Al momento stai visualizzando Sei domande al medico scrittore dott. Antonio Pistorio

Intervista condotta da Luisa Gioletti e collegata all’edizione del nuovo romanzo del medesimo autore
“Assenze medianiche e assenza da presenza” (Catania 16/06/2017)

 

Abbiamo  ritenuto di far precedere  alla domande uno stralcio di osservazioni  critiche scritte da M. Grasso, responsabile editoriale della Casa editrice del nuovo libro del dott. Pistorio: “Antonio Pistorio è un medico catanese che la sa lunga sull’umanità. Ma non solo, infatti le sue attenzioni e le sue ricerche spaziano da sempre anche in direzione dei luoghi della storia e / o della  leggenda, e finiscono per riempire pagine di libri affascinanti e formativi. C’è infatti nell’indole di questo medico-scrittore una segreta quanto palese spinta a raccontare per informare e informare per educare, nel senso che questo verbo ha avuto nella latinità di Giovenale del mens sana in corpore sano. E sono tempi difficili i nostri e quelli del dottore Antonio Pistorio che continua con la sua “professione come missione” esibendone puntigliosamente le carature quotidiane. La scrittura di Antonio Pistorio potrebbe essere accostata a quella di un altro medico narratore di altra stagione italiana, il Carlo Levi di Cristo si è fermato a Eboli, L’orologio, Le parole sono pietre… Ma diversi sono i tempi dei due Autori e diverse le esibizioni che ne caratterizzano l’aspetto e il tipo di impatto che possono provocare sul lettore. C’è tuttavia – e se ne nota la valenza – la mano del medico, e l’orecchio, si potrebbe aggiungere definendo con il significante anatomico naturale lo strumento per l’auscultazione, il fonendoscopio ignoto  al figlio di Apollo e Coronide.  I medici del mito infatti erano figli di qualche dio come quelli dei tempi moderni legati alla scienza. Ma non solo alla scienza se la loro professione/missione ha soprattutto bisogno di quella profonda umanità che va oltre il conforto della scienza per essere arricchita dalla piétas della comprensione immediata che colora di significati vitali le parole e le cure di un  medico. “

Abbiamo voluto citare a mo’ di premessa alle domande della nostra intervista al dottore Pistorio, questo brano di Mario Grasso che tende a illustrare la personalità del medico scrittore.  Ritengo possa lumeggiare meglio la nostra intervista, che  è basata su alcune osservazioni  suggeriteci dalla più recente tra le varie opere narrative e saggistiche dell’Autore stesso, “Assenze medianiche e assenza presenza”( Pagg. 80 -€ 10,oo –ed. Prova d’Autore). Ed ecco l’esito del nostro “ a domanda risponde”.

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1. L’idea di scrivere questo romanzo come e da cosa nasce? C’è stato uno stimolo in particolare che l’ha indotta o il movente si è sviluppato nel tempo?

Devo innanzitutto precisare che la storia narrata in questo libro fa parte di tutta una serie di racconti scritti durante la mia vita di medico ed ai quali ho potuto dedicarmi dopo il pensionamento. Essi sono connessi da un filo logico che oso chiamare filosofia. La prima domanda la individuo pertanto come un quesito double face. Da un lato mi si chiede, dal punto di vista narrativo, se le storie descritte siano realmente accadute e se i personaggi siano realmente esistiti. Se dovessi rispondere di sì, qualcuno potrebbe in modo aleatorio ipotizzare la violazione del segreto professionale, se dovessi rispondere no, qualcuno sentendosi lupus in fabula potrebbe dire che sono un bugiardo. La risposta è logica: nessun commento. Ciò per quanto riguarda la narrativa.  Dall’altro lato, per quanto riguarda l’etica, mi si chiede come è nata in me e come si è sviluppata: posso liberamente rispondere con quanto segue.

2. Sotto certi aspetti il protagonista dimostra una linea morale di medico, sotto altri aspetti se ne discosta. Quanto c’è di autobiografico nella caratterizzazione del personaggio?

