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© F. Kahlo, Las dos Fridas, 1939
© F. Kahlo, Las dos Fridas, 1939

 

“… Quiero ser libre vivir mi vida…”

È la frase che più si imprime nella mente ascoltando la calda voce di Chavela Vargas, la Paloma negra da lei cantata è un inno all’amore straziato e straziante, impossibile e turbolento, inno alla libertà d’amare liberamente e esser così al fin se stessi nel vivere, con tale libertà conquistata, una vita in tutti gli aspetti libera. Ma cosa è la libertà? Un astratto concetto di gabbiani in volo che come aquile increspano confusionarie manifestazioni di stordente chiasso o una vena che sottile congiunge cuore e mente, corpo e spirito nella folle ricerca del sé? Chiedete pure in giro e vedrete che ciascuno, per motivi vari e complessi, si sente in trappola: lavoro, società, famiglia, religione, convenzioni, nessuno è realmente “puro sé” se costretto e vincolato da pareti fisico-mentali che otturano pensiero e movimento. È risaputo che quello della condizione femminile è da sempre stato un problema di un certo spessore: lotta per i diritti, usi e abusi, inganni e nefandezze più o meno legali, nuovo femminismo e ingrati commenti hanno contraddistinto la storia del genere umano.

Perché riprendere quest’argomento trito e ritrito, potreste domandarvi, per la crescente percentuale di “femminicidi”, per l’assenza d’una legge che tuteli realmente l’integrità delle donne, per gli squilibri nei posti di lavoro, il ruolo secondario a cui sono relegate dalle società dette “moderne”, per tutto questo, vi risponderei, e per una nuova notizia, letta qualche giorno fa, che riguarda l’Arabia Saudita. Secondo il quotidiano saudita al-Yaum le autorità religiose hanno annunciato per le donne la possibilità di andare in bicicletta, con restrizioni riguardanti l’uso e l’abbigliamento da indossare, s’intende. C’è da rimaner basiti su quanti limiti vengano costantemente posti al volo ma al tempo stesso è da apprezzare che, seppur con centenario ritardo, progressivamente anche queste culture dove, lo sappiamo, la condizione femminile è al limite dell’assurdo, si stiano aprendo e progressivamente occidentalizzando. Per carità non dico che l’occidentalizzazione sia la soluzione “a tutti i mali”, anzi son ancora convinta che imporre usanze e costumi ad una cultura a cui non appartengano sia un estremo atto di violenza, ma è importante che a livello mondiale si possano raggiungere determinati traguardi che dovranno essere “dictat” per tutti i popoli, tra questi l’uguaglianza ed il rispetto.

L’avvenimento qui citato non poteva poi che riportarmi ad un ricordo, piuttosto recente, che aveva suscitato un dolce sorriso: si tratta di un film, che potremmo definire anticipatore di questa nuova avanguardia, dal titolo “Bicicletta verde”.

Haifaa al-Mansour, giovane regista araba, ha voluto girare il lungo-metraggio interamente nel suo Paese: nonostante le donne non possano lavorare a contatto con gli uomini né dare loro ordini ella, con infinita tenacia, nascosta in un pulmino inviava le direttive e combatteva la personale battaglia contro il bigottismo creando un tenero film di giovanile ribellione per la ricerca d’una rivincita, d’un soffio vitale col correre gioviale di due semplici ruote su nuove strade mai prima battute.

La sua creazione è patrocinata da Amnesty International ed è segno della volontà rinnovativa, dell’esplosiva spinta che da ogni angolo del pianeta giunge per l’acquisizione della meritata, agognata, libera, giustizia. Ecco che ritorna così il tema iniziale, la libertà come forza motrice contro le ristrettezze morali e culturali contro i costumi che imbrigliano l’essere in svariate forme, tutte diverse e tutte distanti dal vero “io”. Che sia una poltrona in parlamento, un megafono su un set o una bici sferzante la nebbia, si parla sempre di soffio libero e ritrovamento di ciò che seppur caro si è perduto: la propria essenza. Così possiamo dire che non è l’involucro, non è l’abito ad individuare la reale esistenza quanto il sottile filo rosso che li lega e che nella diversità trova unità tra i cuori in essi racchiusi per poi terminare in gocce sul candido manto come papaveri germogliati dal tocco di Eros.

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