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Lebenswelt con Lino Matti sulla navigazione dell’oggetto “a”[1]

 

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Lino Matti, Gas, pref. di Fernanda Pivano, Edizioni il Formichiere, Milano 1974

 

 

Tutto il giorno cicale disse Warren segano ai piedi dell’infinito
e la segatura come un albero di quello sforzo incessante accesa dal sole
s’accumula alla base ed è limaglia d’ottone, e questo è il giorno
disse Robert Penn Warren e Gramsci’s St. è la strada più sporca del mondo
con l’odore della pece bruciata e il salmastro e la polvere e il traffico
e tutte le puttane di questo mondo sulla rotta Genova Sant’Antioco
senza che si possa pensare ch’io sia un po’ tabarchino se poi di soppiatto
farò un salto all’isola di San Pietro per via del baccalà senza che per questo
non ci sia quella stupida che vuole farmi vedere il suo cane e lei mi dice
che il suo cane è cattivo e morde e che i cani vanno trattati
da cani non come gli scalzacani e il Brindisino quando camminavo
lentamente nella campagna ai lati interminabili siepi di fichi d’india
che sembrava ‘u munzill’i petrë di mia Nonna dello Zen quando
il sole alto e forte e di là un contadino che pare la reincarnazione
di Salvatore Giuliano col fucile a tracolla tanto che gli chiedo se
poi verrò a prendere i fichi d’india e lui che mi risponde cati’ pungi,
aja sapè còglë, ‘i saj còglë? Intanto che ci sei
pigliati l’acina, l’uva che sembri un morto di fame, da quale guerra
vieni e non sai dove andare a farti inculare a pisciare nella cenere
e un mucchio di altre cose che era un vero stracarico di merdosità
antiche dentro e tramandate per generazioni e pigliati, ciutu da quale
pizz’i munnë vènë, pigliati l’uva per i campi intorno tanti
grappoli dorati splendenti sotto quel sole forte e chiaro non ne tocco
un solo chicco anche quando due gendarmi di ronda incrociarono
i nostri passi e guardano quello che è Salvatore Giuliano si guardano
tutti e tre in silenzio negli occhi e forse si conoscono e si capiscono
una segreta intesa fatta di cose non dette di cose che lì stanno
scritte dove se non nelle carte di mio nonno che mi lasciarono
e in quelle notti illuni bruciava chi mi faceva da madre
quando la campagna è buia e silenziosa e l’acredine
per la fame lavora comunque se la intendono come
deve essere l’intesa fra morti di fame analfabeti che
hanno più carte loro del notaio che era di Civita
sono quelle cose eternamente segrete ognuno per la propria strada
e in cieli ma quali servi della gleba qui ti inculano
che i giocosi intrecci di Sodoma e Gomorra e a pensarci
bene non è che a Sibari non fornicassero quantomeno
si dice che bevevano di brutto così che avevano una
conduttura di vino che fin laggiù sullo Ionio dal
Tirreno, e poi per questo arrivarono quelli del
Clan di Cutolo dalla provincia di Salerno o dalla città stessa
che è lì che vanno tutti i 740 della Culabria dove non manca
il formaggio e il vino forte che se non lo bevi subito
d’un fiato poi non c’è nessuna deliziosa verità da cantare
anche nel 1951 altro che neorealismo tutti sono rimasti
a Sant’Antioco e fuori piove e la baracca è piena di merda
e di gente e di bestie ed è tutto un odore di birra e di sudore
in quale romanzo arriva a questo punto una che dice di essere sposata
e che è scappata di casa e ha diciott’anni ed è pulita e dice e mi dice come
quella ragazza che bionda sul treno lungo l’Adriatico scendendo
verso il sole al mattino nella mia Lebenswelt
volgendo il dorso al finestrino mi guardò come se fossimo
appena usciti stremati dall’orgasmo e la nave scivola silenziosa
sull’acqua il turno è finito e le stelle che da tempo non vedevo
così grandi e così grande è la luna e quel fottuto d’un Brindisino
con cui continuo a bere birra una birra olandese di prim’ordine
quando gli dico che non mi piace andare per mare
il mare mi fa vomitare non riesco a stare in equilibrio
in una barca anche se c’è quel provetto marinaio che
era mio suocero o quella grande nostroma della figlia
insomma dove vuoi andare scendi allora a Carloforte
e per un po’ te ne stai lì a leggerti Kafka, Joyce, Whitman,
Henry Miller, Beckett e anche Hemingway e ti fai pugnette
di continuo e continui e di sopra e continui di sotto succederà
qualcosa e lentamente il tempo passa e non succede niente
il Brindisino, che forse era di S. Vito dei Normanni, è ormai partito
e io bevo ancora finché non leggo più e di nuovo c’è la luna bianca
che rivedo quella che di spalle sul treno il vento nei capelli
una ragazza bionda e mesomorfa, ma del mesomorfo che
c’era negli anni settanta, mica come adesso che se dici mesomorfaSchermata 2016-04-19 alle 09.22.32
come minimo è una bionda alla Maria Sharapova e tu la guardi e adesso
come faccio con questa potremmo mai scivolare abbracciati
nell’acqua e poi scapperà di giorno nei boschi e poi la sera a dormire
con gli uomini con la luna che splende lungamente sul suo viso
e lei risponde ai baci allungati sulla sabbia mi racconta ancora di lei
nel suo paese e poi all’improvviso il Brindisino mi prende per i capelli
e mi colpisce : “bastardo” urla e calcia finché lei che forse era
davvero Maria Sharapova gli dà un calcio nelle palle e quel fottuto ancora
mi prende per i capelli e la bionda con un cazzotto lo stende
non ho la forza di reagire e guardo lontano e penso che Oh Dio
che sventola la bionda e ho lacrime più grosse degli occhi e poi la notte finisce
tanto che riparto stasera e del Brindisino non voglio saperne
più forse resto qui un altro mese un altro anno un altro secolo
a Carloforte forse mai uscirò dalla mia strada per evitare simili cose
anche se evitabili, disse Beckett, no, semplicemente starò qui
a farmi pugnette verso qualcosa, sebbene non sia l’oggetto “a”
su una strada verso qualcosa, ma semplicemente sul treno,
sulla mia strada quella bionda il cui dorso volge all’alba e lei
è una di quelle mesomorfe come c’erano negli anni settanta
semplicemente non uscivano dalla loro strada, verso qualcosa
verso il loro (-phi) così come si vede aggredita dal vento
nei capelli identità sporca e bionda che ha sempre un principio
che assolutizza lo scetticismo di Protagora,
e quando c’è timore di nascondere la scelta
volge la schiena all’alba, il suo podice di già nel crepuscolo
conta le presunzioni del reale[2]