Premetto che il mio contatto con l’umanità reale, quella che si incontra per le strade, quella che vive nelle case popolari e nei palazzi signorili è stato lungo e quasi quotidiano, più di settanta anni. Basta pensare che fin dall’età di sei anni accompagnavo mio padre per le visite domiciliari con la carrozza. Quando scendeva per la visita, restavo a parlare con il cocchiere degli argomenti più disparati. Spesso erano quartieri dove potevo osservare relazioni sociali, consuetudini, modi di agire e di discutere d’individui diversi fra loro. Inoltre l’ambulatorio era attaccato alla nostra abitazione ed io, restando a studiare in una stanza contigua alla sala di attesa sentivo intavolare discussioni di ogni sorta: era un palcoscenico dove gli attori recitavano a soggetto su trame di vario genere. Nello stesso ambulatorio ho lavorato anch’io per quasi quaranta anni, da quando ho occupato il posto di mio padre. Il tempo mi ha permesso di maturare ed evolvere dei concetti il cui nesso è rivolto agli aspetti negativi della nostra civiltà. Tale concetto, a esseri sinceri, se mi si chiede un primo movente, è generato l’ultimo periodo della seconda guerra mondiale, precisamente il sei di agosto del millenovecentoquarantatre quando osservai i risultati dell’odio fra gli uomini, frase che è scritta sulla tomba di mia nonna : “VITTIMA DELL’ODIO FRA GLI UOMINI”: Fu uccisa quel giorno da una bomba, a Cannizzaro, dove eravamo sfollati.  Avevo appena compiuto cinque anni. In ultima analisi, bambino, mi chiedevo “perché uccidere?”, “cosa genera l’odio fra gli uomini?”. La risposta l’ho avuta negli anni. La mia critica agli aspetti della civiltà, ha avuto un incremento negativo che presenta aspetto quasi esponenziale. Oggi vedo che l’evoluzione altamente positiva della scienza, fa contrasto una involuzione dei rapporti sociali e la stessa scienza viene sfruttata spesso per cause socialmente negative. Sembra che la civiltà dei consumi marci come il Titanic: a bordo nel salone si balla e l’iceberg molto grande, a blocco, è vicino. Un nuovo dio oggi esiste: il dio denaro” che elargisce supremazia e egemonia. I suoi  cinque comandamenti sono: invidia, superbia, egoismo, disonestà, plagio. Anni addietro esistevano fedeli a questa divinità, ma erano una scarsa percentuale, qualcuno di essi, però, con la sua follia ha creato guerre e morte. Oggi, la percentuale di devoti a questo dio, mi permetto di sorridere, la lascio individuare a Voi. Questo stato di realtà ci insegna la storia, ha distrutto valide civiltà.

Se mi è concesso escludere la figura della segretaria, nei miei racconti non parlo di me, parlo della figura impersonale di un medico qualunque, con abitudini, con un sistema di vita che possono essere comuni anche ad altri individui. Parlo delle esperienze di un medico come ne esistono tanti che hanno vissuto una vita accanto a persone comuni, spesso bisognose quod vitam o quod valetudinem, praticando quella che oggi si chiama Medicina di Base. Non c’è nulla di esplicitamente autobiografico: il narratore parla di ciò che il medico gli ha raccontato e fra le pagine ci sono alcuni scorci della sua vita privata. Parla di un vecchio medico che, ripeto, come tanti altri ha operato non soltanto con farmaci ed eventuali accertamenti, ma mettendo in pratica anche la psicologia, dando adeguati consigli, eludendo secondo coscienza regole e tabulati quando il caso lo richiedeva. La psicologia e la psichiatria che il medico adopera con la paziente del racconto non sono solo frutto di cognizioni accademiche che ha studiato quando si è reso conto dell’importanza di esse nella sua attività, nascono anche dall’osservazione quotidiana con parametri dati dalla conoscenza della fisiologia, dell’anatomia, dell’antropologia, della medicina in genere. Porto un esempio: i muscoli mimici del volto. Sono espressione di particolari stati emotivi, sono però anche espressione di determinate personalità e spesso anche espressione di particolari stati patologici. L’andamento, la postura, l’espressione, la fonesi spesso artificialmente elaborata, l’abbigliamento, sono indicativi per conoscere la personalità del soggetto e quindi il linguaggio da adoperare con lui, gli argomenti da trattare per ottenere un feeling proficuo. Quanto detto si può considerare una forma di autobiografia del medico di cui parla il narratore, per il resto è un comune essere mortale che ha anteposto il dovere al piacere e che nei momenti di relax beve acqua e anice. La sua morale? Ne parleremo.

