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L’INCUBO DI TURNO DI UN PENSIERO NOTTURNO:

PENSO A COSA MI SAREBBE CAPITATO SE OGGI FOSSI STATO UN MAGISTRATO

 

Non è dubbio da ombrello estivo il mio di questo maggio 2017. Anzi – Dio ne scansi – potrebbe procurarmi qualche rogna, quasi fossi un pescatore in alto mare che suoni la brogna perché ha avvistato il tonno e chiede forze per accerchiarlo. Mi chiedo, da babbàno quale sono, perché mio padre o mia madre non abbiano a suo tempo pensato bene di mandarmi da qualche prete a fare il sacrestano. Ma ora è tardi. Troppo tardi. Penso che se avessi fatto magistratura prima o poi mi sarebbe capitata la parte di avvisare chi di dovere su cose vere, note, puteolenti in quanto criminosi del genere che da noi a piccole dosi propinano ogni giorno le notizie di stampa. Per esempio mi ha scosso la notizia durata sette giorni sui profitti criminali in materia di scafi e di immigrati, di vascelli pirati senza benda coperti da non si sa quale tenda misteriosa. E mi dicevo e dico quale potere ha un Procuratore della repubblica, quale voce se poi finisce come nel proverbio del sacco che contiene una gran noce che sola non può fare alcun rumore. Anzi rischia di essere schiacciata proprio perché essendo una sola sia meglio farla fuori e alleggerire il sacco dal residuo. Ora in Calabria quei rompiballe dei carabinieri hanno arrestato tutti quelli d’una confraternita pietosa che tra misericordie e assistenze ai migranti di milioni in euro ne avevano fatti tanti da meritare il carcere e col prete, povero sacerdote intrappolato come se fosse un ladro di galline e invece era solo un aguzzino di poveri migranti e da prete coi sacramenti dell’ordine di Dio. Il mio dubbio farfuglia senza dire quanta ansia di notte se mi chiedo nel sonno tormentato che fine avrei fatto io da magistrato in tempi come questi?