 

V.S. Gaudio, Due concrezioni del 1976, in: Idem, Lavori dal desiderio, Guanda, Milano 1978
V.S. Gaudio, Due concrezioni del 1976, in: Idem, Lavori dal desiderio, Guanda, Milano 1978

 

 

 

 

Note:

[1] Lino Matti, Gas, pref. di Fernanda Pivano, Edizioni il Formichiere, Milano 1974: riguarda la Prima parte.

[2] Cfr. V.S. Gaudio, Due concrezioni del 1976, in: Idem, Lavori dal desiderio, Guanda, Milano 1978.

 

 

 

 

V.S. Gaudio

Saggista, poeta, esperto di giochi, testologo, articolista pataludico e titolare di rubriche per 15 anni della Walt Disney Company; ha pubblicato La 22a Rivoluzione Solare (1974),Sindromi Stilistiche (1978), Lavori dal desiderio (1978), L’ascesi della passione del Re di Coppe (1979), Lebenswelt (1981), Stimmung (1984), Hit Parade dello Zodiaco (1991),Manualetto della Manomorta (bootleg 1997), Oggetti d’amore (bootleg 1998); giornalista freelance dagli anni settanta, è stato il primo a produrre test per quotidiani (“La Stampa”, “Corriere dello Sport”); ha scritto satira per “Linus”, “la Repubblica”,”Tango”. Torinese e romagnolo d’adozione e di formazione, vive adesso solitario sibarita nel delta del Saraceno.