3. Alla luce dell’evidente intento didattico di diversi passaggi della narrazione, specialmente di spiegazione filologica, a quale tipologia di lettore si rivolge il libro nell’intento dell’autore?

Il quesito “A chi si rivolge lo scrittore” è da accettare con un pizzico d’ironia. Quanti sono i lettori? Quanti sono quelli che ancora leggono libri? Come filosofo la narrazione si rivolge a chi ha buone orecchie da intendere, il concetto di critica è chiaro. Non si tratta del comune laudator temporis acti di Orazio, ma di un filosofo tipo Esopo o Fedro: nei suoi libri narra delle storie, è il lettore che comprende la logica morale di queste. Il lettore passivo, al quale sono anche indirizzate le novelle, trova una divertente lettura per passare il tempo. L’unica differenza fra i due antichi scrittori e l’autore in oggetto è quella che loro parlavano di storie di animali, il nostro scrittore parla di storie di esseri umani. Ho potuto notare che il primo lettore le novelle le legge una seconda volta e arriva alle conclusioni come quelle esposte indirettamente nel quinto quesito che riguarda la protagonista.

4. Una parola ricorrente nel corso della narrazione è “coscienza”. Quale significato  dà lei nello specifico a questo significante?

Per chiarire ciò che intendo dire parando della coscienza, bisogna fare delle considerazioni. La parola ha origine dal latino cum scire letteralmente significa consapevolezza. Ciò va inteso come conoscenza di se stessi per quando riguarda i limiti del proprio sapere e per quanto riguarda i propri sentimenti per poterli guidarli con raziocinio. Per il medico descritto dall’autore, vuol dire ragionare freddamente sul caso e agire secondo le proprie conoscenze scientifiche al di là di imposizioni esterne. Se le conoscenze non sono sufficienti a risolvere il caso, è suo dovere (coscienza) rivolgersi a chi presumibilmente ha una conoscenza maggiore in merito, lo specialista. Credo che oggi molto diffusamente manchi agli esseri umani il raziocinio che valuti i propri Istinti, superbia, invidia, egocentrismo, infatuazioni, ira, libidini, timor di critica, sottoponendoli a logica. Quanti sono quelli che hanno appreso l’autocontrollo per arginare o annichilire questi istinti? Quale la morale? Ritornando alle storiche sfere, ognuno di noi è una sfera libera di agire, non deve però cozzare contro le altre sfere. Ad impedire che ciò avvenga esistono le leggi e rispettare le leggi e avere coscienza, è civiltà, onestà. Le leggi a volte non tengono conto di particolari condizioni che si possono venire a creare e d’altra parte, senza cozzare con le altre sfere, non vietano di aiutare una sfera bisognosa. Ebbene, il medico se elude una legge per aiutare chi chiede aiuto, se non cozza contro le altre sfere, se non ha alcun ricavo per la sua sfera, non lede la sua onestà: agisce in piena coscienza conservando la sua linea morale pur sembrando di distaccarsene.

5. Il più importante dei personaggi secondari nel racconto è una giovane donna che sembra discostarsi come esempio umano dai propri coetanei, quasi a fare eccezione.

Ed ecco la domanda: “Sembra discostarsi come esempio umano…” E’ lei che si discosta come esempio umano, o sono gli altri che si discostano dall’esempio umano educato a guidare i propri istinti? Il lettore attento ha notato la morale: pone il quesito. Nella maggioranza degli esseri umani manca in loro la coscienza. Manca la consapevolezza del proprio “io”. Una sana educazione che deve partire dalla famiglia, dalla scuola fin dai primi insegnamenti elementari. La ragazza del libro è stata educata dal nonno ad avere coscienza di se e quando si trova di fronte ad un fatto imprevisto, non prende subito quella che dovrebbe essere la scelta comune, chiede consiglio a una persona a modo, la padrona di casa dove è ospite. Questa la consiglia saggiamente, lei si reca in un luogo, dove può ragionare riflettere, ed ecco che ricorda una persona che ha conosciuto, una persona che ha una coscienza che va al di sopra di leggi, tabulati e delle comuni usanze di routine. Da questa persona i fatti sono freddamente osservati, presentano degli interrogativi. Lei prende coscienza della natura umana, delle leggi di natura: ci sarà una decisione fredda e onestamente ponderata

