vedono dove di giorno non si vede.  Adesso la notte sfida il giorno e i sogni sono stati aboliti. Non resta che la speranza nelle intuizioni del Vico. Ma se ai corsi seguissero davvero i ricorsi, di tutti i pub e le discoteche dell’industria dello stordimento giovanile cosa se ne farebbe? Almeno codesta industria fra rumori e frastuoni, droghe, alcool, vomiti e altro, un senso di mostruosa vitalità lo dimostra e offre a tutti. Ma i sogni a chi servono? I sogni? Forse ai patiti del gioco del lotto. O no?

 

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LE STRADE COME METAFORA

Non è gradevole per gli stessi siciliani l’esito di qualche riflessione sulla metafora delle strade di Sicilia. La macro-occasione l’ha rinfacciata a tutti il crollo del pilone che sorreggeva i nastri autostradali della Catania-Palermo e viceversa. Disastro abbondantemente preannunciato ma di cui nessuno si era preoccupato, infatti la frana incombeva da tempo; e anche i bradisismi, per quanto lenti, finiscono per dimostrarsi di conclusioni sicure. Forse anch’essi in omaggio al detto “lenti ma sicuri!”. Inutile piangere sul latte versato, si dice, o sull’olio, perché a quest’ultimo, per i casi di versamento, si suole attribuire grave malaugurio. E va bene  – o –  così è se vi pare, come avrebbe detto Pirandello, che la fama di menagramo se la porta ancora appiccicata al nome ancora, dopo tre quarti di secolo dalla sua dipartita.

Ma per le strade di Sicilia non è il malaugurio che si potrebbe invocare. Forse qualche maledizione di marca biblica, se mai. La metafora cui esse, le strade, si prestano è quella del dividere in casa.  Non ci vorrà molto per dimostrarlo, basterà valutare non solo i crolli di ponti e di strade e autostrade, ma percorrere le provinciali e comunali destinate ai collegamenti: buche come le trappole per cervi e antilopi dei primitivi, cunette capaci di provocare emozioni psicomotorie superiori a quelle che offrono le giostre, col vantaggio che sulle strade sono gratuite per autista e viaggiatori, ma a costi salati per sospensioni e ruote dei veicoli, sgretolamenti del manto stradale con conseguente delizia di pietrisco e altre provvidenze, tipo improvvisi dislivelli da frane occulte, che uno può pensare siano per rilanciare riprese di velocità per le auto e sensazione “vuoto d’aria” per i passeggeri, illusi da effetto vuoto d’aria da viaggio aereo.

Ne scaturisce una disaffezione, un rifiuto a spostarsi con mezzo proprio per il rischio di doversi premunire di doppie corte di pneumatici e con mezzi pubblici per il malaugurante “Partire è un po’ morire” della sapienza popolare. Morale della maledizione? La Sicilia è un’isola, che siano isole gli altrettanti borghi o villaggi o paesi o città, che valga l’esempio della loro lingua, il siciliano, che pure si vanta di non essere semplice dialetto, ma non ha mai avuto una sua koiné (perdono; unico vocabolario). E ciò che è stato creato separato, l’uomo non tenti riunire. Ci tenteremo, ci tenteranno di unificare ma…non prevalebunt! A meno che una prossima trattativa Stato-mafia- Regione-mafia…Ma poi, le Procure, la Legge? Dio ne liberi!