© Mario Tessari, Sciamano, 2003
© Mario Tessari, Sciamano, 2003

 

Il mio amico si chiama Lucio ed è l’uomo del fuoco.
Il mio amico si chiama Lucio e io, visto che è l’uomo del fuoco, ogni giorno gli porto giornali, pezzi di legno, fogli di carta, così lui può continuare ad essere l’uomo del fuoco. Per il mio amico Lucio, l’uomo del fuoco, raccolgo tutto quello che può andare bene e lo nascondo dentro la tasca che c’è nel mio zaino. Pagine di diario che i miei compagni strappano, brutte copie dei compiti, copertine di libri tutte pasticciate, volantini che trovo per strada, i miei tesori diventano combustibile per i sogni di Lucio, e per i miei. Qualche giorno fa la prof. mi ha chiesto che ci faccio con tutte queste cose. Io gliel’ho detto che ho un amico che si chiama Lucio e che a tutte quelle carte io e il mio amico gli diamo fuoco, ma lei mica ci crede, le sembra che scherzi. Il mio amico che si chiama Lucio ha una casa in mezzo alla campagna, che poi non è in campagna ma è dietro il palazzo grande tutto diroccato che si vede dalla strada larga sopra casa mia. Che poi la casa di Lucio non è nemmeno una casa ma quattro pezzi di legno inchiodati insieme. Ma a me non interessa. Lucio, il mio amico, dentro la casa ci tiene la benzina. Ogni pomeriggio, il mio amico Lucio fa un bel mucchietto di roba, ci butta la benzina sopra e facciamo un bel fuoco. E quando vedo il fuoco mi dimentico di tutto. Non me ne frega niente di papà che dà uno schiaffo alla mamma perché la pasta è fredda. Non mi importa niente di mia sorella che piange. Non mi importa nemmeno di quella di inglese che mi ha messo quattro, dopo che ho studiato un’ora quei cazzo di numeri con i nomi strani, che solo a pronunciarli mi si fanno i nodi alla lingua. Non mi importa. Per Lucio dev’essere la stessa cosa. Si vede da come lo guarda il fuoco, proprio come lo guardo io. Io immagino sempre di essere il padrone del fuoco, il padrone di tutto quello che brucia, sono io che lo do al fuoco e gli dico: “Fuoco, prenditele ‘ste cose, che tanto a me non interessa niente di niente”. E se anche mi bocciano, a me che me ne frega? Me ne vado a scippare mattonelle con mio cugino che ha 16 anni e guadagna i soldi, non come me che devo combattere con quei cavolo di numeri, che vorrei sapere che me ne faccio di queste cose se tanto da grande devo andare a staccare mattonelle? Solo una cosa me ne faccio di quei numeri: li ripeto a mio sorella quando piange, così lei ce la smette perché è convinta che la lingua mi si attorciglia apposta, che lo faccio per farla ridere, e invece a me viene da piangere, perché manco quei cavolo di numeri riesco a dire bene. Il mio amico si chiama Lucio e l’altro giorno era triste perché era il suo compleanno e si vede che quel fuoco gli metteva tristezza, magari pensava alle candeline che non aveva spento. Ma a lui il fuoco piace, come a me. Ci mettiamo a guardare il fumo e io immagino che quel fumo formi una nuvola, come un tappeto volante e che io ci salgo sopra e guardo le cose da lontano, così me ne è importa ancora meno. Lucio è l’uomo del fuoco, ve l’ho detto? Io volevo vederlo felice perché era il suo compleanno e io i compleanni li odio, ma solo i miei, perché finiscono sempre male, con mamma che urla e papà che dice: “Ora basta” e gliene dà una. Per questo sono andato nella casetta a prendere la benzina, per farlo felice, ma Lucio si è arrabbiato. “Tu la mia benzina non la tocchi” si è messo a gridare. Che ne sapevo io che ora gli girava così! Però mi ha fatto seccare, così la benzina gliel’ho tirata addosso, perché io l’ho capito che lui mi voleva solo prendere in giro, come tutti gli altri, che mi voleva dire cosa fare e cosa no. E poi si è messo a urlare, ma io lo so che faceva finta, a lui mica il fuoco lo tocca. Ma secondo voi le cicatrici mi passeranno? Perché non vorrei fare brutta figura con Lucio, lui è l’uomo del fuoco e io l’ho perdonato, anche se mi ha fatto male. Che apprendista sono, se no? Appena lo rivedo glielo dico, che l’ho perdonato. Ah, Lucio è morto? Allora sono io ora l’uomo del fuoco.

 

Francesca Taibbi

Nasce a Giarre nel 1981. Dopo alcuni anni peregrini nel nord Italia, ritorna a Giarre dove consegue la maturità all'Istituto Tecnico Commerciale. Si laurea in lettere all'Università di Catania discutendo una tesi su "Per l'edizione critica di Storia di una Capinera". Attualmente insegna presso un Istituto Parificato.