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Una cartolina

Sul treno tornando a casa ho scritto ad un amico tentando di far entrare in una cartolina tutto quanto, un’istantanea di quel viaggio, un messaggio in una bottiglia da parte di un naufrago che dice di interrompere le ricerche.

Stamattina, seduto sulla scalinata della chiesa di San Salvador a Coimbra penso all’allegro disordine che sperimentiamo in ogni giorno di viaggio, ho ancora in testa l’Alfama vista dal castello, le strade che abbiamo percorso appena arrivati a Lisbona.
Adesso, non so dove in treno per Aveiro, Konrad legge una rivista, Virginie dorme, Louise ha gli occhi chiusi mentre ascolta musica da un lettore mp3, Erika legge “il giardino dei Finzi-Contini”.

 

Esercizi

En un lugar de la Mancha, de cuyo nombre no quiero acordarme, ha mucho tiempo que vivia un hidalgo de los de lanza en astillero, adarga antigua, rocìn flaco y galgo corredor[1. Don Quijote, edizione RAE]
Ivan, il mio compagno di viaggio, seduto sul sedile accanto mi guarda scettico mentre un paesaggio fatto di ulivi scorreva dal finestrino alle sue spalle.
Muchos años después, frente al pelotón de fusilamiento, el coronel Aureliano Buendía había de recordar aquella tarde remota en que su padre lo llevó a conocer el hielo. Macondo era entonces una aldea de veinte casas de barro y cañabrava[2. Cien Años de Soledad]
Riprende a sfogliare la guida cercando di capire quanto manchi alla stazione di Bobadilla, da lì dovremo prendere il treno per Malaga e poi l’autobus per Gibilterra.
El pasaje a ninguna parte fue un regalo de mi abuelo. Mi abuelo. Un ser insolito y terrible. Creo que recien habia cumplido los once anos cuando me entregò el pasaje.[3. Patagonia Express]
Abbiamo accelerato il passo fino a correre a perdifiato verso la stazione di Cordoba per evitare di perdere il treno, troppo tempo perso in quel negozio di souvenirs vicino la moschea, una scelta accurata perché nessuno di noi due ha una macchina fotografica e abbiamo deciso che ad ogni tappa del viaggio prenderemo delle cartoline.
Abbiamo ripassato il nostro itinerario centinaia di volte in quei giorni mettendo in fila città, cercando di incastrare le coincidenze e cambiando più volte idea mentre stavamo seduti in autobus, in treno o al tavolo di un bar a colazione, a volte era l’ultima cosa prima di andare a dormire.
Mi hanno sempre affascinato gli uomini-libro di Fahreneit 451, rifugiati da una società che brucia i libri, riescono tramite particolari tecniche a ricordare a memoria il contenuto di un’opera. Dopo aver rivisto la versione di Truffaut ho provato a fare un esperimento: ricordare l’inizio di un libro a cui, per le circostanze più svariate, sono affezionato. É da un po’ che mi alleno e provo a dare a Ivan un saggio dei miei progressi.
Ma di quanti libri riesci a ricordare l’inizio?
Pochi, ma ci sto lavorando, e poi non sempre quello che ricordo è l’inizio.
Per me sarebbero già troppi.
Metter in fila le città e le frasi dei libri era anche un modo per non pensare alla maniera glaciale in cui erano passati i giorni precedenti. Prima o poi avrei dovuto fare i conti con la spiacevole sensazione di avere sbagliato tutto, che qualcosa con lei si fosse rotto e che sarebbe stata dura mettere assieme i cocci una volta tornato a casa.
La felicidad, sépalo el lector, tiene muchos rostros. Viajar es, probablemente, uno de ellos. Entregue sus flores a quien sepa cuidar de ellas, y empiece. O reempiece. Ningun viaje es definitivo.[4. Viaggio in Portogallo]

 

Post-partita

L’Italia ha appena battuto il Ghana nella gara d’esordio al mondiale di Germania, reti di Pirlo da fuori area e Iaquinta -abile a sfruttare una disattenzione difensiva.
Seduti sull’erba della piazza davanti il locale stiamo tentando di capire, di spiegare o forse cerchiamo solo di trovare un finale accettabile dopo mesi di incomprensioni. Le parlo anche di quel viaggio, delle conchiglie che ho tenuto in tasca e di quanto mi sembrava bella mentre dormiva in treno sul sedile di fronte, il capo inclinato coi capelli sciolti ed i grossi occhiali da sole. Avevamo lasciato Aveiro per Porto viaggiando per terre basse vicine al mare, all’oceano. La luce del pomeriggio disegnava sui visi dei passeggeri sfumature arancioni e desideravo tanto degli occhiali scuri come uno dei protagonisti dei film di Kaurismaki. La notte prima avevamo diviso il divano del soggiorno della pensione. Alloggiavamo tutti e cinque in una stanza, una sistemazione accomodata all’ultimo minuto, ma dentro qualcuno russava, qualcuno aveva anche bevuto un bicchiere di troppo e su quel divano, inizialmente scelto per fumare prima di andare a dormire, abbiamo finito per abbracciarci come fosse la cosa più naturale, cercandoci come un rifugio che non avrebbe resistito al giorno dopo.
La mattina ci aveva svegliato il rumore di una chiassosa comitiva che scendeva per le scale, le parole giungevano confuse e non capivo quale fosse la lingua così mi sono divertito ad immaginare un gruppo di turisti giapponesi scandalizzati per quella sistemazione provvisoria in una stanza così di passaggio. Le ho sussurrato all’orecchio che ci stavano sicuramente scattando delle foto.
Chi? Rispose con la voce ancora impastata dal sonno.
Una comitiva di turisti giapponesi.
Credo che sul momento abbia pensato che esistessero veramente, come le storie che mi divertivo ad inventare al buio mettendo assieme le poche parole che conoscevo in spagnolo ed all’occorrenza coniandone di nuove.
Ricordo una fiaba inventata lì su due piedi su un’isola con grattacieli e aragoste, per farla addormentare.
Era quando ancora questa storia doveva cominciare ma credo che in fondo fosse già lì.

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