6. Cosa pensa lei dei giovani di oggi?

Domanderei a tanti ragazzi “Sai cosa vuol dire onestà?”. Quanti mi saprebbero rispondere? Sembra una parola sconosciuta in un mondo dove la disonestà dilaga a macchia d’olio. “Lupus est homo homini” diceva Plauto, oggi è il primo insegnamento dato ai ragazzi fin dall’infanzia. I risultati, girando per le strade si vedono già in molti adulti di oggi: privi quasi patologicamente di autocontrollo. Alcuni banali esempi: transito per una strada con diritto di precedenza, l’auto proveniente dalla destra invece di rallentare, o mantenere il suo passo, accelera per non darmi la precedenza (incontrollata deviazione di personalità di tipo paranoide?). Passa un auto che va al di sopra dei limiti imposti dalla segnaletica, dietro c’è un’altra auto che cerca ad oltranza di superarla (incontrollata deviazione di personalità di tipo antisociale?). Un’auto a semaforo verde ritarda a partire, quello di dietro suona furiosamente il clacson, sterza improvvisamente sorpassa l’auto che aveva d’avanti e inveisce contro l’autista con frasi che definiamo educatamente oscene, poi scappa via (incontrollata crisi maniacale di una deviazione di personalità di tipo ansioso? Oppure cerca con ansia una toilette?). Viene occasionalmente rivolta una domanda ad un individuo, questi, senza alcun motivo risponde con sgarberia, a voce forte (sordità o esplosione d’ansia di un tipo fondamentalmente depresso?). Camminate per strada e sentite due persone che procedono avanti voi, benvestite, uno parla con voce elevata e con linguaggio ben forbito di una sua meravigliosa crociera, ad un tratto ha un colpo di tosse e sputa volgarmente di fianco (deviazione di personalità di tipo schizofrenico colta in flagrante?)  Porto un altro esempio e mi fermo perché potei riempire pagine e pagine. Camminate incolonnati, vedete che l’autista dell’auto che c’è avanti a voi discute con il compagno di viaggio e più o meno ogni venti secondi si volta a guardare in faccia il suo interlocutore come se volesse intravedere segni di approvazione su ciò che dice, la macchina avanza rallentando e accelerando (deviazione di personalità di tipo dipendente?). Un altro aspetto della società moderna è il cattivo uso che si fa di utilissimi mezzi forniti dalla scienza in questi ultimi decenni. La telematica, la televisione spesso paralizzano ore e ore il cervello della moltitudine. Si vedono persone affette, durante il lavoro, nei rapporti umani, alla guida delle auto, da quella che nel libro il nostro medico ha definito premurite e poi eccole sedute per ore, per nottate intere avanti il televisore acceso. Pendiamo il computer, i telefonini, i moderni video telefoni, mezzi utilissimi all’uomo, vengono dalla moltitudine, spesso adolescenti, adoperati impropriamente. Non è raro vedere alla guida dell’auto persone prive di coscienza che dialogano con telefonini o altro. Per strada, sui marciapiedi, formicolano  zigzagando  persone che teledialogano con quel video telefonino che il nostro medico ha definito in lingua siciliana (molto espressiva) telecuttighiaturi (= dialoghi da cortile fatti per via telematica). Addirittura qualcuno è talmente intento che attraversa la strada senza badare al semaforo (ipnosi?). Quanti ragazzi, e non solo ragazzi, passano ore e ore avanti a televisioni o al computer? Essi inibiscono lo sviluppo intellettivo bloccando induzione e deduzione: il computer ragiona per loro. Inoltre questi mezzi sono usati per plagio, basta solo pensare alla reclame. Senza coscienza, senza autocontrollo, lo spirito di emulazione ha il sopravvento, ma la moltitudine che esempi dà? Gli argomenti trattati nei miei lavori di narrativa sono soltanto aspetti dell’iceberg di cui parlavo, le mie poesie, più sintetiche, ne danno una visione drammaticamente più ampia.